E’ finalmente uscito il tanto atteso (da me, almeno) album di questa band californiana di cui già avete letto sulle pagine di Hi, Folks! (n. 1, smemorati!). L’album è una fedele rappresentazione della musica della band nelle sue diverse sfumature, che vanno dal bluegrass, al gospel tradizionalissimo, al western-swing, a country in genere, ed è un ottimo album, con tutte le carte in regola per soddisfare anche le orecchie più critiche ed esigenti.
The Good Ol’ Persons hanno la propria forza in alcuni punti di interesse; le voci principalmente, con una grande Kathy Kallick al lead, Bethany Raine a tenor, high baritone e occasionali lead, e Sally Van Meter al baritone, di tanto in tanto aiutate da John Reischman e Paul Shelasky. Cori semplicemente perfetti e sempre adeguati ad ogni atmosfera: eterei nel gospel I Will Arise e nella canzone d’amore Kissin’ Comes Easy, grintosi nella bluegrassistica I Can’t Stand To Ramble, un po’ scanzonati nella western I’m Satisfied With You.
Kathy Kallick è autrice di sei dei pezzi dell’album, ed il suo ottimo gusto compositivo trova ideale espressione nel suo modo di cantare, sicuro, rilassato, sempre controllato. Ma anche dal lato strumentale i ‘punti di forza’ si sprecano: John Reischman, qui in veste anche di autore con gli strumentali Itzbin Reel (vagamente grismaniano) e Get Up, Go To Work (decisamente ispirato da Bill Monroe), gode già di discreta fama per le sue incisioni con la Tony Rice Unit (e sicuramente vedrà la propria fama accrescersi proprio per le composizioni di quest’album).
Dal canto suo Paul Shelasky si dimostra fiddler degno della massima considerazione, e la sua originale ‘voce’ fa da perfetto complemento a quella del mandolino della Reischman. China Camp, sua composizione, diventerà certamente un classico del ‘parking lot picking’ dei festival californiani, sempre se la tecnica dei ‘pickers’ lo consentirà…
Sally è molto migliore al dobro di quanto avevo avuto occasione di sentirla a Strawberry, e qui suona anche il banjo, purtroppo con poca grinta anche se bene, in modo pulito e sicuro intendo dire, dal lato puramente tecnico.
La sezione ritmica di Kathy e Bethany a chitarra e contrabbasso è impeccabile, e gli altri strumenti hanno la possibilità di scintillare nel back-up e nei ‘solo’ senza la minima fatica. Anche qui si nota che le tecniche sono quelle del bluegrass, anche quando sono applicate a pezzi non bluegrass: l’impronta di base è costante, ma diversi sono i suoni e gli umori che impregnano l’album.
In sintesi, una buona fusione di vari generi musicali, sicuramente gradita ai tradizionalisti quanto agli amanti di quei generi di (buona) musica acustica che nel bluegrass affondano le radici: la New Acoustic Music può avere anche una diramazione vocale, e The Good Ol’ Persons ne sono degnissimi esponenti.
L’album è ferocemente raccomandato, senza la minima ombra di dubbio.
Kaleidoscope F-17 (Bluegrass Moderno, 1983)
Silvio Ferretti, fonte Hi, Folks! n. 7, 1984
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