Elizabeth Cotten - Live! cover album

Elizabeth ‘Libba’ Cotten, una ormai miracolosa leggenda vivente, sembra aver realizzato il disco di chitarra più bello dell’ultimo anno.
Alcuni tratti di questo personaggio possono in qualche modo indulgere nel dilatarne i contorni reali, come la sua voce irrimediabilmente spezzata ed affievolita ed il suo viso pieno di rughe ma luminoso, ma al di là della tenerezza che la Cotten può inevitabilmente ispirare in chi ama la sua musica da almeno 30 anni, questo disco si fa apprezzare ed amare per la musica contenuta, pura musica strumentale suonata con una tecnica impeccabile malgrado l’età.
Il precedente album, When I’m Gone, non aveva aggiunto molto a ciò che si sapeva della chitarrista ma questo LP, pur riproponendo molti dei suoi brani classici, sembra offrire una dimensione più reale e più emozionante, un’immagine sonora che non è contenuta nei primi tre dischi.

Questa è la Elizabeth Cotten degli spettacoli ‘live’, con gli inviti ripetuti al pubblico a cantare insieme a lei, con le lunghe introduzioni ai brani che sono spezzoni della sua vita musicale e non e, last but not least, con uno stile musicale che incanta inevitabilmente gli ascoltatori.
Gli eccellenti momenti chitarristici di Freight Train, Washington Blues, Vastopol, Spanish Fandango rivelano una esecutrice raffinata, che varia i suoi temi aggiungendo passaggi e variazioni, con un senso del tempo e della sincopazione ottimi ed esecuzioni limpide. C’è gran parte dell’essenza della chitarra tradizionale americana nei bassi alternati di Libba Cotten, con in più l’ennesimo esempio miracoloso di come una tecnica non ortodossa, ‘scorretta’ o quantomeno inutile per qualsiasi altro chitarrista possa sostenere ed esprimere una intera concezione musicale.
Il disco rappresenta e tipicizza bene il repertorio della chitarrista, fatto di scampoli di ragtime e blues e di brani religiosi di varia provenienza: emblematico il brano di chiusura, ‘Till We Meet Again (inciso originariamente come strumentale in Shake Sugaree del 1967), cantato in qualche modo, in modo veramente commovente, dalla voce ormai inesistente della Cotten, una delle perle più luminose della tradizione nordamericana.

Arhoolie 1089 (Old Time Music, Folk, Country Blues, 1984)

Maurizio Angeletti, fonte Hi, Folks! n. 9, 1984

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