Le bands che hanno origine nell’ambito della stessa famiglia rappresentano una tradizione durevole negli Stati Uniti, basti pensare agli Everly Brothers, ai Beach Boys, fino ad arrivare ai Black Crowes ed Hanson.
Questo spunto ha varcato anche il confine meridionale degli USA, per approdare in Messico, paese di origine della famiglia Garza, che ha dato i natali a Henry (chitarra), Jojo (basso) e Ringo (batteria).
L’esempio risulta quanto mai calzante, in quanto il loro padre, Ringo Garza Sr. aveva fatto parte – a sua volta – di un’altra ‘family band’, denominata Los Falcones, insieme ai suoi sei fratelli, così i tre giovani virgulti altro non fanno che portare avanti la classica ‘family tradition’ di williamsiana memoria.
Di questo loro omonimo album di esordio si è già positivamente occupata la stampa specializzata, vedi Austin Chronicle, Houston Chronicle (nella sua versione on-line), il Daily Texan, il San Angelo Standard Times e la stessa blasonata rivista Rolling Stone nel numero di Agosto 2003.
I tre fratelli hanno attualmente un’età che va dai 21 ai 25 anni e suonano insieme da quando erano piccolissimi.
Le loro influenze partono dalla musica ascoltata durante la loro infanzia: tex-mex, country, blues e rock filtrati attraverso le interpretazioni di Richie Valens, Chuck Berry, Fats Domino ed i Beatles, passando attraverso i primi vagiti del cosiddetto ‘latin rock’.
Carlos Santana ed il suo stile rappresentano infatti una costante evidente per Henry Garza, basta ascoltare Onda su tutti i brani dell’album, con i suoi fraseggi di chitarra elettrica solista che si adagiano su di un crescente tappeto di percussioni (Ringo Garza), mentre ben sostenuto e macho si dimostra il basso di Jojo Garza; senza dubbio uno degli highlights di tutto il disco.
Il sound dei Los Lonely Boys è molto personale ed il loro aspetto tipico da ‘barrio boys’ non deve trarre in inganno. Le affinità con altri gruppi chicanos quali Los Lobos, Los Otros, Los Pinkies e via dicendo non rappresentano un tratto saliente della loro espressione musicale, ma intendiamoci bene, si capisce dal primo ascolto che hanno il Messico nel sangue (soprattutto Henry Garza), ma i cromosomi del rock classico si affiancano alle scudisciate del blues più sanguigno (Crazy Dream è un eccellente compendio di questa miscellanea, decorato dalle tastiere di Reese Wynans).
Tutti e dodici i brani del CD sono scritti dai fratellini Garza ed i testi passano dall’inglese allo spagnolo con estrema naturalezza, addirittura nell’ambito dello stesso brano, come accade nell’iniziale Senorita.
Gli interventi di chitarra acustica solista sono appannaggio del produttore John Porter, con l’eccezione della conclusiva Contestacion, cantata in spagnolo, che vede invece la performance a sorpresa di tale Willie Nelson (!): Willie non ruba certo la scena ai titolari, in quanto l’elettrica solista di Henry risulta maggiormente in evidenza rispetto a Trigger – la fida e consunta acustica del grande outlaw – ma se un grande come lui si è ‘scomodato’ per degli esordienti, un motivo deve esserci.
Infatti la perizia che Henry dimostra all’acustica nell’introduzione di Hollywood, un altro dei gioielli del disco, rendono merito al fiuto di chi ha creduto in questi muchachos: belle armonie vocali che contrappuntano il lavoro chitarristico e delle percussioni di Diego Simmons, percussionista in forza alla compagine dei Vallejo, un’altra family-band di origini Ispano-Americane, con un interessante album – Stereo – all’attivo.
Per oltre cinquanta minuti i nostri nuovi eroi ci portano per mano attraverso paesaggi sonori noti e sconosciuti, ma comunque pervasi dal fascino di una nuova e stimolante scoperta. Los Lonely Boys meritano di essere conosciuti.
Or Music LLC 80305 (Roots Rock, Conjunto, 2003)
Dino Della Casa, fonte Country Store n. 70, 2003