Cyrus Clarke

La prima volta che ho letto il nome di Cyrus Clarke risale al 1977, quando mi è capitato fra le mani Lines On The Paper (Kaleidiscope F-7), il secondo album di una cantautrice californiana di nome Kate Wolf, purtroppo scomparsa per un’incurabile forma di leucemia. In quel disco Kate si faceva accompagnare da una band californiana di progressive bluegrass denominata Cache Valley Drifters e Cyrus Clarke ne era il chitarrista solista.

Dopo una fugace apparizione anche nel seguente Safe At Anchor (Kaleidoscope F-11) del 1979, Cyrus inizia le registrazioni in proprio con la sua band, formata da Walter Barnick (basso elettrico e voce), William ‘Bill’ Griffin (mandolino e voci), David West (chitarra e voci, che in seguito farà fortuna – anche commerciale – con l’astuta compagine dei Pickin’ On Pickers, divertendosi a rivisitare in chiave bluegrass il repertorio dei grandi della musica, da Dylan a Carlos Santana, da CSN & Y a Bruce Springsteen, dagli ZZ Top a Prince) e Jeff Ruff (banjo). Cyrus suona la chitarra acustica e canta.

E’ appunto datato 1979 il debutto dei Cache Valley Drifters su Flying Fish Records intitolato semplicemente The Cache Valley Drifters (FF-081): il suono è tipicamente bluegrass, ma l’approccio è nuovo, fresco, vibrante e solare, tipicamente californiano ed immediatamente riconoscibile. Il contenuto del disco è quasi esclusivamente basato su covers di brani che portano firme importanti: Fred Rose (Deep River e Roly Poly), Bob Marley (I Shot The Sheriff), Roger McGuinn (Sweet Mary) e John Prine (Angels From Montgomery). Non mancano poi classici del passato quali Columbus Stockade (Blues) ed un brano originale a firma Cyrus H. Clarke intitolato The Sorrow Of Saying Goodbye, introdotta delicatamente dal mandolino di Bill Griffin ed eseguita da Cyrus in modo impeccabile, con un feeling vocale che richiama certe cose di Gene Clark: un piccolo gioiello che non si dimentica facilmente.

E’ dunque sull’onda dell’entusiasmo suscitato da questo debutto che attendiamo la conferma di quanto di buono si era evidenziato in questo primo disco e la nostra attesa è premiata a distanza di un anno, allorché viene pubblicato Step Up To Big Pay (Flying Fish FF-220). Il disco mantiene le promesse del precedente: covers impegnative quali Cumberland Blues dei Grateful Dead, Hello In There di John Prine, My Baby Thinks She’s A Train degli Asleep At The Wheel, A Smooth One di Benny Goodman ed il classico western swing di New Road Under My Wheels lasciano posto ad un unico brano originale a firma Cyrus H. Clarke: Sad Songs, una nuova ballata tristemente dolce o dolcemente triste, pizzicata in punta di dita da Cyrus sulla sua fida chitarra acustica e ben contrappuntata vocalmente da Bill Griffin. Nel frattempo Walter Barnick ha lasciato il basso – stavolta acustico – in mano al nuovo arrivato Tom Lee e Jeff Ruff ha fatto perdere le sue tracce.

L’attività concertistica dei Cache Valley Drifters si fa sempre più consistente ed è giusto lasciarne testimonianza ai posteri. E’ così che vede la luce Tools Of The Trade, disco registrato dal vivo l’11 Febbraio 1983 al noto guitar shop McCabe’s di Santa Monica, CA. L’atmosfera è intima e familiare, raccolta ed attenta e si fa fatica a percepire la presenza del pubblico., se non negli intermezzi fra un pezzo e l’altro per via degli applausi scroscianti.

