Luglio 1968: John Mayall con decisione univoca scioglie i Bluesbreakers e la conseguente, improbabile (seppur sensazionale) accoppiata rock-blues con Eric Clapton. Il leone di Manchester cambia rotta: sale su un jet (il cui rombo è documentato prima della fantastica traccia iniziale Vacation) in direzione di Los Angeles.
“Dieci ore di volo, l’Inghilterra è alle spalle, di ritorno a LA, sto atterrando e mi aspetta l’estate, sono un vagabondo e questa sarà la mia nuova città”, dicono le parole della canzone che apre l’album: una vera e propria dichiarazione di intenti.
Con sé Mayall si porta ‘il nuovo Eric Clapton’ (Mick Taylor, 19 anni) più Stephen Thompson (basso, 18 anni) e Colin Allen (batteria, 30 anni). E si ferma al Laurel Canyon, la nuova mecca degli hippies fuggiti da Haight-Ashbury: una comune di artisti dove convivono, rock star, registi, attori, pittori e poeti.
Che ora si alimenta anche di blues. Blues-rock bianco di qualità sopraffina: ancora più sofisticato dei Bluesbreakers, egualmente affascinante e pieno di pathos, ma con in più quel non so che di psichedelico che lo rende perfettamente figlio dei tempi.
Taylor è al top (ascoltate i suoi assolo su Walking On Sunset o sulla magnifica The Bear, traccia ideale dell’album scritta in onore del cantante dei Canned Heat Bob ‘The Bear’ Hite).
Ma il disco è un trionfo per John Mayall: come interprete ma soprattutto come autore. Tutti i pezzi di Blues From Laurel Canyon sono a sua firma, segno che il blues gli stava scorrendo fluente nelle vene. Il suo album più importante e uno dei suoi più belli di sempre.
Decca SLK 16 573-P (Blues, 1968)
Ezio Guaitamacchi, fonte JAM n. 84, 2002