Country Night Gstaad

Dopo l’edizione eccezionale del 2003, quest’anno si torna all’ordinario. Questo non significa che la qualità della scelta artistica sia inferiore nel suo complesso, anzi. Ma certo, Terri Clark e la fortuna di poter agganciare il Rockin’ Roadhouse Tour, avevano costituito un richiamo difficilmente eguagliabile.
Quest’anno, gli organizzatori hanno ripreso i criteri che hanno reso negli anni la Country Night un appuntamento di prim’ordine: sempre nomi di serie A, mix di artisti di ambo i sessi, varietà di stili. Il loro naturale bacino di riferimento, anche per invidiabile disponibilità di budget, è la Nashville ufficiale del mainstream country e dell’industria discografica.
Da lì provengono la superstar LeAnn Rimes, la nuova promessa di lusso Jamie O’Neal, il neotradizionalista cantautore Michael Peterson a rappresentare l’anima honkytonk di Music Row. Poi, dalle montagne della Virginia, c’è la Lonesome River Band, pregiata e premiatissima formazione di bluegrass, Flatt&Scruggs-style, che dovrebbe riportare a Gstaad i tanti fans che si erano gustati Ricky Skaggs nell’edizione 1999.
Dunque, l’assortimento è buono. Piacerà soprattutto ai line-dancers, meno a chi predilige l’anima tradizionale perché con la Rimes e la O’Neal prevale indubbiamente il country pop contemporaneo.

Il caso LeAnn Rimes è il più controverso: il debutto a 13 anni, nel 1996, aveva fatto gridare al miracolo sia per il talento che per la clamorosa somiglianza vocale con la grande Patsy Cline. Blue debuttò al terzo posto della pop chart con 123.000 copie vendute nella prima settimana. Lei si aggiudicò le nominations della Country Music Association per l’Horizon Award e Best Female Vocalist nello stesso anno.
In quel primo album spiccava anche un bel duetto con Eddy Arnold la classica cowboy song Cattle Call. Si dice che Billy Mack, autore di Blue, DJ e promoter nell’area di Dallas, avesse proposto già la canzone alla stessa Patsy Cline ma il destino si era portato via le sue speranze insieme alla diva. Blue era rimasta nel cassetto fino a che Mack ascoltò la giovanissima LeAnn e decise di proporla a lei e alla Curb Records. Ben gliene incolse. Da allora, in pochi anni LeAnn divenne una star, sempre un po’ ambiguamente a cavallo tra pop e country.
Nashville la rivendica, per le statistiche e le vendite; in realtà con la partecipazione al film Coyote Ugly, da cui il single Can’t Fight The Moonlight, lei si concede ai teen agers del pop. Come Shania Twain, le sue produzioni hanno una doppia veste: per MTV e l’Europa, steel guitar e fiddles spariscono e i ritmi si accentuano fino a flirtare sfacciatamente con la dance (vedi il suo album Twisted Angel). Resta da vedere in che veste si presenterà alla Country Night. Preparatevi comunque ad una grande voce e ad un’ottima performance. La ragazzina (21 anni) è ormai una potenza.

Jamie O’Neal è una delle nuove invenzioni di Music Row. Arriva a rimpolpare i ranghi già fitti della delegazione australiana a Nashville (Keith Urban, Kasey Chambers, ecc.) dopo alterne vicende in patria che la vedono anche vocalist di Kylie Minogue.
A Nashville si afferma dapprima come autrice di canzoni che vengono scelte e interpretate da Chely Wright (Comin’ Undone), da LeAnn Rimes (Surrender), da Tammy Cochran (So What) e vari altri artisti già noti, poi come cantante di demo e come vocalist per Clay Davidson, Mindy McReady, Sonya Isaacs e Ronnie Millsap.
Nel 1998, Keith Stegall, produttore di Alan Jackson, la scrittura alla Mercury per la quale esce il suo primo album Shiver. Molto sostenuta dalla casa discografica, Jamie si avvale di una grande promozione: le radio mettono i single When I Think About Angels e There Is No Arizona in high rotation e lei ottiene tre nominations e due # 1 in classifica country.
Con il secondo album, intitolato col suo nome, l’exploit si ripete con No More Protecting My Heart e Jamie si ritrova tra le stelle. I seguenti album (Frantic 2001, e Every Little Thing, 2003) non fanno che confermare il successo. Ora Jamie ha firmato per la Capitol e si prevede il nuovo album per il prossimo Giugno, sempre prodotto da Keith Stegall. I critici sono combattuti: è vero talento o è uno dei tanti fenomeni temporanei? La voce è valida ma di voci valide Nashville straborda e, al di là delle fortune dei single, il repertorio non eccelle. Il miglior giudice sarà il tempo e, per quel che ci riguarda, sarà la Country Night.