Come al solito la parte del leone la fanno le covers: dal country-blues di Blues For Dixie e dallo swing puro di I’m Satisfied With You che tante volte avevano fatto parte del repertorio delle bands di western swing, alla languida rendition del classico Hot Burrito # 1 dei Flying Burrito Brothers, alla intrigante versione di Shout Wa Hey tratto dal repertorio dei grandi Asleep AT The Wheel. Non manca poi la cover di un brano tratto dal repertorio di Kate Wolf, la stupenda Green Eyes ed il disco si chiude con il solito brano di Cyrus Clarke, un progressive bluegrass dal titolo Barbados, giocato sulla contrapposizione di Cyrus (chitarra acustica e voce solista) a Bill Green (mandolino e harmony vocal): ne nasce un amichevole duello musicale senza esclusione di colpi, che vede, alla fine, entrambi i contendenti vittoriosi. Dei Cache Valley Drifters si perdono le notizie (come entità autonoma e produzione discografica a proprio nome) fino al 1996, quando l’etichetta tedesca Taxim fa uscire Echoes & Reflections (TX 3007-2 TA), ma Cyrus H. Clarke non è più nella formazione della band, che lo ha sostituito con il chitarrista e cantante Mike Mullins, mentre il basso (elettrico) è tornato in mano a Walter ‘Wally’ Barnick.

E’ ancora del 1998 (ma la Taxim lo stamperà solo un anno dopo) il nuovo – ed a tutt’oggi ultimo – CD dei Cache Valley Drifters intitolato Mightyfine.net (TX 30162 TA), con formazione a tre, visto che David West ha preferito proseguire la più lucrosa avventura con i Pickin’ On Pickers. Sempre grandi nelle loro covers, questa volta i membri della band si avvicinano ad un altro brano di Kate Wolf (sentimentalmente legata a Bill Griffin) con The Eyes Of A Painter ed al classico degli Eagles Hollywood Waltz; i risultati sono facilmente prevedibili, ma di Cyrus Clarke non si hanno più notizie.

Facciamo però un passo indietro: nel 1990 Cyrus, fuoriuscito dai C.V.D., fonda un nuovo gruppo, sempre orientato alla rivisitazione rispettosa del bluegrass tradizionale e nascono così gli Acousticats. Oltre a Cyrus alla voce e chitarra, troviamo Phil Salazar (ex-titolare dell’omonima band) alla voce e fiddle, Charl Ann Gastineau (violino e percussioni), Tom Corbett (mandolino, voce e chitarra) e Rick Borella (basso). La band debutta nel 1992 con un disco inciso dal vivo Live At Evangeline’s (Flying Fish), al quale fa seguito The Cat’s Meow (Ranch Records 11254) due anni dopo ed è Cyrus a fare la parte del leone, a livello compositivo, firmando la maggior parte dei brani che compongono il tessuto del CD. Tom Corbett contribuisce con tre composizioni che ben si affiancano alla famosa cover del brano della Allman Brothers Band In Memory Of Elizabeth Reed ed all’impegnativa reinterpretazione della trascrizione di Bach Out Of The Depth I Cry.

Le composizioni di Clarke comprendono alcune delle sue cose migliori e brani quali Along The Rio Grande, Mud & Dust & Blood & Silver e Ruidoso Blue dipingono vividi ricordi di cieli azzurri ed ampi spazi liberi. Il disco si chiude con la sua Black Lung, un brano che spesso veniva interpretato con il solo ausilio della voce (a-cappella) negli spettacoli di Kate Wolf. La band prosegue la sua attività concertistica fino al 1995, quando si scioglie: Tom Corbett registrerà fra l’altro un disco solista nel 2001 intitolato Upstairs At Charlie’s ospitando nomi importanti della scena della Southern California, fra cui ricordiamo Herb Pedersen, Albert Lee, Greg Leisz, Bill Bryson, e Raul Reynoso (due CD con i New West ed uno, intitolato Royal Street del 1997, come solista), ma per avere notizie di Cyrus H. Clarke dobbiamo attendere il 1997, quando esce Sunrise On The Radio, attribuito alla Cyrus Clarke Band (Ranch Records RR11254).

