Eric Clapton festeggia l’happening di ben ventiquattro serate consecutive di concerti alla Royal Albert Hall di Londra con un album doppio, The Definitive 24 Nights, che ripropone parte dei brani suonati nell’occasione. La novità di questi concerti, e di conseguenza del disco, è la suddivisione del repertorio in quattro performance diverse che prevedono la leadership del Nostro in quartetto, in una band di nove elementi, con alcuni grandi bluesmen e addirittura con la National Philarmonica Orchestra. Ciò che ne nasce è un lavoro eclettico, molto ben congegnato, in grado di spaziare attraverso i trent’anni di una carriera da favola.
The Definitive 24 Nights si apre con Clapton a capo di un quartetto formato da Greg Phillinganes alle tastiere, Nathan East al basso e Steve Ferrone alla batteria a cui si aggiunge, ma solo nel brano Sunshine Of Your Lave”, Phil Collins al tamburello; il primo pezzo è Badge, scritto insieme a George Harrison e lanciato ai tempi dei Cream, segue White Room, sempre di quel periodo, Running On Faich e la già citata Sunshine Of Your Love.
Clapton è ancora il grande musicista che conoscevamo al momento in cui queste incisioni apparvero per la prima volta: chitarra magnificamente impostata, ‘solo tiratissimi’ nel bel mezzo di brani essenziali, ma centratissimi. Ma la parte in cui Eric si esalta maggiormente è forse la seconda, quella in cui è accompagnato da autentici bluesmen quali Buddy Guy, Robert Cray, Jimmy Johnson e Jerry Portnoy.
Sfilano pezzi come Worried Life Blues di Bi Maceo, Hoodoo Man di Junior Wells e ‘Watch Yourself dello steso Guy e qui l’anima blues trasuda feeling e brividi di piacere di antico sapore.
La terza parte presenta nove musicisti, per la precisione il quartetto precedente a cui si aggiungono altre tastiere e backing vocals impegnati in brani tratti dal suo periodo solista: Wonderfull Tonight, Old Love e Pretending; mentre la quarta chiude in modo inedito nel bel mezzo di una performance orchestrale presentando Bell Bottom Blues, Hard Times e Edges Of Darkness.
Questa capacità camaleontica di apparire con le più svariate formazioni non sta a sottolineare la bravura del musicista, che del resto non ha nulla di ulteriore da dimostrare, ma piuttosto che c’è sempre la possibilità di fare buona musica quando si è in possesso di una sensibilità musicale non comune e una perfetta conoscenza di un repertorio che è stato sviscerato fin da teen ager.
Clapton ha introiettato il blues ed ora esso può fluire nelle sue più svariate manifestazioni senza più destare alcun problema o perplessità.
Reprise-WEA 7599-26420-1 (Blues, Roots Rock, 1991)
Roberto Caselli, fonte Hi, Folks! n. 50, 1991
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