La Lonesome River Band aprirà le danze ed i bluegrass fans non potranno che leccarsi i baffi perché l’attuale formazione, salvo variazioni dell’ultima ora più che frequenti in ambiente bluegrass, comprende Sammy Shelor, quattro volte IBMA Banjo Player of the Year, Ronnie Bowman al basso, tre volte IBMA Male Vocalist of the Year (1995, 1998, 1999) e titolare come solista del Best Album of the Year 1997, Don Rigsby al fiddle e mandolino, Kenny Smith, lead vocals e chitarra, due volte IBMA Guitar Player of the Year (1998,1999), Rickie Simpkins, fiddle e voce.
Calcolando l’Award per Best Album of the Year del 1992 per il lavoro che diede loro il definitivo successo, Carrying The Tradition, sono 11 gli Awards accumulati, il che li rende la bluegrass band più blasonata dell’ultimo decennio.
Simpkins, l’ultimo arrivato ha un curriculum all’altezza dei suoi colleghi per aver militato nella Toni Rice Unit, nei Continental Divide e per l’album Dancing On The Fingerboard, a suo tempo molto ben accolto dalla critica. Da notare ancora che la prima formazione includeva Dan Tyminski che lasciò per formare gli Union Station.
Curiosa la collaborazione collettiva, prevalentemente per le parti vocali, all’album del ritorno di John Fogerty, Blue Moon Swamp del 1997.
Con almeno 10 album, senza contare quelli realizzati da singoli componenti, distribuiti dalle etichette storiche della musica acustica (Rebel, Sugar Hill, Doobie Shea), la LRB è la band rivelazione degli anni ’90. Si preannunciano dunque rolls sfrenati, strette harmonies a tre e quattro voci e virtuosismi strumentali mozzafiato.

Tra cotanti nomi, Michael Peterson, il meno noto del cartellone, porterà una boccata di insana aria viziata di saloon. Alzi la mano chi ha il suo primo album WB del 1998 che contiene il promettente titolo Drink,Swear,Steal And Lie ed un duetto con Travis Tritt. Se non bastassero questi indizi ad indovinarne natura e collocazione, questi altri titoli dallo stesso CD potrebbero aiutare: When The Bartender Cries, I Finally Passed The Bar.
Nato a Tucson ma cresciuto nel Washington State, il nostro cowboy ha svolto con buon successo l’attività di autore a Nashville. Lo stesso Travis Tritt in No More Looking Over My Shoulder e John Berry (My Heart in Bethlehem) hanno interpretato delle sue canzoni.
Mettersi in gioco personalmente gli deve essere venuto ad un certo punto naturale. Non abbiamo notizia di piazzamenti alti nelle classifiche.
Anche il suo secondo CD, Being Human del 2000, ed il relativo single I Owe It All To You, non hanno fatto scalpore. Ma non esitiamo a pensare che il suo stile scanzonato metterà un po’ di spontaneità e di genuinità in un’edizione che si prefigura, se non pienamente ortodossa per la presenza del bluegrass, piuttosto sbilanciata sul mainstream. Questo sulla carta, ma non sarebbe la prima volta che il palco riserva gradevoli sorprese.

Fabrizio Salmoni, fonte Country Store n. 71, 2004

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