Lynn Morris Band Bluegrass picture

C’eravamo tutti. I soliti. E mancavano molti. I soliti. Grazie ad un colpo di genio della stampa milanese, che ha ‘dimenticato’ di parlare del concerto sugli inserti settimanali di Milano, la BCMAI ha ricevuto un colpettino mica da poco alla cassa…Ma perdio chi era presente al concerto lo ricorderà come uno degli eventi bluegrass migliori che l’Italia abbia mai visto.
Preceduta da una breve apertura a cura dei toscani Free Delivery, per l’occasione rinforzati dall’ottimo ‘steely’ Daniele Sironi, la Lynn Morris Band ha insegnato ai fortunati presenti che una bluegrass band può non aver bisogno della grinta rock dei New Grass Revival, o del carisma di Bill Monroe, o del virtuosismo della Nashville Bluegrass Band, per intrattenere il pubblico nel migliore dei modi,  soprattutto divertirlo senza un attimo di calo di tono.
Country StoreAbbiamo già avuto modo di parlare esaurientemente (spero…) del Lynn Morris Band e dei suoi punti forti e deboli: la mia unica perplessità prima del concerto era data dal fatto che alcuni dei ‘punti forti’ degli album della band, cioè il banjoista Tom Adams e i mandolinisti Ronnie McCoury e David McLaughlin, non sarebbero stati presenti.
La fama di Lynn come banjoista era si ben documentata, ma non mi era mai capitato di ascoltarla al banjo, come non avevo mai ascoltato il fiddler Tad Marks (ex-Del McCoury Band) e il mandolinista Tim Laughlin.
E se io non ascolto di persona… Ora fratelli e sorelle, sono un credente.

Il concerto del 12 maggio mi ha portato a credere che la Lynn Morris Band sappia esattamente come va intrattenuto il pubblico, come la scelta dei pezzi vada fatta in modo da avere atmosfere sempre varie e bilanciate, come la tradizione vada rispettata e le sperimentazioni vadano tentate con il massimo equilibrio, come le voci vadano sfruttate con i pezzi giusti  nelle tonalità giuste, e infine come il palco vada ‘vissuto’ per divertire e divertirsi.
I ragazzi della band sono saliti sul palco, presentati dall’ineffabile Nirvano Barbon (che a parere di molti dovrebbe fare del cabaret…), quasi in sordina ma fin dalle prime note di Banjolina di Bobby Thompson tutti abbiamo capito che questa apparenza un pò casual era del tutto ingannatoria.
La grinta c’era tutta, e qui si può trovare lo spunto per un’altra riflessione: come ha fatto notare Nirvano tutti suonavano ‘piano’ e cantavano rilassati, ma le note arrivavano ovunque, grazie alla chiarezza e alla definizione con cui erano suonate, e le notevoli dinamiche di volume e toni fra i vari strumenti facevano si che i ‘lead’ vocali e strumentali fossero sempre in piena evidenza nell’ambito di un suono d’insieme cristallino.
Provateci, voi che tentate di suonare con serietà, e sappiatemi dire quanto sia facile… Lynn Morris e Marshal  Wilborn ci hanno cantato diversi pezzi dai due album della band, e l’ottimo chitarrista Chris Jones (ex-Weary Hearts, già noto al pubblico della BCMAI) ci ha donato alcune sue composizioni, cantate con uno stile che meriterebbe maggiori riconoscimenti.
Il recente ingresso di Tad Marks nella band ha fatto si che alcune mie richieste non potessero essere esaudite, ma non me la sono presa a male: la grinta e la finezza con cui l’uomo ha affrontato assoli e back-up sono stati tali da farsi perdonare qualsiasi cosa…

Notevole sorpresa anche Tim Laughlin, che per quanto penalizzato da un mandolino non proprio eccelso si è rivelato in possesso di un buon timbro e di notevole inventiva. Tutto ciò sempre nel rispetto delle ‘necessità di base’ di qualsiasi musicista, bluegrass  e non: tone, timing e taste, le ‘3T’ che nella Lynn Morris Band abbondano e ci fanno tanta invidia (e voglia di suonare di più)…
Ma molto al di sopra delle necessità di base è la tecnica di Marshal Wilborn, le cui diverse escursioni nello ‘slap bass’ alla JakeTullock/Roger Bush hanno prevedibilmente fatto esplodere l’auditorio, e così lo stile di banjo, asciutto solido e vigoroso di Lynn: ‘no frills’, ma maledettamente solido e trascinante.
E ai disgraziati (non scusabili) che non erano al Rosetum l’altra sera voglio ulteriormente girare il coltello nella piaga: se avessero avuto un po’ di buon senso e ci fossero stati, non avrebbero solo  ascoltato buona musica, ma si sarebbero anche fatti delle sante risate: l’imitazione di Lester Flatt e Willie Nelson in un improbabile duetto, fatta con aplomb estremo da Marshal e Chris, era veramente qualcosa da non perdersi.

Pazienza: noi c’eravamo e siamo molto contenti di esserci stati. Ci siamo divertiti, abbiamo (credo) imparato qualcosa di più sulla musica che amiamo (noi si…) e non ci è molto importato di andare a lavorare la mattina dopo con sole tre ore di sonno all’attivo: dormire si può sempre, ascoltare concerti come questo è già più raro, e se continua così (cioè, con questa imperdonabile mancanza di interesse da parte di chi poi a parole fa l’appassionato di bluegrass) non so cosa possa sostenere la passione (VERA) di Maurizio Faulisi, e portarlo a farsi i mazzi che si fa per organizzare concerti per i soliti pochi intimi…
Basta con le amarezze: noi, ripeto, eravamo tutti lì, ed è stato un grande concerto. Grazie a Lynn, Marshal, Chris, Tad e Tim e chi sta ancora cercando scuse per la propria assenza si impicchi.
Banda di zampognari!…. Ah, BMAI, GRAZIE….

Silvio Ferretti, fonte Country Store n. 15, 1992

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