All’inizio degli anni ’70 la California assiste alla proliferazione del country-rock. Un gruppo su tutti lega il proprio nome al successo – soprattutto commerciale – di questo pionieristico connubio fra sonorità tradizionalmente conservatrici (country) e soluzioni stilisticamente innovative e comunque legate ad un pubblico sicuramente giovane (rock): gli Eagles.
Strano, ma vero, il primo disco che vede suonare insieme Don Henley (ex-Shiloh) alla batteria e voci, Glenn Frey (ex-Longbranch Pennywhistle) alle chitarre, tastiere e voci, Bernie Leadon (ex-Kentucky Mountain Boys o Scottsville Squirrel Barkers che dir si voglia, ex-Hearts & Flowers, ex-Dillard & Clark Expedition ed ex-Flying Burrito Brothers) chitarre, banjo e voci e Randy Meisner (ex-Poor ed ex-Poco) al basso e voci non è attribuito al gruppo in questione, bensì a Linda Ronstadt, che nel suo album omonimo del gennaio 1972, riunisce i nostri quattro artisti per la prima volta, anticipando solo di pochi mesi l’uscita dell’omonimo disco di esordio delle Aquile, contenente futuri classici quali Take It Easy, Train Leaves Here This Morning e Peaceful Easy Feeling.
L’anno dopo è la volta del disco che, secondo solo ad Hotel California, contribuirà a legare il nome degli Eagles alla parola ‘fama’: Desperado. Con la stessa formazione e l’aiuto compositivo ed esecutivo di Jackson Browne e John David Souther, la band confeziona autentici capolavori quali Doolin-Dalton, la stessa Desperado, Tequila Sunrise e Saturday Night.
Randy Meisner interpreta poi da solista un’appassionata rilettura di Outlaw Man di David Blue. I dischi seguenti, incisi sempre per l’etichetta Asylum, lasciano il segno: On The Border del 1974 coincide con l’arrivo nel gruppo di Don Felder alla chitarra elettrica e contiene Already Gone e The Best Of My Love, oltre alla cover di Ol’ 55 (Tom Waits); One Of These Nights del 1975 aggiunge al curriculum del gruppo One Of These Nights, Hollywood Waltz, Lyin’ Eyes e Take It To The Limit.
Il 1976 rappresenta l’anno della svolta epocale degli Eagles, non solo per l’abbandono di Bernie Leadon, che viene sostituito dal chitarrista più rock-oriented Joe Walsh (ex-James Gang) e di Randy Meisner, rimpiazzato da Timothy B. Schmidt (ex-Poco), ma perchè viene pubblicato uno dei dischi con il maggior numero di copie vendute al suo attivo: Hotel California. Paradossalmente non ci sono brani davvero epocali nel disco, se si eccettua il title-track. Sicuramente da ricordare New Kid In Town, Wasted Time, The Last Resort e la inconsueta – almeno in un’ottica Eagles – Life In The Fast Lane, a firma Joe Walsh.
Per tre anni la band vive di rendita, ma i risultati di vendita del successivo The Long Run sono molto lontani da quelli del disco precedente; ci sono brani come The Sad Cafè, I Can’t Tell You Why ed il title-track, ma la crisi artistica è oramai tangibile. A poco serve anche la pubblicazione del doppio Eagles Live l’anno successivo: i preziosismi vocali e chitarristici dell’inedita Seven Bridges Road non possono da soli risollevare le sorti di un gruppo che non riesce a rinnovarsi.
Bisogna poi attendere fino al 1994 con l’uscita di Hell Freezes Over, che contiene soprattutto remakes dei vecchi classici oltre a quattro inediti appena decorosi. Il nuovo singolo della band (anno 2003) si intitola Hole In The World, ma siamo lontani anni luce dai voli degli esordi.
1971
Country Rock, Country Pop
Dino Della Casa, fonte TLJ, 2004