Lee Ann Womack picture

Per Lee Ann Womack il 2000 ha rappresentato non solo l’inizio/fine di un millennio, ma anche una svolta decisiva nella sua carriera di country singer. Nel giro di poco più di un anno, quella che agli esordi era stata etichettata come l’altra Lee Ann di Music City, si è prepotentemente imposta ed ha guadagnato un posto importante tra i grandi nomi degli anni novanta tanto da non avere oggi nulla da invidiare alle varie Shania, Faith ecc…

Lee Ann Womack nasce a Jacksonville in Texas il 19 agosto di trentacinque anni fa e come molti artisti, vive fin da subito a stretto contatto con il mondo della musica country. Suo padre Aubry era, infatti, un DJ in una locale radio country e possedeva a casa una collezione completa di dischi. Spesso portava con sè la piccola figlia agli studi della KBE e le lasciava scegliere qualche canzone da trasmettere: Bob Wills, Ray Price e Glen Campbell erano i preferiti dalla bambina.
A casa Lee Ann non si perdeva una trasmissione della Grand Ole Opry (quando le condizioni atmosferiche permettevano l’arrivo delle frequenze), e già allora sognava il mondo dello showbusinness di Nashville, che amava visitare con i genitori durante le gite fuori porta della famiglia Womack.
Frequenta il South Plains Junior College di Levelland, TX, uno dei primi istituti ad offrire un diploma in bluegrass e country music, dove presto diviene membro della school band Country Caravan che si esibisce un po’ in tutto il sud ovest del paese.
Gli studi proseguono alla Belmont University di Nashville, dove segue il programma di Music Business che le permette di entrare in contatto per la prima volta con gli uffici della MCA.
E’ in questo periodo che conosce e sposa il cantautore Jason Sellers, dal quale ha la prima figlia Aubrie che la costringe a fermarsi per un paio d’anni per fare la mamma.

Nel 1990 Lee Ann si trasferisce stabilmente a Music City dove comincia una lunga attività di autopromozione del lavoro di songwriter distribuendo demo nelle numerose showcase organizzate nella capitale del Tennessee. Proprio in una di queste vetrine il suo materiale è notato da alcuni emissari della Tree che la propongono all’attenzione del produttore Don Cook il quale le offre un contratto come autrice.
Per tutto il 1995 la texana è impegnata dunque al fianco di nomi del calibro di Bill Anderson, Sam Hogin e del suo futuro produttore Mark Wright.
Nel 1996 finalmente arriva il primo contratto da artista niente meno che con la Decca Records una etichetta leggendaria per la country music avendo ospitato tra gli altri gente come Ernest Tubb, Webb Pierce, Patsy Cline e Loretta Lynn, tutti eroi dei sogni dell’adolescente Lee Ann che può ora pensare al suo album d’esordio.
Prima però sorge un piccolo problema legato al nome della cantante. Ci si poteva permettere di lanciare sul mercato discografico un’altra Lee Ann mentre già la Rimes da qualche tempo stava dominando le scene? I dirigenti della Decca preoccupati che questo potesse generare confusione cercavano di studiare delle alternative.

La Womack non voleva stravolgere il proprio nome, al massimo avrebbe potuto concedere l’uso di Lu, nickname con il quale da sempre veniva chiamata da amici e familiari. La decisione finale di mantenere il nome Lee Ann fu presa dal manager della cantante che aveva già avuto problemi del genere con George Strait (l’altro George era Jones): Strait si era tenuto stretto il suo nome ed aveva funzionato, perché non ripetersi?
Superato anche questo ostacolo i lavori per l’album Lee Ann Womack potevano iniziare sotto la supervisione del produttore Mark Wright l’uomo dei successi di platino di Clint Black e Mark Chesnutt.
L’anno è il 1997 e le radio degli Stati Uniti cominciano a trasmettere un singolo che riassume perfettamente l’intero album e segna l’indirizzo che questa bella texana dagli occhioni blu vuole dare alla sua strada artistica: Never Again, Again è un pezzo di chiara impostazione acustico tradizionale con echi bluegressiani, reso però fresco da arrangiamenti moderni studiati al dettaglio e dalla voce di Lee Ann che se colpisce al primo ascolto per la somiglianza a quella di Dolly Parton, ad un ascolto più attento si colora di timbri personali che la rendono unica nel panorama della contemporanea country music al femminile.
Tutto il disco è di ottimo livello, difficile trovargli punti deboli, vive sul continuo equilibrio tra nuovo e tradizionale, tra acustico ed elettrico come dimostra l’alternanza di canzoni dal sapore marcatamente classico e pezzi più in stile new country, come le rockeggianti A Man With 18 Wheels o la splendida Buckaroo (secondo singolo dell’album) o la ballabile You’ve Got To Talk To Me pezzo che strizza l’occhio al pop ma che mi emoziona ad ogni ascolto.

