Serata conclusiva dell’Acoustic Guitar Festival organizzato dalla benemerita associazione ‘Armadillo’ con l’aiuto del Comune di Sarzana, Heineken e Wilder che ha stipato all’inverosimile il bel teatro ligure per tre giovedi successivi.
Questa volta tutto è dedicato alle chitarre resofoniche e slide in genere (National, Dobro, Lap e Weissenborn). Per chi non lo sapesse, Wiessenborn era un liutaio tedesco, emigrato in America come C.F. Martin, che mise a punto un modello particolare di chitarra hawaiana negli anni venti, sull’onda della gran moda che seguí una famosa esposizione di S. Francisco.
La sua particolaritá è di avere una cassa che si prolunga per tutto il manico per dare un suono particolarmente caldo e corposo. Cadute nell’oblio per decadi, le Weissenborn stanno vivendo una seconda giovinezza grazie alla loro riscoperta da parte di artisti come Cooder, Lindley, Harper e Brozman.
Per chiunque fosse interessato a questo tipo di strumento io mi sono procurato i disegni originali e ne sto costruendo delle repliche fedeli. Ma chiudiamo questa parentesi tecnico-commerciale per tornare alla rassegna.
Appena entrati nell’atrio del teatro si resta letteralmente abbagliati dalle National e dai Dobro che Willy Davoli ha messo in esposizione, ci sono degli originali e delle copie giapponesi fra cui uno ‘square neck’ da bluegrass.
Ai ‘Dobro Star’ (geniale anagramma apprezzato da chi guardava Carosello) il compito di aprire. Trattasi di due vecchie conoscenze della musica acustica italiana nonchè del giornalismo chitarristico: Stefano Tavernese e Marco Manusso. Un bel set divertente in cui Manusso ha particolarmente brillato alla Fender in stile Duane Allman/ Lowell George e Tavernese ha fatto grande uso di una piccola Tacoma Papoose.
Poi è toccato a Paul Stowe, chitarrista e cantante di bluegrass, milita nel gruppo ‘Matchin’ Ties’ con sede a Monaco di Baviera. Paul, originario di Salt Lake City, in passato ha abitato per due anni in Italia ed ebbi modo di fare alcune date con lui e Livio Guardi (banjo) sia da noi che in Germania.
E per me è stata una bella occasione per poterlo rivedere dopo tanti anni. Si è cimentato con un Dobro nuovo ed una vecchia National (entrambi round-neck) in un repertorio folk-blues (Robert Johnson, Woody Guthrie…) che ha messo in risalto le sue doti vocali e strumentali (ho scoperto stasera che è stato allievo di Brozman).
Dopo l’intervallo ecco arrivare Bob Brozman (che backstage mi ha fatto analizzare con cura la sua Weissenborn del ’27). Giá polistrumentista nella buffa band ‘Cheap Suit Serenaders’ dove c’era anche il fumettista Robert Crumb, da anni va in giro con il suo ‘solo show’ che io vedo stasera per la seconda volta e che per la seconda volta mi ha lasciato a bocca aperta.
Sul palco ci sono due Dobro, una National Baritona, una Weissenborn ed una Kona (una specie di Weissenborn peró round-neck) nonchè uno charango. Bob è un colto etnomusicologo, un collezionista di strumenti soprattutto metallici, un comico secondo la tradizione ebraico- americana (alla Marx Bros.), un mostro di tecnica chitarristica ed un folletto che si esprime in un suo gramelot franco-ispano-italico un pó come Salvatore nel ‘Nome della rosa’.
Questa è vera world music: un mescolone coerente di country, blues, yddish, calypso, afro, indiana e balcanica in cui gli strumenti vengono sfruttati totalmente e diventano contemporaneamente percussioni, fiati, chitarre, tastiere ed effetti speciali.
Equilibrismi strabilianti eseguiti con scioltezza e nonchalance che hanno fatto impazzire il pubblico anche perchè presentati senza supponenza e con una gestualitá esilarante.
A grande richiesta la serata si è conclusa con un’interminabile jam session in cui tutti i musicisti della serata si sono visibilmente divertiti tanto da non voler piú lasciare il palco.
Fabio Ragghianti, fonte Country Store n. 48, 1999