Leo 'Bud' Welch picture

I lettori già conoscono la figura di Leo Welch, esordiente alla bella età di ottantadue anni, in quanto campeggiava sulla copertina del n. 126. Al suo interno era contenuto un suo ritratto composto da chi lo aveva conosciuto di persona in Mississippi, oltre alla recensione del suo Sabougla Voices. La sua storia ha suscitato la curiosità di molti, tanto è vero che è stato realizzato un film documentario su di lui. Anche gli appassionati europei hanno avuto modo di vederlo di persona, nel corso dell’anno numerose sono state, infatti, le sue apparizioni in diversi paesi del vecchio continente. In Italia è passato per due date nel mese di maggio. Ciò che segue è la ricostruzione di un’intervista atipica, con frequenti divagazioni canore dell’uomo di Bruce, Mississippi.

Come hai iniziato a suonare?
E’ stato grazie a mio cugino, R.C. Welch, che aveva un fratello più piccolo di nome Alandus. R.C. ordinò una chitarra per corrispondenza, insieme a dei semi per coltivare verdure, pomodori, cavoli…cose così insomma, visto che vivevamo in campagna. Quando consegnarono la chitarra, io e Alandus andammo fino alla casella postale e la riportammo a casa, distava circa mezzo miglio. R.C. quando rincasammo aprì la custodia, iniziò ad accordare la chitarra per suonarla, aveva circa otto anni più di me e disse di non toccarla per nessun motivo. Io e Alandus però la suonavamo ogni volta che potevamo, quando lui andava al lavoro nei campi e piano piano imparavamo a suonarla. Prima ad accordarla in mi e poi in la o in sol (spanish). Una volta R.C. mi sorprese a suonarla, ma non si arrabbiò troppo, «puoi continuare a suonarla perché suoni meglio di me» disse. E’ così che ho cominciato. Suonavamo per i vicini, ai picnic, feste, partite di baseball, anche due o tre sere di fila, e per quasi tutta la notte fino a sabato; non facevamo molti soldi, solo pochi dollari a sera. Suonavamo per divertimento o in cambio di un po’ di ‘bootleg whiskey’ che qualcuno chiama ‘white lightnin’’, ma ogni tanto ne bevevamo un po’ troppo e finivamo per ubriacarci e crollavamo con addosso la chitarra.

Suonavate più che altro blues?
Oh si, col gospel ho cominciato solo in seguito a suonare in chiesa in un coro. Dunque sono nato nel 1932 e ho cominciato a suonare più o meno a quindici anni, mentre col gospel saranno stati gli anni Settanta, più o meno. Nei Cinquanta ho suonato anche a Grenada con un tipo che suonava l’armonica, Alfred Harris e un altro che suonava una steel guitar, si chiamava Walt Farmer, fu anche la prima volta che suonai ad una radio, ricordo che la frequenza era 1400 su AM. Il gruppo si chiamava Alfred Harris and The Joy Jumpers. Ci divertivamo parecchio.

Ascoltavi musica alla radio?
Oh si, anche molta musica hillbilly, country…cose come (si mette a cantare n.d.t.) «walking the floor over you, I can’t sleep a wink that is true, I’m hoping and I’m praying as my heart breaks in two, walking the floor over you. Darling you know I love you well, more than I can ever tell…».

C’è qualche chitarrista che ti ha particolarmente ispirato?
Beh no, ho imparato guardando suonare mio cugino R.C. cercando di capire come faceva e poi di fare come lui. Bisogna stare attenti per imparare. Per quattro anni circa ho fatto parte di un gruppo maschile chiamato The Spiritualaires, suonavo la chitarra con loro. E poi anni fa ho messo insieme le Sabougla Voices, che non è proprio un coro, perché ne fanno parte solo mia sorella e mia cognata, che come sapete cantano con me nel disco. Suono anche per una televisione locale, WO7BN, è un programma che ho chiamato Black Gospel Express e va in onda la domenica. La sede è a circa trenta miglia da casa mia. Mio figlio Leo Junior suona anche lui la chitarra, ha imparato guardando me, ogni tanto abbiamo suonato insieme, gli piace fare la parte solista.

