Ian Siegal Articolo picture

Siegal non è del tutto nuovo alla pubblicazione di dischi dal vivo, ricordiamo il giovanile Live At The Navigation Waterfront e l’acustico Shake Hands With The Devil (Il Blues n. 90) fino all’uscita lo scorso anno del Live alla Royal Albert Hall, Man & Guitar (Il Blues n. 128). Ora ne pubblica altri due a breve distanza, entrambi registrati dal vivo sebbene il primo non davanti ad un pubblico.

The Picninc Sessions (Nugene 1402) prende origine nell’estate del 2013, quando Siegal si era recato in Mississippi all’Hill Country Picnic di Kenny Brown; nei giorni seguenti il festival, Siegal e un gruppo di amici, Luther e Cody Dickinson (produttore di questo e degli altri due dischi mississippiani di Ian), Alvin Youngblood Hart e Jimbo Mathus, si sono ritrovati per suonare insieme presso lo Zebra Ranch dei Dickinson. Si sono seduti attorno ad un microfono e imbracciati vari strumenti, soprattutto cordofoni, hanno iniziato a suonare. Senza avere l’obiettivo di ricavarne per forza di cosa un disco, si sono messi a suonare per il gusto di farlo, condividendo un sostrato comune nella musica americana tout court.
L’ambiente rilassato e informale, volutamente poco strutturato, si addice molto a Jimbo e soci, sospettiamo infatti che anche le registrazioni della loro South Memphis String Band avvengano in un contesto simile. Ma l’inglese dimostra di adattarsi assai bene e trova una intesa naturale con gli altri, in questo senso interessante aver lasciato tra i dieci brani, sei brevi inserti parlati, scambi di battute tra i musicisti o indicazioni su come affrontare un brano.
Il divertimento e il cameratismo che si viene a creare è avvertibile, sin dalle prime note di Stone Cold Soul, passando attraverso l’omaggio a Townes Van Zandt, Heavenly Houseboat Blues. Chitarre e mandolini la fanno da padrone, dando vita così ad un suono che pesca dalla tradizione folk americana, seppure molti pezzi portino la firma di Siegal stesso. I compari lo supportano anche alla voce, spesso facendogli da controcanto o doppiandone le parti, mentre per il repertorio Siegal attinge a suoi vecchi dischi, come Standin’ In The Morning  per un paio di pezzi, tra i quali brilla Beulah Land dal forte sapore tradizionale, con improvvisi scatti in avanti e rallentamenti.
La voce di Siegal è al solito ruvida e sguaiata, quasi quanto quella di Tom Waits, in special modo su un pezzo vicino al blues come Keen And Peachy, in cui Hart suona l’armonica.  Un paio di episodi erano comparsi  già sul recente Man & Guitar, ci riferiamo a Hard Times (Come Again No  More)  e alla ballata di Tom Russell dedicata al combattimento tra galli, Gallo Del Cielo, un brano che deve piacergli parecchio dato che lo ha inciso unta terza volta nel Live di cui andremo a parlare di seguito. Il disco termina con un’ultima prova del buon umore che correva durante le registrazioni, Only Tryin’ To Survive, con Cody al washborad e di nuovo Mathus in evidenza alla voce, (i due si sono trovati talmente bene che nel novembre scorso Jimbo ha raggiunto Siegal per una serie di date in Europa). Un disco che guadagna, per paradosso, dal non essere stato concepito come tale, in cui la musica acustica di matrice tradizionale ha libero corso e il piacere di ritrovarsi a suonare regna incontrastato.

Diverso, almeno in parte, il discorso per One Night In Amsterdam (Nugene 1501) un live elettrico, registrato al North Sea Jazz Club della capitale olandese nell’aprile 2014. Il concerto vide Siegal accompagnato per l’occasione da un trio di giovani musicisti olandesi con i quali aveva già collaborato in passato e si appresta a farlo di nuovo questa primavera per promuovere il disco. E’ un gruppo compatto, la sezione ritmica è composta da Danny Van’t Hoff e Raphael Schwiddessen, con il chitarrista Dusty Ciggaar alla solista. Siegal è in buona forma e parte lanciato con uno dei suoi pezzi forti, I Am The Train, ponendo una virtuale asticella piuttosto in alto.
Con Kingdom Come e le sue reminiscenze di Rollin’ & Tumblin’ tiene tutti sulla corda, prima di un paio di cover Writing On The Wall di Harry Stephenson (misconosciuto chitarrista di Nottingham) e Temporary, una ballata rock che Siegal introduce con parole di stima verso il suo autore, Ripov Raskolnikov. Meglio però l’autografa Early Grace lenta e dolente con bei passaggi di slide. Poi riecco Gallo Del Cielo in una versione differente e dilatata, con largo spazio alla chitarra di Dusty Ciggaar, i cui interventi innervano anche la successiva Queen Of The Junior Prom. Per gli ultimi due pezzi Siegal è raggiunto alla voce dai fratelli Tess e Joes Gaerthé, membri della band locale Ashtraynutz. Tess duetta con Ian in una buona versione della classica Love Hurts, che ha conosciuto molte versioni a partire da quella degli Everly Brothers, citiamo almeno quella di Gram Parsons e Emmylou Harris. A sorpresa è una ballata dal sapore quasi country Please Don’t Fail Me, scritta dal chitarrista di origine indonesiana Rudy Lentze, chiude in modo pacato il concerto, ancora con le armonie vocali dei fratelli Gaerthé e Dusty Ciggaar alla chitarra steel. Buon live, meno blues però che in altri episodi; Siegal appare comunque a suo agio e stimolato dai giovani musicisti, cui lascia volentieri spazio.

In questi anni l’artista inglese ha saputo costruirsi, disco dopo disco, un repertorio di spessore, dando prova di versatile vitalità. Questi due CD ne mettono in luce lati differenti e forse solo in apparenza distanti, che convivono nella sua personalità, alla ricerca costante di nuove sfide, incontri e progetti.

Matteo Bossi, fonte Il Blues n. 130, 2015

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