I New Grass Revival non si apprezzano facilmente se non partendo da un’ottica rock, e sono spessissimo stati al centro di feroci polemiche riguardanti l’uso di strumenti elettrificati, di batteria ed altri strumenti non country nelle incisioni, di pezzi presi dal repertorio di gruppi rock, di vocalità tipicamente rock e via dicendo. Pochi, però, hanno pensato a tutto ciò mentre la band suonava sull’ampio palco del Ponderosa, e credo che non esistessero facce insoddisfatte o critiche a fianco di quelle quasi estasiate di coloro che amano da sempre i New Grass Revival.
Eppure non c’erano differenze di rilievo nel suono del gruppo rispetto a quello dei dischi, con le dovute eccezioni del suono ‘nuovo’ e trascinante degli strumenti di Bela Fleck e Pat Flynn. A questo punto appare evidente che le ragioni del successo dei NGR stanno nella loro grande professionalità, nel gusto degli arrangiaménti, nella tensione che i loro pezzi sanno creare, nell’altissimo valore di personalità diversissime ma in grado di fondersi in un insieme compatto ed organico.
Sam Bush, a 31 anni, è ormai un caposcuola nell’uso, personale ed al tempo stesso rispettoso della tradizione, di mandolino e fiddle, e la sua voce roca è per tutti il simbolo della vocalità newgrass. Così John Cowan può dimostrare di poter fare tutto con la voce, senza strafare o apparire narcisista.
Per Bela Fleck il discorso è un po’ più complesso, così come per Pat Flynn. Il primo ha saputo in pochi anni assimilare alla perfezione le più diverse tecniche del banjo bluegrass e fonderle con un’incredibile conoscenza del linguaggio jazz: il risultato è uno stile che potrebbe, in momenti diversi, adattarsi senza difficoltà alla musica dei Blue Grass Boys di Bill Monroe come a quella di un gruppo bebop, con una naturalezza e una creatività che rendono difficilmente credibili i 25 anni di questo musicista.
Pat Flynn, da parte sua, è il primo chitarrista nella storia recente della country music che esce dagli schemi stilistici di Doc Watson, Clarence White e Tony Rice e utilizza, con tecnica superba, idee musicali prese dal rock, dal jazz, dal bluegrass, presentandole con gusto raffinato al suono potente della sua Martin elettrificata.
Questa è la super-band che ha presentato al Ponderosa uno spettacolo fra i più vari ed eccitanti che possano oggi offrirsi all’appassionato di country music. Dalla quasi tradizionale Used To Be With You, usata come pezzo di apertura, a One More Love Song di Leon Russell, a Good Woman’s Love, pezzo forte di John Cowan e ormai tanto lontana dalla versione di Bill Monroe quanto un 747 da un carro a buoi, alla ‘hartfordiana’ Steam-Powered Aeroplane, ai gospel Don’t Knock, Just Walk On In e Get Ready (Walkin’ In Jerusalem), il gruppo ha presentato i brani in un continuo cambio d’atmosfera, di tempi, di colori, coinvolgendo il pubblico in un ascolto intenso e riuscendo a tenerlo nel palmo della mano in situazioni difficili, come nei 20 (venti) minuti di Sapporo, e non riuscendo quasi a lasciare il palco dopo i numerosi bis.
Silvio Ferretti, fonte Hi, Folks! n. 3, 1983