John McCutcheon – The Wind That Shakes The Barley cover album

Negli Stati Uniti lo chiamano Hammer Dulcimer, qui da noi porta il nome di Salterio, ma non lo suona nessuno. E’ uno strumento antichissimo, venne portato in Europa dai Crociati dal Medio Oriente dove godeva di ampia diffusione, e successivamente diede l’idea per l’invenzione del pianoforte.
Ne ho potuto personalmente osservare diversi modelli in esposizione all’interno del Museo del Castello Sforzesco di Milano e l’ho ascoltato, oltre che da musicisti americani (tra cui lo stesso McCutcheon), anche durante un concerto folk al quale ho assistito anni fa in Ungheria.
Ha un suono dolcissimo e particolare, prodotto dalla percussione delle corde da parte di due ‘martelletti’ dall’estremità ovattata impugnati dal musicista.
Pur essendo uno strumento folk, dato dimostrato anche negli USA dove viene utilizzato in ambito old time, alcune formazioni americane decisamente progressive e jazz come Metamora e No Strings Attached lo hanno eletto a strumento lead.

La prima parte della ricca discografia di John McCutcheon, più improntata sul suono tradizionale rispetto alle sue scelte stilistiche attuali, ci offre la possibilità di ascoltare spesso l’hammer dulcimer, strumento sul quale, più del fiddle e del banjo, John si è costruito la propria fama.
Il disco che vi presento, The Wind That Shakes The Barley, è rappresentativo del suo primo periodo, siamo nel lontano 1977, registrato con l’ausilio di alcuni musicisti rimasti nell’anonimato, a parte il fiddler Wayne Erbsen. McCutcheon esegue brani di varia provenienza, old time, Irish, bluegrass e persino classica (J. S. Bach), con maestria e tanto buon gusto.
The Wind That Shakes The Barley è un disco di facile ascolto, gradevole in ogni suo momento, che ci fa riscoprire il McCutcheon di venticinque anni fa, old timer, non ancora folk singer, ma grande già allora, se si considera tra l’altro che cominciò a suonare l’hammer dulcimer poco più di due anni prima soltanto.

Rounder 82161-0476-2 (Old Time Music, 2000)

Maurizio Faulisi, fonte Country Store n. 55, 2000

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