Rieccoci a parlare di Texas per un paio di cosiddette ‘compilations’ immesse sul mercato da due indies di tutto rispetto, la Justice Records e la Freedom Records.
Particolarmente gradito il compito di esaminare il prodotto Justice, in quanto si tratta di Twisted Willie, un album-tributo a Willie Nelson, figura carismatica e simbolo dell’outlaw music texana insieme a Waylon Jennings. Sedici brani del vecchio countryman rivisitati da personaggi che, a parte Johnny Cash, Kris Kristofferson e Waylon Jennings (compagni d’avventura nella fortunata compagine degli Highwaymen) e Jesse Dayton, assolutamente nulla hanno a che fare con la outlaw-music texana. Le danze si aprono con il vecchio leone Johnny Cash che si fa aiutare, fra gli altri, dal figlio John Carter Cash alla 12 corde acustica per Time Of The Preacher dallo stupendo concept-album Red Headed Stranger del 1975.
Three Days è riproposta dal gruppo L7 con la voce solista femminile che strascica le strofe iniziali (ma Waylon appare alla voce ed alla chitarra), per passare a Shot Gun Willie trattata al fulmico-rock dai Tenderlion. Stesso trattamento per Bloody Mary Morning da parte dei Supersuckers con guest appearance dello stesso Willie alla voce e chitarra.
Chi l’avrebbe detto invece che Mark Lanegan, scheggia impazzita degli Screeming Trees, potesse regalarci una versione di She’s Not For You quanto meno interessante: da ascoltare.
I Presidents Of The U.S.A. si cimentano in Devil In A Sleepin’ Bag, un’oscura song che Willie aveva a suo tempo incluso in quello Shotgun Willie dal quale provengono ben quattro brani originali di questo progetto.
Jerry Cantrell (chi è costui!) ci presenta una dimenticata ballata del 1964, I’ve Seen All This World I Care To See, che Willie non aveva mai inciso, per quanto ne so io (ma ogni segnalazione in proposito è più che benvenuta, W la critica costruttiva!). Waylon Jennings ripropone I Never Cared For You in maniera deliziosa, con Jesse Dayton all’acustica, mentre un certo Reverend Horton Heat (con Bobbie e Willie Nelson in session) si cimenta con Hello Walls a tempo di shuffle.
Gli illustri sconosciuti Gas Huffer stravolgono – ed è ancora un sottile eufemismo – I Gotta Get Drunk, mentre gli Steel Pole Bathtub vanno a ripescare The Ghost, scritta nel 1962 e la rivoltano come un guanto. Risultato: …rivoltante (perdonate il pessimo gioco di parole).
Jesse Dayton affida ai filtri la propria voce che esegue Sad Songs And Waltzes, ma il suo lavoro solista è di tutt’altro peso specifico. Exene Cervenka, John Doe e gli X rivisitano la misconosciuta Home Motel (vedi l’LP Here’s Willie Nelson del 1963) attraverso la loro sensibilità musicale, che ben lontana risulta dai contenuti originali.
Lo stesso si può dire di Kelley Deal che affronta Angel Flying Too Close To The Ground in compagnia di un Kris Kristofferson che probabilmente, dopo aver ascoltato il risultato finale della session, avrebbe desiderato essere altrove, piuttosto che intrappolato nello studio di registrazione dove sicuramente era stato attirato con l’inganno.
Dare un giudizio complessivo di questo album è molto difficile: se vi piacevano le versioni originali in quanto country-songs, state alla larga da questo maligno CD. Se vi piace un certo rock attuale e tirato, ma privo di lucida follia, fate finta che il nome di Willie Nelson (con tutte le implicazioni country-oriented del caso) non c’entri per niente. Se siete invece in preda a ‘Willite’ acuta ed incurabile, oramai allo stadio finale, potete avvicinarvi all’album cui di sopra, ma non scordatevi di avere versioni originali a portata di mano: lo shock in alcuni caso potrebbe essere davvero eccessivo per il vostro povero cuoricino rosso e blu, con una solitaria stellina bianca
True Sounds Of The New West, è il futuro dello sforzo compilativo della Freedom Records di Austin, Texas (manco a dirlo !), che nei diciassette brani ivi inclusi si propone di regalarci – si fa per dire – uno spaccato del panorama musicale country-oriented della capitale del Texas. La scena musicale di Austin è sempre stata estremamente stimolante ed è così che la scelta del materiale da includere risulta ovviamente difficile.
Ecco Wayne Hancock, attualmente uno dei nomi di punta dell’interessantissima Dejadisc di San Marcos, TX, con la sua Friday And Saturday Night, tratta dall’eccellente Thunderstorms And Neon Signs. Personaggio da seguire con la massima attenzione per lo stile fortemente hillbilly, è dotato di una voce eccezionalmente reminiscente di Hank Williams Sr. Da conoscere.
Perfetto clone vocale di Johnny Cash, Mike Barfield è il cantante degli Hollysters, che ripropongono in maniera incredibilmente fedele il ‘boom-chicka-boom sound’ dell’uomo in nero. Good For The Blues potrebbe essere uscita dalla discografia di Johnny Cash e tranquillamente rientrarci, che nessuno noterebbe la differenza: ascoltare per credere.
Reduce dagli esordi su Vireo Records con l’omonimo album, Bruce Robison ci ripropone la sua delicata ballata acustica Angry All The Time. Esecuzione studiata e calibrata che convince: ci siamo!
Eccoli, sono loro; la nuova stella di Austin: i Derailers. Un live con 14 (!) brani, sempre su Freedom, nel 1995 ed un contratto nuovo di zecca per la Watermelon, che ha testé pubblicato lo scintillante Jackpot. Sono la reincarnazione del country tipo ‘Bakersfield sound’, quello di Buck Owens, Tommy Collins, Wynn Stewart e del primissimo Merle Haggard e che ha recuperato recentemente credibilità ed interesse grazie a Dwight Yoakam. Lies Lies Lies è tratta dal live di cui sopra ed è tirata quanto basta per convincervi della sincerità di questi ragazzi. Ci torneremo sopra presto.
A loro si affianca idealmente Chris Miller, con uno zampettante Everybody’s Lovin’ But Me che non sfigurerebbero nel repertorio del grande Date Watson.
Quanti Tom Clifford ci saranno in Texas in questo momento? Molti, moltissimi e tutti promettenti come questo perfetto sconosciuto che ha firmato per Kelly Willis nel suo secondo album e qui ci propone una gustosa Sometimes Saturday Night.
Per la serie ‘Sui sentieri del migliore honky-tonk’ ecco l’ennesimo (ex) sconosciuto act in tale Charlie Burton And The Texas Twelve Steppers, che presentano eccellenti credenziali per proseguire in crescita nel mondo musicale di Austin. Spare Me The Details la dice lunga, pur nei suoi poco più di tre minuti.
Da New Orleans arrivano i Wild Peyotes, il verbo honky-tonk della Crescent City. Don’t Treat Me Like I Treated You rispetta tutti i canoni tradizionali e ne inserisce qualcuno nuovo che certamente non mancherà di lasciare il segno.
Abbiamo effettivamente tralasciato qualcuno, ma lasciamo a voi il gusto di scoprire il resto contattando direttamente la Freedom Records, citando la fonte.
Dino Della Casa, fonte Country Store n. 32, 1996