La band comprende ovviamente il titolare (vocals & acoustic guitars), l’amico Tom Corbett (mandolin), Barney Tower (electric guitars), Gary Sangenitto (electric & acoustic bass), Tom Lackner (drums & percussion), Mark Morell (dobro, keyboards & bottleneck guitar) e Rosie Tower (harmony vocals). Già la struttura elettro-acustica del gruppo la dice lunga sull’evoluzione del suono, rispetto ai tempi dei Cache Valley Drifters: siamo di fronte a proposte orientate ad un suono fortemente cantautorale, con arrangiamenti che coinvolgono una band che passa da strumentazione acustica a quella elettrica con la massima disinvoltura ed ecco che la batteria fa la sua (ri)comparsa al fianco del mandolino e della chitarra acustica, ricalcando le orme di una lontana Dillard & Clark Expedition.

A parte la remake di Red Tail Hawk (George Schroeder), che già Kate Wolf aveva interpretato nel suo album di esordio, quel Backroads su Owl Records (OL-001) del 1976, tutti i brani portano la firma di Clarke e che brani… a cominciare dal title track, una snella ballata acustica dedicata a Kate (Wolf) con un incedere elegante e fresco, prettamente californiano. Across The Borderline evoca fantasmi di un country-rock elettroacustico che ha sempre intrecciato i suoi sentieri con la parte meridionale del territorio del Golden State e risulta uno degli highlights dell’intero disco.

The Shape I’m In è stata scritta a Petaluma, CA. ed è pervasa da un feeling nervoso ed inquieto, brano vagamente bluesato, si appoggia sugli interventi misurati di chitarra elettrica solista e quelli precisi del mandolino di Tom Corbett. Stand & Deliver è più rilassata, in sintonia con la filosofia squisitamente californiana del ‘take it easy’, mentre Honky-Tonk Moon fa giustamente onore al suo titolo, con quell’andamento sbarazzino e scanzonato. Night Train To Paris nasce da un viaggio fra Londra e Parigi, simile a tante trasferte da un concerto all’altro, pur impreziosito dal fascino che la vecchia Europa riveste sempre agli occhi di un americano.

Con Little Girl Blue si ritorna in territorio country-rock, con le dolci svisate del dobro di Mark Morell ad accompagnare i preziosismi vocali di Cyrus, Another Pretty Day è una morbida ballata decorata dal mandolino del solito Corbett, caratterizzata da un andamento indolente, rilassato e rilassante, per chiudere con Love Is Sure, una bella song dove la musica è stata composta a quattro mani con Gary Sangenitto. Siamo in presenza di un prodotto maturo, pur a dispetto del fatto che si tratta di un disco di esordio, almeno come Cyrus Clarke Band. Questo ci fa comunque ben sperare per il futuro e resta un’ottima conferma delle qualità del leader.

Quando si ragiona in termini di dischi autoprodotti ed autodistribuiti (o quasi), la frequenza delle pubblicazioni non va necessariamente di pari passo con la qualità del prodotto ed è per questo motivo che dobbiamo attendere fino al 1999 per avere fra le mani il prosieguo di Sunrise On The Radio e la favola continua nei solchi di California Stories (Ranch Recordings RR11256).

Fin dal titolo si capisce che ci troviamo di fronte ad una grande prova: ariose armonie che richiamano suoni a noi familiari, bluegrass mischiato a country, il tutto amalgamato in quel crogiuolo che si chiama southern California. Fa piacere vedere che i musicisti che avevano tenuto a battesimo la band sono ancora tutti al loro posto, anzi alcuni altri amici sono arrivati a dare una mano: Tom Ball all’armonica (aveva presenziato anche al live del C.V.D.), Bill Flores al dobro e pedal steel guitar, Bob Liepman al violoncello e Daniel Lower alle armonie vocali.

