Questo è uno di quei classici dischi eccezionali che per qualche ragione (scarsa reperibilità, completo disinteressamento), passerà inosservato. Dal canto mio aspettavo da diversi anni una string band di otm odierna che eseguisse magistralmente del ragtime e che andasse oltre la tante volte meccanica, anche se perfetta, interpretazione sul solo pianoforte a sei corde (c/o la serie dedicata a questa musica da chitarristi finger-pickers su etichetta Kicking Mule).
Nella otm su disco (al contrario di quella dal vivo) sono sempre state scarse le band con strumenti a corda dedite al ragtime; una ragione è che il mercato discografico dell’epoca disdegnava questa forma musicale colta (ma, alla fin fine, un parto della minoranza di colore), preferendo dei prodotti a sicuro e preciso indirizzo etnico, come i race-records (dai negri, per i negri) o gli old-time familiar tunes (diretti per la maggior parte ai bianchi).
In questo modo abbiamo avuto solo sporadiche incisioni con influenze più o meno ragtime: la Scottdale String Band, gli Allen Brothers, i Georgia Yellow Hammers, la Dallas String Band, i Mississippi Mud Steppers, qualche jug-washboard band e dei chitarristi di colore (Blind Blake, Blind Willie McTell, Bo Carter, Big Bill Broonzy, Rev. Gary Davis etc.) e bianchi (Sam McGee, Dave Miller, Frank Hutchison, Jimmie Tarlton, Dave McCarn etc.) che adattarono la particolare tecnica pianistica al loro strumento.
L’album in questione presenta una carrellata di composizioni di autori minori che vanno dal 1899, Doc Brown’s Cakewalb di Charles L. Johnson (autore nel 1906 della famosa, divenuta poi un fiddle tune standard, Dill Pickles Rag) al 1909 Porcupine Rag dello stesso C.L. Johnson, con brani di E. Harry Kelly, A. Pryor, Charles A. Gish. Oltre ad essere degli eccellenti musicisti ed esecutori, Kevin Sanders (chitarra), Pat Ireland (fiddle) e Dennis Pash (mandolino), rivolgono la loro attenzione alla ricerca di titoli inediti di compositori semisconosciuti in Missouri, interpretando il più fedelmente possibile le partiture originali.
Pur essendo quindi una musica scritta, e questa è la principale grandissima differenza con l’old time music di trasmissione oro-aurale, tuttavia riserva all’ascoltatore una genuinità ed una fluidità davvero sorprendenti: nessun passaggio stereotipato, niente di accademico, ma un’assoluta coesione, un perfetto bilanciamento tra gli strumenti, tanto calore ed impegno. In definitiva un album che passerà certamente nella storia della buona musica, alla faccia di tutte le etichette!
Moon 200 (Old Time Music, 1979)
Pierangelo Valenti, fonte Mucchio Selvaggio n. 29, 1980