Come molti altri colleghi, anche per Earnest Roy il blues è un affare di famiglia. Infatti il padre, Earnest Senior, era piuttosto conosciuto nella zona di Clarksdale e, probabilmente, interpretò quel Guitar Children che, registrato nel 1978 da Gianni Marcucci, fu pubblicato dalla Albatros nell’album 8459 ed inserito nel cofanetto di tre LP intitolato Way Back Yonder (ALB 13). Dopo varie vicissitudini, ‘Guitar’ Roy è tornato alle origini, e sembra animato dalle migliori intenzioni per raccogliere la fiaccola e tenere in vita l’eredità musicale dei suoi mentori, Big Jack Johnson in primis.
“Sono nato il 25 settembre del 1958 a Clarksdale, Mississippi, ho cominciato a suonare la chitarra a cinque anni, mio padre Earnest Sr. mi insegnò a suonare il basso a sei anni e un paio di anni dopo, quando ne avevo otto, iniziai a suonare nella band di mio padre. All’epoca Big Jack Johnson suonava la chitarra nel gruppo di mio padre e il resto è storia.
Suonavamo più che altro nei dintorni di Clarksdale, le cose andarono avanti così fino all’età di diciassette anni, quando mi trasferii in Ohio a Dayton, dove rimasi per alcuni anni e poi tornai a casa. Ripresi a suonare con mio padre e la sua band, Earnest Roy & The Clarksdale Rockers e poi ho messo insieme una mia band che si chiama quasi come la sua, Guitar Roy & The Clarskdale Rockers, in un certo senso ho ereditato anche quel nome!”
Hai inciso un singolo per la Rooster di Jim O’Neal, nel 1989, come avvenne?
Si chiamava I Wanna Know What My Little Girl’s Been Doing, una canzone che avevo scritto a San Diego mentre mi trovavo là per suonare con Albert King. Mi venne in mente questa canzone mentre ero nella mia stanza d’albergo; poi ne scrissi un’altra Too Many Women. La incidemmo a Memphis, anche se avevo un piccolo studio a Clarksdale dove in quel periodo incidemmo ad esempio un singolo di Lonnie Shields, Cheatin’ Woman, ma per la mia canzone era necessario uno studio più grande.
Per quanto tempo hai suonato con Albert King?
Circa un anno, avevo investito nel mio studio e dato che avevo prodotto quel singolo per Lonnie, Jim O’Neal si interessò a me e mi propose di registrare. Ma come dicevo, volevo il suono di una big band per quel pezzo e lo studio era davvero troppo piccolo, volevo un organo Hammond e una sezione fiati. Credo che il singolo sia ancora disponibile sul sito di Jim, ma le ho incise anche sul mio nuovo album.
Hai suonato anche con Big Jack Johnson?
Oh sì, ho suonato con lui per tutta la vita. Abbiamo registrato il suo primo disco solista Oil Man e nello stesso giorno registrammo anche il disco di Frank Frost, Midnight Prowler, entrambi per la Earwig. La band era la stessa in entrambi i dischi, ed io suonai la batteria sul disco di Big Jack e batteria e chitarra su quello di Frank. Su alcuni pezzi invece c’era Sam Carr alla batteria.
Hai suonato anche dal vivo con Big Jack?
Certamente, non solo nel Mississippi, ma ho anche viaggiato con lui per festival a Chicago e in California.
Hai già avuto occasione di venire in Europa?
Sì, sono già stato lo scorso anno a Zurigo e in Germania. Sono anche stato in Australia con Sam Carr.
E’ vero che hai suonato con un telepredicatore?
Sì è vero. Mi sono unito a questa chiesa per diversi anni e per sette o otto anni ho suonato per questo telepredicatore che si chiamava Rod Parsley; poi sono tornato alle mie radici blues. A dire il vero ci sono rimasto per più tempo di quanto avrei pensato all’inizio. Ovviamente era una musica diversa, ma non ho nulla di negativo da raccontare al riguardo.
Dove vivevi in quel periodo?
A Columbus, Ohio, ma ora vivo in Arkansas, vicino a Marvel.
Cosa rappresenta il tuo disco solista dello scorso anno (2011)?
Volevo che rispecchiasse quel che sono, e metterci dentro tutto quello che mio padre mi ha insegnato, anche per scoprire chi sono come musicista. Per questo volevo farlo da solo, senza basarmi sull’abilità di altri musicisti. Ma il prossimo disco sarà totalmente diverso e sarà con una band; sicuramente ci sarà ‘Popcorn’ Louden, l’ex batterista di Michael Burks che ora suona con me. Probabilmente registreremo a gennaio a Memphis, mi piacerebbe ci fossero anche altri artisti come Anson Funderbugh, Preston Shannon e Billy Gibson, gente così e fare un disco di stampo tradizionale, vicino ai suoni del Delta, col contributo che ognuno di questi musicisti può portare.