Negli anni Cinquanta ascoltavi anche artisti come Muddy Waters o John Lee Hooker?
Certo, e suonavo molti pezzi di John Lee Hooker, Boogie Chillen, Hobo Blues oppure Going Upstairs, I’m Gonna Bring Back Down My Clothes… di Howlin’ Wolf. E anche di B.B. King, il re del blues. Mi piaceva molto Woke Up This Morning, My Baby Was Gone… Ognuno di loro suonava in modo diverso dall’altro ed io cercavo di prendere qualcosa da loro. Mi piaceva moltissimo ad esempio quella che qualcuno chiama Two Trains Running o Still A Fool (canta n.d.t.) «I’ve been crazy, I’ve been a fool, I’ve been crazy all of my life, I done fell in love with another man’s wife…» e poi faccio parlare la chitarra!

Come è nato il disco Sabougla Voices?
Vencie, il mio manager aveva mandato a Bruce Watson della Big Legal Mess un video in cui suono e a Bruce è piaciuto. Dopo qualche settimana mi ha chiamato e mi ha chiesto se volevo incidere un disco. Mi piace suonare per la gente e ora faccio anche qualche soldo, più di quanti non ne abbia mai visti in passato, il che non è male! Ma suonerei lo stesso per divertimento.

C’è differenza tra suonare in chiesa o in un locale?
Non molta a parte le parole delle canzoni. In chiesa canto canzoni che parlano di Gesù, Mosè o Daniele, come «Paul and Silas got put down in jail, had no money to go their bail…» o come una canzone che c’è sul disco “Keep on lifting his holy name…” (prende a cantare il pezzo n.d.t.). A me piace fare pezzi che rimano.

Registrerai un altro disco?
Sicuro, il prossimo sarà un disco di blues.

Ora che sei in tour soltanto con una batterista che tipo di materiale suoni?
Molti non vogliono sentire altro che blues, ma all’occorrenza suono anche un po’ di gospel, magari lo farò anche stasera se volete.

Ti sei divertito a suonare con i musicisti africani nel pomeriggio (il riferimento è ad una session con Faris Amine e Ayadou Ag Leche e Diara Ablil cui Welch ha partecipato a Correggio n.d.t.)?
Oh si, però non avevamo mai suonato insieme e ci vuole tempo per fare pratica, a volte bisogna intendersi su quello che si suona e fare qualche aggiustamento. Capire quando uno vuole cantare o fare un assolo.

Hai mai suonato con gruppi gospel che ascoltavi alla radio, i Fairfield Four ad esempio?
Non ho mai suonato con loro, ma conoscevo la loro musica, cantavo quelle canzoni. Ho suonato con diversi gruppi locali, che però non chiamerei professionali. Gli Spiritualaires come dicevo prima, e le Sabougla Voices e un altro gruppo con Tommy Daniel, la Rising Soul.

Hai mai avuto problemi alternando gospel e blues? Te lo chiediamo perchè qualche anno fa Mississippi Marvel, un predicatore registrò un disco di blues con un nome d’arte perché nella sua comunità il blues non era ben visto.
Non conosco questo musicista, io non ho mai avuto problemi. Amo sia il blues che il gospel. Dipende dai posti, è vero che in alcuni sono un po’ rigidi, ti dicono che sono gente religiosa e non vogliono nemmeno sentire parlare di blues, o che faccio soldi cantando il blues, io di solito rispondo che sono soldi che guadagno suonando e ci faccio quello che mi pare. Ma in generale non posso dire di avere avuto problemi.

Suoni anche con gruppi di bianchi?
Certo anche nel mio programma alla televisione ci sono dei ragazzi bianchi. Suoniamo cose di blues, gospel o rock’n’roll come (si mette a cantare, coinvolgendo anche gli intervistatori stonati ma divertiti, n.d.t.) «I was standing by my window on a cold and cloudy day…».
(Intervista realizzata a Fosdondo, Correggio, il 16 maggio 2014)

Matteo Bossi, Silvano Brambilla, Marino Grandi, fonte Il Blues n. 129, 2014

Link amici

Comfort Festival 2024