Nuovo album per quella che considero, senza alcun dubbio, la miglior country band degli ultimi anni.
Formatasi come naturale evoluzione dell’involuzione (se mi perdonate il bisticcio) che Chris Hillman ha subito dopo esperienze di successo travolgenti con Byrds, Manassas, Flying Burrito Bros. alla fine delle quali, non sapendo più che pesci pigliare, ritornò alle sue radici musicali, quelle in compagnia degli Hillman con cui formò una delle prime bluegrass band di successo.
Dopo un breve intervallo con una band che si può considerare la pre-Desert Rose (con Hillman, Jorgenson, Bryson al basso e Al Perkins al dobro) che suonava country-bluegrass acustico, Chris ha deciso di unirsi al talento strumentale di John Jorgenson e all’esperienza e abilità vocale di Herb Pedersen, per scoprire quasi subito di aver dato vita ad una miscela sonora straordinaria che da un lato rivitalizzava le magie vocali della west coast e dall’altro riproponeva, aggiornato e ripulito, l’honky tonk sound di Bakersfield.
E’ bastato che il progetto prendesse una forma più definita, grazie all’innesto in pianta stabile di un vecchio lupo come J.D. Maness (pedal steel e session man del memorabile Sweet-heart Of The Rodeo dei Byrds) e di ottimi gregarì quali il preciso Steve Duncan alla batteria e l’esperto Bill Bryson al basso, perché il sound si costruisse con naturalezza e stile inimitabili. Un paio di ritocchi scenici (il rispolvero delle giacche hollywoodiane di Nudie’s, che fecero epoca con le country star dei fifties e in seguito con i Burrito Bros., e i classici ‘string ties’, i cravattini di cuoio very western), un nome centratissimo e un management all’altezza hanno fatto sì che il gruppo in poco tempo giungesse in alta quota, in vetta alle classifiche country.
Pages Of Life, terzo ellepì della Desert Rose Band, è lavoro maturo e preciso che conserva intatto il particolare sound dove il contrasto tra il tono tagliente della Telecaster di Jorgenson e la dolcissima pedal steel di Madness conferisce quel sapore agrodolce che ha da sempre contribuito al successo del country rock.
E soprattutto l’album ripropone lo straordinario impasto vocale del trio Hillman, Pedersen, Jorgenson dal fascino irresistibile che addirittura conquista anche lo scettico in brani come Start All Over Again o Darkness On The Playground.
La penna di Hillman è, al solito, la più prolifica o comunque la più privilegiata. Ma, a parte la riedizione aggiornata e corretta di Desert Rose, cavallo di battaglia qui in una versione davvero ispirata, e una stupenda Everybody’s Hero sui miti della TV, il pezzo di gran lunga più riuscito è Our Baby’s Gone, partorito da Herb Pedersen, forse il personaggio musicalmente dotato di maggior classe.
E proprio di brani alla Pedersen o delle cover di John Hiatt (che avevano contrassegnato le due precedenti produzioni della Desert Rose) si sente la mancanza in questo Pages Of Life di cui la track d’apertura Story Of Love è candidata a diventare presto un country hit. Globalmente l’ellepì è calibrato e compatto e non presenta la benché minima sfasatura.
Un’ultima annotazione (doverosa, in questi casi) sul look del gruppo e sulla copertina che si candida a vincere il premio come la più brutta dell’anno. In particolare colpiscono John Jorgenson (in versione ‘camallo da porto di Zsena’) e Chris Hillman (gonfiato da un body building esagerato). Ma anche questa è country music, signori. E, comunque sia, la Desert Rose secondo me è una specie di prova del nove: se non vi piace significa che il country non è la vostra musica.
Story Of Love / Start Ali Over Again / Missing You / Just A Memory / God’s Plan / Darkness On The Playground / Our Baby’s Gone / Time Passes Me By / Everybody’s Hero / In Another Lifetime / Desert Rose
MCA-Curb Records 42332 (New Country, Traditional Country, 1990)
Ezio Guaitamacchi, fonte Hi, Folks! n. 40, 1990
Ascolta l’album ora