Deep in the heart of Texas

“Chi cerca trova” recita un vecchio adagio popolare. Essendo noi sempre alla ricerca di nuovi talenti, più o meno conosciuti sul patrio suolo italico, siamo felici di presentarVi una nostra scoperta, un cantautore eccellente e tre suoi cari amici che rispondono collettivamente al nome di Mark David Manders & Nuevo Tejas.

Mark David Manders è senza ombra di dubbio la mente del gruppo: canta, suona la chitarra acustica e compone tutto il materiale della band, ben supportato dal contributo musicale di Russ Sherefield al basso elettrico ed al contrabbasso acustico, di David Bennett al fiddle e mandolino e dell’ultimo arrivato – in ordine di tempo – Troy Miller alla chitarra acustica solista ed al dobro.
Mark David Manders è figlio del famoso Dave Manders, giocatore di rugby nella squadra dei Dallas Cowboys. Di carattere poco incline ai compromessi generazionali, Dave Manders ha avuto seri problemi di incomunicabilità, con furiose liti e lunghi periodi di ostinata separazione, fino a quando, a distanza di molti anni, in occasione del suo compleanno, il figlio non gli ha inviato un nastro che conteneva Daddy’s Song a lui dedicata e composta nell’arco di più di quattro anni. Si tratta di una delle più belle – e dolci – canzoni composte da Mark ed è egregiamente servita da ponte per sanare quel baratro che lo aveva sempre separato dal padre.
Daddy’s song contiene una strofa stupenda: “Daddy was a Cowboy, but he never rode the range”, ad indicare sì l’appartenenza del padre alla suddetta squadra, ma anche facendolo così rientrare in quell’aura di mito nella quale ogni padre vorrebbe rientrare agli occhi del proprio figlio e che da sempre avvolge la figura del cowboy nell’accezione più comune del termine. Vogliamo di seguito riportare la traduzione completa del testo, tanto toccanti e fruibili ci sono sembrati i suoi contenuti:

“Papá era un cowboy, ma non ha mai cavalcato nei pascoli
ed io ho passato la maggior parte della mia vita all’ombra del suo nome.
Lui era al centro della conversazione dovunque andasse.
Papá ed io non abbiamo mai parlato molto ogni qualvolta lui era a casa.
Credo di essere stato un po’ intrattabile allora, quand’ero un ragazzino,
ma papá mi sgridava per ogni cosa che facevo.
Talvolta perdeva la pazienza quando le cose non andavano come previsto.
Abbiamo semplicemente lasciato che le cose andassero avanti da sole:
sapete, papá era un grandissimo uomo.

Adesso sono passati vent’anni ed io mi guardo alle spalle
Chi sono io? Chi sono io? Sono figlio di mio padre;
Nel bene e nel male: Lui è ancora il mio papá.

Il tempo ha un modo tutto suo di cambiare le abitudini e gli uomini
Ho telefonato al mio papá proprio l’altro giorno ed abbiamo chiacchierato come
fossimo i migliori amici del mondo. Il suo carattere volitivo si è mitigato
col passare degli anni e lui mi ha addirittura detto di volermi bene: una cosa
che non avrei mai pensato di sentirmi dire.

Abbiamo chiacchierato dei vecchi tempi, quando litigavamo sempre,
abbiamo scherzato, riso ed abbiamo anche pianto un po’, fino a tarda notte
Gli ho illustrato i miei progetti attuali e credo che stavolta abbia capito
che tutto ciò che avevo sempre voluto era che lui si accorgesse di me.

Adesso sono passati vent’anni quando mi guardo alle
spalle mi domando
chi sono. Chi sono io? Sono il figlio di mio padre:
nel bene e nel male: Lui è ancora il mio papá.
Lui è ancora il mio papá ed io sono orgoglioso che Lui sia
il mio papá”.

