Dire Chris Hillman è come dire Hillmen, Byrds, Flying Burrito, Manassas, Souther-Hillman-Furay, Desert Rose Band, Rice Rice Hillman e Pedersen, vale a dire parte di storia della musica che amiamo (sia essa country, rock o bluegrass) degli ultimi quaranta anni, alla quale Chris ha partecipato, se non da protagonista, senz’altro in primissima fila. Un nome il suo da pronunciare ogni volta con molto rispetto, per la serietà e per la coerenza sempre dimostrate.
È dal 1998, ai tempi di Like A Hurricane che non avevamo un suo lavoro solista, ed ecco ora questo The Other Side, un disco di una dolcezza incredibile, equiparabile a quei capolavori firmati Rice, Rice, Hillman e Pedersen della fine degli anni ’90. The Other Side ha forse una minor ricercatezza formale (sì, certo, non c’è il tocco alla chitarra di Tony Rice), ma di sostanza ce n’è, eccome.
Non si può rimanere insensibili al fascino di queste canzoni, a partire dall’iniziale Eight Miles High, ricordo acustico del glorioso hit dei Byrds, trasposto con gusto quasi bluegrass, o della vigorosa It Doesn’t Matter (vedi Manassas), oppure di True Love e Missing You (vedi Desert Rose), o ancora dell’intensa The Water Is Wide introdotta ed accompagnata dalle note morbide ed accattivanti del dobro di Sally Van Meter, anche se tutti i pezzi meriterebbero una segnalazione accurata.
Di valore gli amici che accompagnano il suo mandolino, dai vecchi e fidati Herb Pedersen e Bill Bryson a Gabe Witcher e Larry Park. Un disco omogeneo, di atmosfera, tutto basato, come si diceva prima, sulla dolcezza: dolcezza del modo di porgersi, degli arrangiamenti, della strumentazione ed in primis della voce di Chris, resa ancor più morbida dall’esperienza e dall’età. Oramai anche lui ha superato i sessanta, e col passare del tempo, come un buon vino, migliora sempre più.
Sovereign Artist 1959 (Country Acustico, 2005)
Claudio Pella, fonte TLJ, 2007