I dieci migliori dischi country degli anni ’90 secondo Gloria Tubino.
FAITH HILL, Take Me As I Am (Warner Bros., 1993)
Ne è passato di tempo da quando quella bionda ragazza in camicia bianca, jeans e piedi scalzi ci chiedeva di prenderla così com’era (Take Me As I Am). Per me era the ‘wild one’ cresciuta nel profondo Sud in una piccola cittadina di appena 1500 abitanti Star, Mississippi. Adesso le cose sono cambiate ma io non mi rassegno! La vera Faith Hill è quella del 1993, quella che apriva per George Strait e Reba, quella che concentrava il suo successo sulla sua musica: canzoni stupende sono Piece Of My Heart, Wild One. Ora per tutti è diventata semplicemente Faith, le riviste puntano i riflettori sui suoi tagli di capelli e il suo look è stato stravolto dalle esigenze delle case discografiche: una nuova diva creata per un pubblico che si è perso il meglio di quest’artista che così facendo ci ha rotto un altro ‘pezzo del nostro cuore’
ALAN JACKSON, Who I Am (Arista, 1994)
‘Big Al’ non ha mai mancato un obiettivo: ogni suo disco è sempre stato un successo, ma un posto particolare lo merita Who I Am compendio di grande musica country. Questo è l’album che faccio ascoltare a chi mi chiede cosa sia la musica country. Superba la cover di Summertime Blues ma ancora più strabiliante quella di Gone Country. Le sue canzoni si contraddistinguono per una delicatezza particolare (“you cant’t give up on love” – Living On Love) e una forza travolgente: in poche parole: il tocco magico di un vero cowboy.
ALABAMA, Greatest Hits Vol. III (Bmg, 1994)
Può risultare un scelta banale ma di un gruppo così prolifico non potevo fare a meno di scegliere una raccolta di successi. La voce inconfondibile, calda e avvolgente di Randy Owen, le mani fatate di Jeff Cook (nominato dalla rivista Guitar Player uno tra i primi tre Top Guitarist in circolazione) creano atmosfere magiche che risvegliano antiche sonorità di un tempo passato. Si incomincia con due inediti (Give Me One More Shot, We Can’t Love Like This Anymore) e poi si apre il sipario sulle tracce musicali che hanno lasciato un segno indelebile nella storia della musica country Tennesse River il loro primo singolo a diventare numero uno nel maggio del 1981 (il primo di una lunga serie: ben 42!) e poi la classica ballad When We Make Love, il dinamico pezzo If You’re Gonna Play In Texas (ode al violino). Ancora un classico struggente (There’s No Way e poi uno dei miei favoriti I’m In A Hurry And Don’t Know Why) dal leggendario album American Pride. Insomma 11 perle musicali per avere un’idea di chi sono gli Alabama e dell’importanza che hanno avuto nella storia della musica country. Questa è un’occasione da non perdere, un disco che deve assolutamente trovare un posto di riguardo in una collezione country. Niente a che vedere con gli Alabama di oggi che hanno abbandonato quelle sonorità con le quali hanno cavalcato la cresta dell’onda per più di 20 anni: quell’onda che li ha raccolti sulla spiaggia di Myrtle Beach, South Carolina quando ancora si chiamavano Wild Country e li ha portati verso le note dorate di Nashville.