Credo sia fondamentale comprendere appieno la profonda differenza fra il termine ‘father’, che è stato tradotto con ‘padre’, ed il termine ‘daddy/ dad’, che è stato appositamente tradotto con ‘papá’, per sottolineare l’affetto profondo insito nella parola. Il signor David Manders deve essere orgoglioso di un figlio come Mark David.
Daddy’s Song è compresa nel CD di esordio del gruppo – un trio all’epoca – quel Headin’ Out West uscito l’8 Agosto del 1995 e stampato in soli mille esemplari per l’autogestita Nuevo Tejas Music. Pare che il master sia andato misteriosamente perso, ci dice Mark, quindi in un futuro di successo per il gruppo (glielo auguriamo caldamente), questo CD diverrebbe un prezioso ‘collector’s item’.
Lo stesso Mark ci parla di questo prodotto: “L’anno scorso (siamo nel 1995 – n.d.r.) ho deciso di mettere insieme un gruppo. Non volevo una band al completo, con un suono ‘pulitino’, perché mi sembra che questo allontani dal significato della canzone in sé. Volevo che la musica fosse grezza, nella sua forma più pura, come era stata composta. Ho cercato in lungo ed in largo per trovare del musicisti che non avessero come obiettivo i soldi o la notorietà, bensì la musica (vedasi il testo di Friend Like You). Volevo un gruppo che assomigliasse più ad una famiglia che a degli amici e quando ho trovato David e Russ ho capito che ciò era possibile.

Non sono certo di come si potrebbe descrivere lo stile della musica che suoniamo. Le mie influenze comprendono Guy Clark, Kris Kristofferson, John Prine, Robert Earl Keen, Jerry Jeff Walker, Whitey Shafer, Bob Dylan ed i Rolling Stones. David e Russ hanno influenze più tradizionali, con un grande interesse per lo swing. Una cosa che posso affermare circa il mio stile di comporre è che è diretto e va dritto al punto, certamente diverso dai canoni del cosiddetto ‘mainstream country’. Quindi, dopo diversi mesi di vani tentativi di spiegare che tipo di musica suoniamo, abbiamo deciso di etichettarla come ‘Musica Texana’ e lasciare agli altri il compito di farsene un’idea. Da qui il nome Nuevo Tejas, nuova musica Texana. Headin’ Out West non è il CD-tipo. La maggior parte dei soldi è uscita dalle mie tasche e gli arrangiamenti sono stati elaborati dal gruppo, non da un produttore. In alcuni brani siamo solo noi tre a suonare, mentre in altre songs abbiamo chiamato anche degli amici a collaborare.
Quasi tutti i brani sono stati registrati in presa diretta, senza sovraincisioni e solo tre (Bedford, Texas, Headin’ Out West e The New Song) sono stati registrati durante una festa che abbiamo fatto in studio. L’ultima cosa che volevamo era un CD senza feeling e per quanto ne so, non esiste una legge che proibisce di divertirsi mentre si registra. Ora sono seduto qui ad ascoltare il missaggio finale e non posso fare a meno di provare un senso di orgoglio. La strada è stata dura: abbiamo dovuto fare i conti con furti di amplificatori, serate all’aperto sotto la pioggia, chitarre distrutte, critiche, disturbatori, groupies ed anche una rissa o due. Ma riconsiderando tutto, non cambierei una virgola. Per quanto mi riguarda, continuerò a sorridere, a nascondere i solleciti della banca ed a dire a Kathryn che sono questi i bei tempi…”.

Tornando ai contenuti artistici, l’album è pervaso da quel senso di rilassatezza positiva, con un pizzico di umorismo, che tanto ci ricorda lo script di Jerry Jeff Walker. Le canzoni profumano di Texas in ogni nota, dalla malinconica ed affettuosa dolcezza della già citata Daddy’s Song alla scanzonata Jed Clampett, da Last Night, con una voce molto ‘Walkeriana’, al frizzante title-track, tutti quadretti di semplice vita quotidiana, come The New Song che, ci dice ancora Mark, è stata la canzone partorita con maggiore facilità in quanto, in pratica, si tratta dell’elencazione di tutte le cose che fanno arrabbiare la moglie Kathryn e che lui continua impudentemente a fare.
Da un punto di vista di esibizioni live, Mark David Manders & Nuevo Tejas girano il Texas in lungo ed in largo, aprono i concerti di gente del calibro di Jerry Jeff Walker, Don Edwards, David Allan Coe, Ray Wylie Hubbard, Gary P. Nunn, Chris Wall, Rusty Wier e Guy Clark. A proposito di Guy, Mark ricorda ancora con orgoglio quando scelse di aprire proprio l’esibizione di Clark, fra tutti gli artisti che si sarebbero esibiti al Poor David’s Pub di Dallas, dove si tiene ogni anno un concorso per cantautori nuovi. In memoria dello scomparso singer-songwriter texano B.W.Stevenson: il primo premio è l’esibizione quale ‘opening act’ per un artista a propria scelta fra coloro che si esibiranno nel locale nel corso dell’anno. Mark è disposto ad aspettare sei mesi pur di aprire per Guy Clark. Più tardi il suo show viene richiesto anche da Robert Earl Keen, il quale, condividendo il parere di un’altra rising star, Jack Ingram, conferma che “…Mark is going to be the next big thing…”.