Il tema portante dell’album è l’amore con relativo pieno di dolori e heartaches cantati ad esempio nella struggente The Fool, terzo singolo che si adatta in modo impressionante al cantato della Womack, così come nel lento Do You Feel For Me.
I suoni vagamente cajun di Trouble’s Here ed il sapore gospel di Get Up In Jesus’ Name sono una ulteriore dimostrazione della versatilità della cantante nonché della sua attenzione per le radici della musica americana.
Da sottolineare ancora il cast dei musicisti che vede oltre ai soliti Brent Mason, Paul Franklin, Biff Watson, importanti partecipazioni come quella di Ricky Skaggs e Sharon White harmony vocals in Never Again, Again ed un duetto con Mark Chesnutt in Make Memories With Me.
L’album che diventerà prima disco d’oro e poi platino viene accolto bene da critica e fans quasi subito anche se i riscontri più immediati arrivano prima dal mercato inglese dove il folto gruppo di fans tradizionalisti riconosce la bontà del lavoro assegnandole un British Country Music Award come miglior album del 1997.
Il ghiaccio è rotto ed è rotto bene. Logico dunque aspettarsi la consacrazione definitiva con il secondo disco che un anno dopo vede la luce sempre sotto il marchio della Decca.
Si intitola Some Things I Know ed anche questa volta il livello qualitativo è decisamente alto, la produzione ancora di Mark Wright ricalca quella dell’esordio così come la scelta azzeccata dei pezzi: acustico ed elettrico si incontrano nuovamente a creare quel sound che, come più volte ha detto la stessa Womack, riesce a soddisfare sia le esigenze della casa discografica di raggiungere il più vasto pubblico possibile, sia i gusti dell’artista per il sound classico.

Dicevamo delle canzoni, tutte buone, qualcuna da incorniciare. E’ il caso di A Little Past Little Rock: il tema è quello del viaggio lungo una delle tante highways americane, la parte strumentale è scandita dalla chitarra elettrica di Brent Mason, dalla steel di Paul Franklin e dal fiddle di Larry Franklin che fanno da contorno alla splendida voce di Lee Ann che si trasforma nella più ritmata Now You See Me Now You Don’t pezzo di buon impatto sostenuto dalla bella prova di Chad Cromwell alla batteria.
Altri due sono i pezzi new country del disco, l’honky tonk If You’re Ever Down In Dallas uscito dalla penna della stessa Womack e soprattutto I’ll Think Of A Reason Later sicuramente la canzone più diretta al primo ascolto grazie anche ad un testo spassoso fino all’ultima riga. Ancora una volta sono i lenti strappa lacrime il punto di forza dell’album con steel e violini che piangono come non si sentivano da tempo e con l’acuta voce di Lee Ann che va dritta al cuore.
Scorrendo le note di copertina di questo Some Things I Know, si ha quasi l’impressione di trovarsi di fronte ad un duet album tanti e tali sono i nomi che partecipano come vocalists: Jason Sellers (A Little Past Little Rock), Vince Gill (Some Things I Know e I Keep Forgetting), Joe Diffide (I’d Rather Have What We Had), Buddy e Julie Miller (Don’t Tell Me) e Ricky Skaggs e Sharon White (When The Wheels Are Coming Off).
Anche questo secondo disco ottiene un discreto successo con due singoli al numero uno delle charts e con i primi awards americani tutti come miglior nuova artista femminile tra i quali spicca per importanza il TNN Award.
Sull’onda di questi riconoscimenti, Lee Ann sbarca in Europa per il Country Night di Gstaad del 1998.

