Una settimana dopo l’incubo delle Torri Gemelle. Deve esser stata durissima, specie per una newyorkese d.o.c. come Laurie Anderson (nata in realtà a Chicago, dove pure si trovava il giorno degli attentati, ma che della Grande Mela si sente figlia legittima). Eppure non ha modificato i suoi piani.
Così, proprio alla Town Hall cittadina, Laurie ha voluto incidere un doppio live: il terzo della sua carriera (dopo il leggendario Home Of The Brave e lo spigoloso The Ugly One With The Jewels).
Accompagnata dal trio con cui è stata vista lo scorso autunno in Italia (Skuli Sverrisson al basso, Jim Black alla batteria e Peter Scherer alle tastiere) la Anderson ha dato vita a una performance intensa (“La più intensa, emozionalmente, di tutta la mia carriera”, ha dichiarato), piena di fascino sublime.
Inizialmente nato come la versione live di Life On A String (il suo ultimo lavoro discografico), su consiglio del compagno Lou Reed lo spettacolo diventa una sorta di summa della carriera del genio della avant-garde rock. Vengono ripresi (con versioni originalissime, spesso assai poetiche) brani tratti da United States 1-4 (Let Sweater, O Superman), da Home Of The Brave (White Lily), Empty Places (Strange Angels, Poison, Coolsville).
Persino Puppet Motel da Stories From The Nerve Bible a cui si aggiungono quasi tutti gli episodi di Life On A String (Here With You, Statue Of Liberty, Slip Away, Washington Street, Dark Angel, Pieces And Parts, My Compensation).
Le atmosfere di Live At Town Hall New York City sono quelle consuete: eleganti, sottili e un poco snob che da sempre contraddistinguono l’arte eccentrica e l’intelligente creatività della Anderson.
Una nota inquietante: come la stessa Laurie spiega nelle note di copertina, riascoltando le parole di O Superman (“Here come the planes, they’re american planes, made in America”) quei versi suonano tragicamente profetici.
Voto: 7+
Perché: Laurie Anderson è sempre garanzia di classe assoluta, eleganza formale, emozioni delicate. Forse su un solo CD si sarebbe dato più compattezza (e più fruibilità) al lavoro.
Nonesuch 7559 79681-2 (Singer Songwriters, 2002)
Ezio Guaitamacchi, fonte JAM n. 84, 2002