A distanza di neppure un anno dalla prima uscita discografica, Mark David Manders & Nuevo Tejas escono con il follow-up del primo album: un CD dal titolo People & Places, sempre su Nuevo Tejas Music. La nuova prova li trova decisamente più maturi, sia dal punto di vista compositivo, che interpretativo. Mark è cresciuto enormemente come songwriter, come cantante e gli arrangiamenti sono più curati, dando così vita ad un prodotto commercialmente molto più appetibile. The Wedding Song gode di un accattivante intro di fiddle in mano al grande David Bennett, come molti dei brani del repertorio della band. La voce di Mark ha quel tono scanzonato delle composizioni più rilassate del grande Jerry Jeff, che sicuramente attingerà dal repertorio dei nostri, prima o poi.
Lo stesso tipo di approccio vale anche per la seguente The Whiskey Song, con una languida steel che fa capolino in sottofondo.
L’autobiografica White Pines Ranch, arricchita da un grande attacco di armonica (la suona Mark), è fra le mie preferite dell’album, insieme alla seguente Long Gone To Austin, con un ritornello semplicemente sublime.
In apertura, Bordertown Blues ricorda decisamente il classico di Jimmy Driftwood Tennesse Stud, ma il prosieguo è gradevolmente personale e si sviluppa su tematiche vagamente border, con l’accordion agli ordini di Eugene Gregory, che si lancia in un’indiavolata versione di La Bamba per simulare una tipica fiesta d’oltre confine.

A proposito di Sing Me A Song About Texas (che titolo!), Mark la considera come “…la mia risposta alla spazzatura che suonano le radio da classifica…”. Inutile dire che rientra anch’essa nel novero (piuttosto ampio, lo ammetto) delle mie preferite.
Il tempo western di Ponder, Texas parte con lo stesso slancio di un cavallo selvaggio all’apertura del cancelletto che lo separa dall’arena.
Che dire poi di Nickel Creek Cafè? Un altro piccolo grande classico: la voce è una via di mezzo fra Jerry Jeff e Chris Wall, la chitarra messicaneggiante e l’accordion potrebbero essere tratti da qualche brano di Tom Russell, mentre il tempo è decisamente accattivante. Bravo Mark!
Se il musicista di strada conosciuto in una cella di New Orleans aveva ispirato al ricorrente Jerry Jeff Walker Mr. Bojangles,ll suo brano più famoso, la storia si ripete per My Friend, Texas, un personaggio così chiamato – Texas, appunto – conosciuto da Mark e Paul (Brewster) DePaulis in quel di New Orleans.
L’interesse per l’immediatezza dell’opera di Lord Byron si esplicita in un’altra delicata ballata concepita sugli improbabili scenari del Madagascar, intitolata Coast Of Madagascar.
Back in Texas per il brano conclusivo di questo eccellente CD: This Ain’t No Beer Joint. Scritta insieme al succitato Eugene Gregory, Mark l’aveva già accennata nell’album precedente (sempre in chiusura di CD) e la dedica a tutte le vere dance halls texane, dove è ancora possibile ballare al suono di Silver Wings o Fraulein.

Signori, abbiamo la possibilità di aggiudicarci un eccellente pezzettino di sana musica texana con il minimo sforzo di contattare Mark David Manders direttamente presso Nuevo Tejas Music. La Campfire Records l’ha appena messo sotto contratto ed il nuovo CD, che dovrebbe uscire questo inverno, si intitolerà Other People’s Places, Tales From The Couch Circuit. Cominciate a tempestare i nostri amici importatori con la ‘i’ maiuscola affinché si diano da fare. Per Mark David Manders & Nuevo Tejas: Salud y pesetas u tiempo para gustarle!

Dino Della Casa, fonte Country Store n. 38, 1997

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