ALISON KRAUSS & UNION STATION, Every Time You Say Goodbye (Rounder 1992)
Quando Ken Irwin co-proprietario della Rounder l’ascoltò per la prima volta, Alison aveva solamente 14 anni e rimase totalmente estasiato dalla grazia e perfezione che caratterizzavano il suono del suo violino. Alison Krauss incise il suo primo lavoro a soli 16 anni. Ciò ci fa capire che ci troviamo di fronte ad un vero prodigio, una virtuosa del violino che col tempo ha perfezionato la sua tecnica, raffinato il suo stile, fino a giungere a Every Time You Say Goodbye, un piacevole classico di incantevole ascolto che contribuisce a mantenere blu l’erba del nostro giardino musicale. La sua voce particolare (che non tutti apprezzano) si sposa perfettamente con i caldi suoni della band. L’album rappresenta una delle più belle vittorie della bluegrass-country music sul pop-rock che proprio agli inizi degli anni ‘90 incominciava ad insinuarsi pericolosamente tra le note nashvilliane. In questo lavoro sono compresi anche alcuni brani di tradizione gospel (Jesus Help Me To Stand – Shield Of Faith). In poche parole questo disco corre via tutto d’un fiato: 40 minuti di favoloso bluegrass da 5 grandi artisti che in nome della tradizione e delle antiche radici hanno rifiutato i contratti miliardari offerti loro dalle case discografiche per strapparli alla Rounder: una scelta che ha contribuito a preservare un patrimonio di melodie che nelle mani sbagliate sarebbe potuto diventare solamente accozzaglia di suoni. Mi auguro quindi che il gruppo non perda mai quella country road che li porta verso i nostri cuori e lontano dalla musica di massa.
GEORGE STRAIT, Pure Country (MCA, 1992)
Il cowboy gentiluomo nella sua carriera ha cavalcato soltanto un cavallo di nome Pure Country nella Heartland dove il violino e la steel guitar sono la voce del cuore dell’America vera. Ecco perchè adoro George Strait: suoni puri, country vero, elementi chiave di questo album che mi ha definitivamente strappato al rock per portarmi nelle fantastiche praterie della Dixieland dalle quali non ho più fatto ritorno. Come posso abbandonare la voce di George Strait, che, con il tempo, acquista sempre più calore, sempre più forza? L’inizio è travolgente con Heartland, poi si riprende fiato con Baby, Your Baby e I Cross My Heart. Ci si tuffa in un mare di honky tonk con Overnight Male e poi si sospira d’amore con Last In Love. Non dimenticatevi di fare la conoscenza di The King Of Broken Hearts, non rimarrete delusi!
LONESTAR, Lonely Grill (BMG, 1999)
Certo ne hanno fatta di gavetta prima che la loro stella solitaria brillasse di luce dorata nel firmamamento musicale. Hanno dovuto attraversare l’America a bordo di un vecchio Cherockee suonando nei piccoli honky tonk bar con il nome di Texassee. Quelle loro crazy night li hanno preparati al grande evento della loro carriera: Lonely Grill. In questo album i 4 texani (il quinto elemento John Rich ha abbandonato per la carriera di solista… si starà mangiando le mani e ..strappando i baffi!!) appendono i loro Stetson e le loro camicie sgargianti per assumere un’aria da bravi ragazzi di città. Non solo il look della band è stato rivisitato rispetto agli anni precedenti, ma anche il loro stile musicale: più schitarrate, meno, molto meno pedal steel e violino. Nonostante queste modifiche il loro sound risulta vincente: 102 settimane in classifica su Billboard.
C’è una sola parola per descrivere tutto ciò: amazing! I testi (forse a volte troppo melensi) restano impressi (Amazed, Tell Her) i ritmi sono travolgenti e pieni di vitalità. Carta vincente è la voce di Richie McDonald. Per due anni i Lonestar ci hanno dato la carica con canzoni come Simple As That, Don’t Let Talk About Lisa (che considero un must da autoradio, sicuramente da inserire in qualche truck driver compilation). Poi è arrivato I’m Already There ma noi eravamo ancora ‘amazed’ da Lonely Grill e non ci siamo neanche accorti che loro ‘erano già lì’.
