Dopo trepidante attesa, esce il nuovo ‘Desert Rose’, magnifico e scintillante come l’album d’esordio. Visti nuovamente in concerto, in una straordinaria serata di new country a Saratoga, California, il gruppo di Chris Hillman mi ha completamente esaltato. Lo so, ancora una volta mi lascio prendere dalla libidine e tendo a ragionare più con lo stomaco che con la mente, ma …. insomma, “non si scherza con i sentimenti”!
Se, dunque, amate il country in senso lato, questo è attualmente il miglior gruppo in circolazione. Okey, posso al limite essere d’accordo con l’amico Tavernese che sostiene che il new country è più vecchio del country rock, ma sulla qualità di produzioni come questa non si può né si deve discutere. Hillman, Pedersen e soci sono dei treni, snocciolano una sequela di morbide atmosfere vocali, di fluidi riff chitarristici, di assoli di pedal steel mozzafiato. Mai un cedimento, non un calo di intensità, assoluta precisione, classe raffinata e ispirata creatività: che cosa si vuole di più?
“Oh, ma che palle ‘sto country!” direte voi. Anche questo è discutibile. Certo ‘The Desert Rose Band’ non è forse gruppo dal gusto sofisticato di certe produzioni di new age o di fusion, né ha il drive del rythm ‘n’ blues o l’intricata struttura di certo jazz, ma ha sicuramente una fruibilità maggiore di tante esperienze più specialistiche.
I suoni e la magia della California sono sempre presenti così come i riferimenti al Bakersfield Sound o certi ripescaggi dalle incantevoli armonie di Byrds e Flying Burritos.
Segnalo quattro brani, probabili hits del gruppo che va piuttosto bene nelle classifiche specializzate e che ho trovato anche nelle compilation di linee aeree internazionali. She Don’t Love Nobody (di John Hyatt) che apre la prima facciata e Summer Wind che la chiude sono due luminosi gioiellini. I testi non sono frutto della penna di Saul Bellow, se capiss, ma “that’s country music, ladies & gentlemen”.
Sul lato B, anche Step On Out e Homeless sono molto carine.
Strepitoso, come al solito, su disco e in concerto è John Jorgenson, recente autore di un LP solistico dedicato alla musica di Django Reinahrdt. La sorprendente versatilità strumentale e i suoi taglienti attacchi chitarristici sono ormai una caratteristica vincente del gruppo che, sia in concerto che su disco, trovo molto più compatto e rodato che non un paio di anni fa.
Peccato che la foto in copertina sia sfuocata: un particolare, d’accordo, ma forse poteva esserci una attenzione maggiore da parte di navigati professionisti che in genere curano ogni minimo dettaglio. Le giacche ricamate di Hillman & Co. sono sempre più irresistibili: l’aroma della ‘rosa del deserto’ ha colpito ancora.
MCA-Curb 42169 (Traditional Country, Bakersfield Sound, 1988)
Ezio Guaitamacchi, fonte Hi, Folks! n. 31, 1988
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