Elvis Presley

Come diceva Greil Marcus, la carriera artistica di Elvis Presley “ha quasi avuto l’intento di riassumere in essa l’America stessa”. “Elvis”, dice ancora Marcus, “era l’America e lo sapeva. Bruce Springsteen non è sicuro che l’America esista ed ecco perché, continuamente, nelle sue canzoni cerca di trovarla.”

Elvis è stato l’incarnazione dell’America (tutto il meglio e tutto il peggio di essa) sia da vivo che da morto. Probabilmente da morto dell’America ha incarnato solo la parte peggiore… Nel libro Dead Elvis, sempre di Greil Marcus, tra le tante documentazioni scioccanti del culto pagano del dio Elvis cominciato esattamente il giorno stesso della sua morte, appare questa incredibile preghiera di una fan al cantante: “Caro Elvis (…), ti adoro. Il mio sonno è tutto fatto di desiderio per te. Cerco di farmi una ragione della mia vita quotidiana, ma tutto svanisce di fronte alla tua immagine sempre presente nella mia mente. Sono così ipnotizzata da te che non riesco più a sopportare l’esistenza senza la tua presenza (…). Non importa con quale uomo io sia, è sempre te. Elvis devo confessarti una cosa: sto portando dentro di me tuo figlio. L’ultimo imitatore di Elvis con cui ho scopato portava dentro di sé il tuo sacro seme. Vi prego: mandatemi dei soldi…”.

Non crediate che la donna, Joni Mabe, autrice di questa folle preghiera scritta il giorno dell’anniversario della morte di Elvis del 1983, sia un caso isolato. La chiesa di Elvis esiste realmente. Ma questa è l’America, baby… Così come è America l’ennesimo cofanetto retrospettivo pubblicato per celebrare i venticinque anni dalla sua scomparsa (Today, Tomorrow & Forever), pubblicizzato come composto di 100% inediti (perché cento sono i brani inclusi). In realtà di inedito ce n’è uno solo, un’interessante registrazione al pianoforte (The Fool) di Elvis durante il servizio militare in Germania, mentre il resto è composto da alternate take di brani già conosciuti. Elvis era un perfezionista, in studio, e allora ecco qui la take numero 48 di Doncha’ Think It’s Time

È America (anche se è uscito prima in Inghilterra) anche il ridicolo remix ad opera dei JXL (ed Junkie XL) utilizzato per lo spot televisivo della Nike, di A Little Less Conversation, diventato il diciottesimo numero uno nella classifica inglese del cantante, festeggiato a colpi di champagne dagli avvoltoi della Elvis Presley Estate che così hanno potuto battere i Beatles (diciassette numeri uno in classifica). In America, ai primi di luglio, il singolo aveva debuttato direttamente al numero 50 della classifica di Billboard, diventando così il più grosso successo di Elvis dal 1982 (per la serie: i morti possono sempre andare in classifica).

Ovviamente a questa scelleratezza farà seguito il disco completo: Elv1s 30 # 1 Hits (Elvis scritto proprio così, con un ‘1’ nel nome) è programmato in uscita il 24 settembre e raccoglie trenta numeri uno del povero Elvis (vedi il sito elvisnumberonehits.com).
Meno di cattivo gusto è invece la colonna sonora che la Walt Disney ha confezionato per il divertente cartone animato Lilo & Stitch: se sulla carta sembra un’ennesima speculazione (contiene cinque brani di Elvis, più Burning Love rifatta da Wynonna e una versione dance di Can’t Help Falling In Love ad opera dei A*Teens) bisogna vedere il film per capire che l’operazione è riuscita. La protagonista, infatti, una ragazzina hawaiana con seri problemi familiari, per tirarsi su il morale ascolta Elvis.

Ed è America, infine, il fatto che Graceland sia il luogo più visitato degli States subito dopo la Casa Bianca, con milioni di turisti ogni anno. Ma Elvis era ed è la voce dell’America: nella sua fuga da una città di miserabili in cui lo attendeva solo un futuro da miserabile, lui ha trovato il sogno americano, anzi, qualcosa di ancora più grande, qualcosa di così tremendamente grande che ha finito per schiantarlo.