SHANIA TWAIN, The Woman In Me (Mercury, 1995)
Mi piace Shania Twain. Le difficoltà che ha dovuto affrontare durante la sua vita hanno fatto emergere la donna forte che è in lei; la sua grinta, il suo coraggio le hanno aperto le porte di un successo travolgente. The Woman In Me resterà il miglior lavoro di Shania. Il meglio della sua produzione passata e futura è racchiuso in queste 12 canzoni: l’ironia sottile di Any Man Of Mine, la dolcezza della title track, le coinvolgenti sonorità di Whose Bed Have Your Boots Been Under (canzone madre di tutte le line dance songs). Ecco i capolavori di un’artista ormai lontana da Timmins, Ontario, protesa verso un successo mondiale che non prevede cure ad attenzioni particolari per le sonorità country. Godiamoci allora questo gioiello di una country girl che ha preferito un castello in Svizzera al tipico ranch immerso nel verde americano. Il pop ce l’ha portata via, la sua voce fa capolino spesso nelle radio italiane come artista pop-rock (oihbò!), i deejay passano i suoi ultimi successi furbescamente europeizzati ignari del tutto che dietro a Come On Over si nasconde un tesoro di melodie che non verranno mai a galla. Il pubblico in Italia conosce Shania solamente grazie al suo ultimo lavoro, ma non sa che nel 1995 la stessa ragazza è piombata nelle classifiche americane con brani stupendi come Is There Life After Love?, If It Don’t Take Two. Provate ora a dire che “ciò non vi impressiona poi tanto!!”
BROOKS & DUNN, Brand New Man (Arista, 1991)
Impossibile escluderli da una qualsiasi classifica. Un esordio strepitoso che ha spianato loro la strada verso un successo travolgente che li fa volare alti da più di 10 anni. I segreti del duo sono racchiusi nella splendida intesa che corre tra Kix e Ronnie; lo si avverte in ogni canzone: nessuno prevale sull’altro, ognuno fa affidamento sulla profesionalità del compagno ed entrambi sanno supportarsi musicalmente con maestria. E’ così che nascono Cool Drink Of Water, Neon Moon, Still In Love With You, Boot Scootin Boogie (classico della line dance). Azzeccatissimi i brani-racconti che il duo presenta all’interno di ogni album; mi è rimasto impresso un passaggio chiave: “Quanto andrai lontano?” chiede Brooks. “Più che posso” risponde Dunn,… Aveva ragione!
DIXIE CHICKS, Wide Open Spaces (Monument, 1998)
Il Texas ha dato molto alla musica country, il Texas è la musica country. Con questo album d’esordio le pollastre di Dallas ci hanno aperto ‘spazi sconfinati’ su un mondo fantastico fatto di sonorità indimenticabili. Chi, come loro, riesce a unire buoni testi, ottime esecuzioni (Martie al violino e Emily al banjo sono superbe) melodie azzeccate e naturalmente bella presenza? Classiche ballads come Loving Arms, Am I The Only One si alternano a vigorosi pezzi come Tonight The Harthache’s On Me, Let’ Er Rip. Un disco imperdibile perchè secondo me rappresenta il manifesto della nuova musica country: quella vera, incontaminata, ricca di honky tonk, fedele al violino, seguace del banjo.
KENNY CHESNEY, Everywhere We Go (BMG, 1999)
A proposito di bella presenza di cui si parlava poco fa…ecco Kenny Chesney sempre presente nelle classifiche dei più belli di Nashville. Questo giovane ragazzo lauraeto in marketing all’Università del Tennesse si è fatto strada nel panorama musicale grazie alla sua inconfondibile voce e alle sue ottime doti di songwriter. L’album rappresenta per me il meglio della sua produzione. Si incomincia con What I Need To Do (un incipit pianoforte-violino che fa volare il cuore.. per lo meno il mio). Poi via via gli altri successi, You Had Me From Hello, How Forever Feels, Kiss Me Kiss Me Kiss Me e la fortunatissima She Thinks My Tractor’s Sexy. Una nota particolare per Baptism (un duetto con Randy Travis), per la title track scritta da Paul Overstreet (maestro di dolcezza) che risuona spesso nella mia mente… l’amore va dovunque noi andiamo; e poi l’inno alla vita Life Is Good (l’erba è verde e Dio sorride su di noi), una carica positiva che non guasta mai. Un CD da ascoltare quando fuori piove, quando dentro il nostro cuore fa freddo, insomma quando abbiamo voglia d’America; un CD che mi fa pensare ogni volta che l’ascolto “thanks God it’s country!”
Gloria Tubino, fonte Country Store n. 62, 2002