Tutti i brani sono composti dal nostro leader, ad eccezione delle solite covers eccellenti (in tutti i sensi): Safe At Anchor, l’immancabile omaggio a Kate Wolf, New Speedway Boogie, nuovo tributo alla band più venerata della California, i Grateful Dead ed un classico della tradizione folk, Deportees (Plane Wreck At Los Gatos), co-firmata da Woody Guthrie e Martin Hoffmann. Fra i brani originali California Rose profuma di Mexico, Desperado Blues si accende dei contrappunti di mandolino, All Night Woman è un delizioso honky-tonk, a metà strada fra Amarillo e Bakersfield, Fresno Girl è un estratto di cronaca messo direttamente in musica, Cottonwood Waltz è dolcezza pura, per chiudere con Hurry On Down To The Mission, che riassume tutta la maestria di Cyrus H. Clarke, sia a livello compositivo che interpretativo.

Il problema con questo genere di artisti è duplice: visto che generalmente non godono di una distribuzione capillare (il tono è quanto meno ironico, dato che si tratta di materiale autoprodotto) è molto difficile avere l’occasione di conoscerli/ascoltarli ed in seconda battuta, ci vuole una santa pazienza, perché da un disco all’altro possono passare anche vari anni.
Esempio perfettamente calzante per la Cyrus Clarke Band che si trasforma in Cyrus Clarke Expedition (Lewis & Clark prima, Dillard & Clark poi… docet) per l’uscita di The Road To California (Ranch RecordingS RR 11257) nel 2003.

Amici vecchi e nuovi circondano l’inossidabile leader: Jack Joshua al basso acustico, Mike Mullins al mandolino, Barney Tower alla Telecaster e Rosie Tower alle armonie vocali, per costruire un altro gioiello di southern California rock-tinged country-bluegrass (io adoro le etichette…). Molte sono le covers, come sempre: si parte da una versione squisitamente originale del classico di Woody Guthrie Do-Re-Mi, nel quale si disquisisce delle bellezze della California, ma di come queste fossero precluse agli immigranti che vi arrivavano durante la crisi del ’29, per proseguire con un’oscura composizione di Wendy Liepman intitolata Poison: delicata elaborazione acustica molto intimistica. Live A River attinge dal cospicuo songbook della solita Kate Wolf, mentre Dire Wolf è mutuata dai Grateful Dead, band che ha rappresentato fonte inesauribile di ispirazione per Cyrus. Si transita poi attraverso il giusto omaggio al country di Bakersfield a firma Merle Haggard (Swinging Doors), anche se la versione swingata è abbastanza diversa dall’originale, ma altrettanto gradevole.

Arriviamo così ad una sequenza di brani originali: Ruidoso Blue (dal repertorio degli Acousticats), Barbados (da quello dei Cache Valley Drifters), Somewhere, Tomorrow And Forever (inedita a tutti gli effetti), Kern County Fandango, dolce e misurata come sempre, per concludere con l’amara Springfield Mountain Coalminer. Ancora sul fronte delle covers, apprezziamo il trattamento blues/jazzato di Route 66, la rivisitazione rispettosa e tradizionalista della ben nota Sin City, il brano che dava il titolo all’album di esordio dei mitici Flying Burrito Brothers di Gram Parsons, cult-band del primo country-rock californiano. Il compito di chiudere questo gradevolissimo e stimolante album è affidato all’ennesimo classico: una rivisitazione in chiave progressive bluegrass della Promised Land che Chuck Berry aveva proposto come cavallo di battaglia nei suoi rock’n’roll shows. Si favoleggia poi di un altro album a credito di Cyrus Clarke, intitolato Songs Of A Common Mind: purtroppo non siamo ancora riusciti a metterci le mani sopra, ma stiamo attivando tutti i nostri canali e non siamo di quelli che mollano l’osso. Intanto avete di che ascoltare…

Dino Della Casa, fonte Country Store n. 73, 2004

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