Cosa suonerai stasera?
Penso che la gente qui voglia ascoltare del vero blues, nient’altro. Penso che questo sia quello da cui ho iniziato, molti musicisti si allontanano poi dai vecchi suoni, io ci metto il mio vissuto e cerco di restare fedele alla musica.
Come vedi il blues oggi a Clarksdale e dintorni?
A Clarksdale ci sono programmi per insegnare il blues ai bambini, ma il problema è che sono fatti da bianchi che hanno imparato a loro volta a suonare pochi anni fa da quei neri che lo sanno suonare, ma non lo sentono davvero. Per come la vedo io il blues è uno stile di vita e se non viene dal cuore non funziona, anche se le mani eseguono correttamente le note.
Ho conosciuto Carla nel 2003 quando suonava con John Weston.
Lei suona davvero come piace a me, non fa molte note, non è appariscente, ma suona esattamente quello che serve al brano. E’ questo che John le ha insegnato e fa una differenza enorme. Mi ricordo una volta avevo un tastierista che suonava velocissimo, tutto il contrario!
Ci sono problemi per trovare ingaggi?
No, se suoni blues ci sono sempre occasioni, mi piacerebbe suonare in Italia.
Hai suonato spesso ai festival di Helena, King Biscuit, e Clarksdale, Sunflower?
Sì ci ho suonato. Diciamo che a Helena la situazione è migliore, la musica è vera ed è più organizzato; ho l’impressione che a Clarksdale ci sia troppa politica e a volte hanno programmato musicisti che di blues avevano poco.
Suoni anche acustico a volte?
Sì, suono da solo spesso, ho un paio di chitarre acustiche, ma come dicevo, il prossimo disco sarà con la band.
Dopo diversi anni con Michale Burks com’è suonare con Roy?
Popcorn Louden: Il blues che suonavo con Michael aveva un taglio più esplosivo e contemporaneo, ma non disdegnava i suoni del Delta. Con Roy mi trovo molto bene perché è a sua volta un ottimo chitarrista ma lo stile è più tradizionale, il che mi spinge a lavorare diversamente come musicista ed esprimere me stesso in un altro contesto. Roy mi ha chiamato dopo la morte di Michael, erano amici, è stato un momento triste, poco prima dei Blues Awards in cui Michael era candidato come chitarrista dell’anno. Parlammo a lungo, e dopo qualche giorno mi chiamò chiedendomi di suonare con lui. Musicalmente c’è stata una connessione immediata e questo aiuta molto a costruire qualcosa insieme. Apprezzo davvero molto quello che si è creato, pur in una situazione molto dura e ringrazio Roy di avermi dato la possibilità di suonare.
Che differenza c’è tra suonare con John Weston e ora con Earnest ‘Guitar’ Roy?
Carla Roy: Beh, John non era un bassista, ma incorporava parti di basso nella sua musica. Gli chiesi di insegnarmi a suonare il basso così avrei potuto suonare con lui. Rispose che non sapeva suonare il basso! Io volevo imparare le sequenze di note che suonava, i giri di basso e così feci. Per un breve periodo mi trovai anche a suonare la batteria, perché il suo batterista se ne era andato. Ma poi tornò e così mi concentrai di nuovo sul basso. Dopo qualche tempo il batterista se ne andò ancora e stavolta non tornò; perciò decisi di suonare la grancassa con John, lui non era molto convinto ma ci lavorammo un po’ e alla fine riuscimmo a ottenere un buon risultato. Anche perché John suonava l’armonica, cantava e suonava la chitarra e doveva concentrarsi su quello. Comunque poi sono passata al basso, e quando ho conosciuto Earnest sono migliorata molto, gli facevo capire cantando quello che volevo che mi insegnasse.
Earnest Roy: Per lei è stato più facile imparare da qualcuno che suona il basso come me, per comprendere meglio quello che suonava, così ha la possibilità capire quello che suona e approfondire quel che già suonava con John. Ha imparato a suonare le parti di basso, mio padre invece suonava le parti di basso sulla chitarra insieme agli accordi, ma a volte non erano proprio le stesse linee di basso che ci sarebbero volute.
Carla Roy: A volte è stata una scoperta, quando trovo le note giuste per dare corpo ad un brano, mi trovo a pensare “ah è proprio così che va fatto”!
(Intervista realizzata a Lucerna, Svizzera, il 17 novembre 2012)
Marino Grandi, fonte Il Blues n. 123, 2013