J.B. Smith picture

Non sottolineeremo mai abbastanza l’importanza delle ricerche sul campo per la conoscenza della genesi del blues. In primo piano vanno senz’altro messi John e Alan Lomax, i cui libri e dischi (ricordiamo anche quelli, doppi, pubblicati anche in CD, sul folklore di ciascuna regione italiana) hanno aiutato tutti a conoscere misconosciuti quanto seminali personaggi. Come dimenticare poi Lucio Maniscalchi e Gianni Marcucci, che nel 1972 riscoprirono Sleepy John Estes, Hammie Nixon e tutta la scuola di Brownsville pubblicandone poi i dischi in Italia attraverso l’etichetta Albatros. Se le prime registrazioni dei Lomax risalgono al 1933, è una sorpresa oggi ritrovare quelle di Bruce Jackson (uno degli ultimi etnomusicologi) che nel 1964 visitò la prigione di Ramsey State Farm a Rosharon, in Texas, dove raccolse i canti di lavoro, i richiami modulati e le preghiere di J.B.Smith, il prigioniero no.130196. Quando Jackson arrivò nel penitenziario, già molte cose erano cambiate nel mondo folk. Mentre fuori si sviluppava il blues revival, gli antichi canti di lavoro e i richiami modulati venivano ricordati soltanto dai prigionieri più vecchi, mentre i più giovani cercavano di liberarsi di quel retaggio, e del blues, come un brutto ricordo della schiavitù e degli ‘Uncle Tom Days. I canti di Smith quindi sono un legame con le radici, con il passato e le sue tradizioni, un ricordo prezioso di un mondo che andava scomparendo.

Bisogna dire che questo doppio disco è per veri amatori e studiosi della storia afroamericana. Un album solo cantato, con brani lunghi anche 24 minuti come Ever Since I Been A Man Full Grown o 14 minuti come l’evocativa storia vera No More Good Time In the World For Me, altri sono brevissimi frammenti come Drinking That Wine o il parlato On Composition che spiega in poche frasi il suo lavoro. La voce di Smith, tutta giocata su una sola melodia, è prepotentemente evocativa e ricca di pathos e trasmette sensazioni incredibili nel raccontare sentimenti e pezzi di vita quotidiana del nero. Scrive Jackson che la voce di Smith, ma meglio dire la sua opera, è un incrocio fra Omero e John Henry. Un lavoro fondamentale per i puristi. Smith – con l’aiuto di Jackson – fu liberato dal carcere ‘on parole’ (si ripete la storia di Leadbelly) nel 1967 e tre tracce qui presenti vennero pubblicate dalla Takoma del grande John Fahey nell’ellepì 1009 dal titolo Ever Since I Have Been A Man Full Grown. Si esibì anche al Festival di Newport dello stesso anno, sia da solo che in coppia con Pete Seeger. In una delle poche foto rimaste di lui, oltre a quella nella confezione del CD, è ritratto insieme a Robert Pete Williams e Muddy Waters.

Antonio Lodetti, fonte Il Blues n. 133, 2015

Link amici

Comfort Festival 2024