Ancora però la luce di Lee Ann Womack è offuscata dal successo stellare di Shania Twain, Faith Hill, Le Ann Rimes; sembra quasi che il suo destino debba essere quello di restare una delle tante buone artiste di Nashville, con il proprio folto pubblico ma senza troppe speranze di imporsi su scala più ampia divenendo un nome di riferimento per la storia del genere.
Ma si sa, spesso una canzone può cambiare la vita di un cantante e così è successo anche alla protagonista della nostra storia quando sulla sua strada professionale ha incontrato I Hope You Dance.
La Decca ha da poco chiuso i battenti ma la Womack non fa in tempo a preoccuparsi per il suo futuro che la MCA di Nashville (…quando si dice corsi e ricorsi) la mette sotto contratto.
Se nella vecchia casa discografica la texana era il nome di punta, nella sua nuova ‘casa’ sarà una come tanti, in mezzo a nomi illustri come Vince Gill, Trisha Yearwood, Reba McEntire. Lei accetta la sfida ed assieme al fido produttore passa due anni a lavorare al nuovo album cercando di selezionare il miglior materiale possibile.
Bingo!! Il 23 maggio del 2000 il terzo disco di Lee Ann Womack, I Hope You Dance, viene pubblicato, con dodici tracce trascinate dal singolo d’esordio, proprio la title track firmata da Mark D.Senders e Tia Sillers che in poco tempo si impone sbaragliando ogni concorrenza.
La canzone rappresenta anche il primo vero crossover della sua carriera verso il pop: nell’impianto strumentale è presente un’ampia sezione di archi, mentre nel ritornello sale in primo piano il coro di contralto degli special guests Sons Of The Desert.
Il risultato è strepitoso con le parole del testo e l’interpretazione di Lee Ann che si sposano magicamente rendendo ancora più intenso ed efficace il messaggio della canzone riassumibile nelle due frasi che chiudono ogni strofa “…And when you get the choice to sit it out or dance, I hope you dance.”.
Un bellissimo lavoro che tocca immediatamente le corde giuste e che rappresenta per rendere meglio l’idea una sorta di nuova The Dance.
Tutto il resto del disco ripropone il sempre intatto gusto della Womack per la roots music, per i suoni tradizionali con contaminazioni elettriche. Basti ascoltare il brano che apre il disco, The Healing Kind, firmata Ronnie Bowman, per capire che la texana non ha affatto abbandonato le divagazioni bluegressiane che anzi ricorrono spesso anche grazie alla presenza di musicisti come Dan Tyminski e Pat Flynn.

I Know How The River Runs (autrice Julie Miller) è il più bell’esempio di tensione tra moderno e tradizione con arrangiamenti che affiancano il fiddle di Larry Franklin alla chitarra elettrica distorta di Brent Mason e naturalmente alla dolcissima voce di Lee Ann.
I Feel Like I’m Forgetting Something firmata dalla stessa Womack, riporta alla mente la vecchia Buckaroo, honky tonk più che ballabile a ritmo frenetico.
Anche in questo album le ballate lente d’amore sono le cose più suggestive con Stronger Than I Am, cover di un vecchio successo di Bobbie Cryner, vera gemma nascosta del disco.
Altra bella cover è la rivisitazione di Ashes By Now, hit scritta e lanciata da Rodney Crowell, quasi rivoluzionata con tanto di coro in stile molto black ed intro di percussioni iniziale.
A chiudere il disco non poteva essere scelto pezzo migliore di Lord I Hope This Day Is Good, ballata acustica dal repertorio del troppo trascurato Don Williams che mette di buon umore e che ti riascolteresti all’infinito.
Molti sono gli ospiti del CD oltre ai già citati Tyminski e Bowman (presenti come harmony vocalists), appaiono anche Jon Randall, Buddy e Julie Miller e l’onnipresente Ricky Skaggs che Lee Ann vorrebbe in futuro al suo fianco per un intero disco di duetti.
Finalmente al terzo tentativo la bella Lee Ann Womack fa davvero il pieno!
Pieno di ottime critiche: secondo Billboard I Hope You Dance è l’album della carriera, per il Daily Mail è il disco dell’anno, USA Today proclama che nessuno a Nashville sa spezzare il cuore come lei, ancora People parla di massima emozione, Request sentenzia che voci così si trovano una volta in una gene-razione e persino No Depression (rivista di riferimento dell’alternative country) la considera la miglior cantante country moderna.

Pieno di vendite e successi in classifica: il disco è stato da poco certificato platino ma già si da per scontato un prossimo passaggio a multiplatino, singolo ed album hanno raggiunto le vette delle classifiche country e pop.
Pieno infine di premi importanti con l’arrivo nell’ottobre del 2000 di due CMA Awards per singolo e canzone dell’anno, l’onore di poter cantare al concerto organizzato ad Oslo in Norvegia per i premi Nobel ed una valanga di nominations ai prossimi TNN Awards di giugno.
Tutto questo per affermare che dopo quattro anni di carriera giustamente la Womack non è più l’altra Lee Ann di Nashville ma può ormai considerarsi una star di assoluta grandezza capace di brillare quanto e forse più di altre.
Il tutto grazie ad un credo artistico coerente, ad una capacità interpretativa e vocale emozionante soprattutto dal vivo e grazie ad una bellissima canzone capolavoro, perché se ascoltate i tre dischi di Lee Ann Womack chiedendovi che cosa abbia I Hope You Dance in più rispetto ai primi due, la risposta non potrà che essere I Hope You Dance.

Discografia:
Lee Ann Womack (Decca Records 1997)
Some Things I Know (Decca Records 1998)
I Hope You Dance (MCA Nashville 2000)

Partecipazioni:
Black Dog O.S.T. (A Man With 18 Wheels), 1998
Country Superstars Christmas (Nothing But A Child), 1999
Tom Sawyer O.S.T. (Never Ever And Forever, One Dream, Light At The End Of The Tunnel), 2000

Roberto Galbiati, fonte Country Store n. 57, 2001

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