Nel grido di gioia e di liberazione che esce fuori da tutte le sue registrazioni del periodo Sun (una su tutte: Mystery Train, ovvero riuscire a strappare al diavolo la ragazza che ami. Chi prima di lui aveva cantato quella canzone, e cioè la Carter Family con il titolo di Worried Man oppure Junior Parke, ne era sempre uscito perdente: il diavolo ti fotteva sempre…), nella trappola dorata di Hollywood e dei film idioti che fu costretto a recitare (Hollywood Babilonia: questa è America, baby…), nella tronfia pomposità dei concerti a Las Vegas, di un uomo grasso e sfatto che deve recitare se stesso; “Elvis ci mostra il grandioso spettacolo dell’opulenta sicurezza americana, è la sua versione del sogno del ‘vincitore si prende tutto’”. (Greil Marcus, Mystery Train).

Elvis era molto di più del sogno americano che sognano le persone normali: “Un uomo che si è fatto da solo è piuttosto noioso, ma un re che si è fatto da solo è qualcosa di diverso” (Greil Marcus, op. cit.). Per questo, a venticinque anni dalla sua morte, Elvis e il suo sogno devono obbligatoriamente rimanere vivi: cosa altro potrebbe rimanere a questa povera America, colpita al suo interno da un presidente ignorante come un mandriano e dall’esterno dalla minaccia di un altro 11 settembre? A costo di inventarsi la chiesa di Elvis Presley o un altro cofanetto inutile o un numero uno in classifica che di fatto non esiste neanche.

C’è solo un modo per ricordare la grandezza di quella voce, giustamente definita ‘soprannaturale’, la più bella voce (solo Frank Sinatra può stargli accanto) che la musica americana del Ventesimo secolo abbia saputo trovare, venticinque anni dopo che il Re è morto seduto sulla tazza del cesso di Graceland (che morte, per un re, eh?). Andate a recuperarvi il DVD del primo concerto dopo anni di assenza dalle scene, Elvis – That’s The Way It Is, a Las Vegas nel 1970, che nella nuova edizione comprende anche delle eccezionali e divertenti prove in studio in cui Elvis appare come un preparatissimo direttore d’orchestra, capace di insegnare a ognuno le sue parti. Quel concerto diventerà il vostro concerto preferito di tutti i tempi, credetemi. Quando assisterete a quei quasi dieci minuti di una epocale Suspicious Minds, dimenticherete ogni altro live della vostra vita…

Anche se il 13 agosto è uscito un nuovo DVD, anzi un cofanetto di tre DVD, Elvis: The Great Performances. Puzza però ancora una volta di ennesima raschiatura del fondo, e il consiglio è di lasciarlo perdere, a meno che non abbiate mai visto un video del Re. Il primo DVD contiene performance televisive, dalla prima del ’56 all’ultima del ’77. Il secondo DVD contiene estratti dal film concerto Aloha From Hawaii e soprattutto il comeback del ’68 (compratelo subito dopo il live a Las Vegas del ’70), ma quello bisogna vederlo integrale, così è proprio una cazzata.
Il volume 3 contiene sempre le stesse apparizioni televisive del primo DVD ma commentate da Sua Maestà Bono (e cosa centra quest’irlandese cresciuto ascoltando musica punk con Elvis, con tutti gli americani che avrebbero potuto esserci al posto suo, qualcuno me lo spieghi).

Quando vide Elvis dal vivo proprio durante quel concerto di Las Vegas del ’70, il grande Lester Bangs scrisse di aver avuto “un’erezione del cuore”. “C’era sempre qualcosa di soprannaturale in lui”, disse ancora Bangs. “Elvis era una forza della natura. Ma era anche un cretino. Un cretino di campagna un po’ più intelligente del suo mulo, che quel giorno si recò in uno studio a incidere un disco per la sua adorata mamma, e da cui non tornò più indietro. Perché mai un corpo umano avrebbe potuto contenere simultaneamente due entità così opposte fra loro? Solo se proveniva da un altro mondo…”.
Elvis è l’America, tutta intera. Soprannaturale e cretina.

Paolo Vites, fonte JAM n. 85, 2002

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