Il mondo musicale americano è fortunatamente popolato anche di strani personaggi come Luke Baldwin, eterni vagabondi, capaci di confondere, nelle proprie interpretazioni, realtà con fantasia, personaggi di ieri con storie di oggi, e non solo dei vari Denver, Campbell, etc… in grado di offrire con le loro canzoni una visione un po’ equivoca (amori puliti… paesaggi incontaminati…) del country americano. Baldwin non appartiene a questo genere di country-singers: lui è un puro, uno che canta cose e fatti vissuti proprio come Utah Phillips, Jim Ringer, Bodie Wagner… in poche parole è un hobo! Dal vivo si esibisce accompagnandosi con la sola chitarra acustica e l’armonica a bocca, mentre il suo repertorio spazia dai pezzi tradizionali di Woody Guthrie, Jack Elliott, Hank Williams, Jimmie Rodgers sino a focalizzarsi sulle composizioni proprie, imperniate sulla vita di hobos (vagabondi), donne, marinai, cavalli, oppure sugli stessi viaggi (Europa; Michigan; California; New Mexico etc…) compiuti da lui stesso durante la sua giovane esistenza.
Eppure non si creda che Baldwin, malgrado la giovane età, sia un pivello: la sua lenta maturazione è iniziata nella metà degli anni ’60 collaborando al primo Blues Festival di Ann Arbor, conoscendo musicisti e lasciandosi anche coinvolgere politicamente dal momento… tutto questo influì profondamente su di lui, da spingerlo a buttare giù prose, poesie, recensioni discografiche, sino a formarsi un proprio stile compositivo (un misto poetico di giornalismo, humor), che gli permise di realizzare il proprio sogno, ovvero quello di scrivere-suonare-cantare le sue canzoni e viaggiare… un sogno, questo, che lo portò in diverse occasioni in Europa, dove affascinò il pubblico dei suoi concerti con la sua calda personalità. Per il momento, ha messo radici a Kansas City, nel Missouri, in attesa di un tour attraverso le città degli States con una band.
Il pretesto di volersi circondare, in questo Tattoo On My Chest, da un gruppo formato da alcuni suoi validissimi amici musicisti, non gli ha impedito di comunicare le proprie canzoni, e di ricreare quel suggestivo e caloroso sound country & western che tanto ha sempre ricercato, nel modo ideale e che gli è più consono. Musica per nostalgici forse, ma che trova, senza fatica, un giusto spazio nel nostro cuore. I momenti più intensi del disco, sono da ricercarsi fra le ballate pacate e solitarie quali Black Velvet Sky; The Buffalo And Me; oppure ancora in Too Far Away e It May Be. Veri momenti di gioia strumentale e vocale, sono invece The Tattoo On My Chest; Skull And Dagger; Once A Week (Is Simply Not Enough) e tutti gli altri brani vivaci. I friends di Baldwin si chiamano, per codesta occasione: David Bromberg, Paul Asbell, Tom Mitchell (guitars); Jay Ungar (fiddle); Lyndon Hardy (harmony vocals); Ray Gantek (pedal steel) e molti altri. Il disco è caldamente consigliato agli amanti degli hobos. “Da solo sull’autostrada, due ore prima dell’alba, quello è il modo in cui la mia vita sta passando” (da Black Velvet Sky).
Flying Fish FF 039 (Traditional Country, 1978)
Mauro Quai, fonte Mucchio Selvaggio n. 6, 1978