Silvio Ferretti banjo mandolino chitarra dobro pick up legni action materiali e tensioni

Mi rivolgo a musicisti bluegrass o country, quindi, presumo, a gente che suona un mandolino stile Gibson A (cassa a pera o goccia che dire si voglia) o F (cassa come sopra, con l’aggiunta di un ‘ricciolo’ e due ‘punte’), con buche a ‘f ‘ oppure ovale ma comunque con tavola armonica e fondo scavati e bombati. Mandolini di altro tipo (napoletani o stile irlandese o stile Martin a tavola e fondo piatti) non ci interessano, almeno in questa sede, e quindi non ne parliamo. Se il vostro mandolino è così non so che farci: questa è una rivista di bluegrass…

Il signor Orville Gibson, or sono almeno 90 anni fa, decise di costruire i suoi mandolini basandosi sulle tecniche costruttive alla base della liuteria tradizionale, e quindi di scavare tavola e fondo da pezzi solidi di legno (solitamente abete e acero) come da secoli veniva fatto sui violini e gli archi in genere. Tutti noi sappiamo a cosa hanno condotto queste sperimentazioni, grazie alle quali, con l’apporto determinante di Guy Hart e Lloyd Loar all’inizio degli anni ’20, dalla piccola fabbrica di Kalamazoo, Michigan, uscirono quei capolavori che hanno contribuito a definire il suono bluegrass.

Vediamo: voi avete per le mani il vostro mandolino, diciamo un Gilchrist stile F-5, oppure un Morris stile F-5, o anche un Kentucky stile A-qualcosa tipo KM-500, e lo suonate, rapiti… Il suono andrebbe bene, lo strumento risponde abbastanza bene, ma la vostra coscienza musicale vi dice che il volume non è quello che il vostro strumento dovrebbe avere o che aveva qualche mese o anno fa, alcune frequenze sono mosce, il timbro non è pieno come dovrebbe.
Problema: cosa può essere successo? Le corde sono le stesse, e sono nuove, l’assetto manico/cassa è corretto, con una buona action e con un buon angolo delle corde sul ponte, il manico è a posto, dritto ma con la sua corretta curvaturina, il tailpiece è solido… Ah, veramente abbiamo dovuto cambiare il ponte giusto qualche mese fa, perché a furia di cazzeggiare con le vitine di regolazione dell’altezza le abbiamo spanate, e abbiamo dovuto recuperarne uno nuovo: ma l’abbiamo preso da Stewart-McDonald (o da First Quality, o da Elderly), per cui è sicuramente buono, quindi quale sarà l’inghippo?

Ma cari i miei figlioli: è proprio lì l’inghippo, nel ponte, che voi avrete schiaffato sotto le corde senza troppo badare al suo contatto con la tavola! Vero che l’avete fatto? O forse, se il vostro mandolino non è proprio un Gilchrist, o un Givens, o un Gibson, o un Tucker (meno male, cominciavo a stufarmi della ‘G’ iniziale!), non avete mai fatto caso a come i piedi del ponte prendevano contatto con la tavola, vero? Siete perdonati, ma vediamo di risolvere questo problema. Con calma, come sempre.

E sempre che il ponticello in questione sia del tipo usuale, con una base avente due lunghi piedi separati da un ‘arco’, e una parte superiore, regolabile in altezza tramite due viti su cui salgono e scendono due rotelline filettate. E’ lui? Bene. Al lavoro. Prendete il mandolino, per il manico, e mettetevelo davanti agli occhi in modo da stare controluce, e in una posizione che vi consenta di far passare luce tra i piedini del ponte e la tavola. Noterete subito se i piedini fanno ben contatto con la tavola per tutta la loro lunghezza o se, al contrario, filtra luce in alcuni punti. Filtra? Allora in quei punti il contatto con la tavola manca, e il suono se ne va in malora. Se non avete un liutaio di fiducia preparatevi a lavorare, e di fino.

Procuratevi una rasiera, non da carrozzieri bensì da liutaio, o fatevela (fatevela fare) partendo da una rasiera da carrozziere e sagomandola con lati di circa 5 cm, ben affilati. Rimosso il ponte (mollando completamente le corde!) dovrete lavorare sui punti ‘alti’ della base del ponte, quelli cioè dove la luce non passa, per portarli alla stessa altezza degli altri. Perciò fatevi un favore: con una matita marcatevi (con una freccia o altro segnetto) i punti suddetti, e naturalmente segnatevi anche il davanti e il dietro del ponte (cioè il lato verso la cordiera e quello verso la tastiera). Lavorate in modo più ‘piano’ possibile, senza oscillazioni che vi farebbero ottenere una base bombata invece che piana (non sto naturalmente parlando della curvatura che ricalca quella della tastiera, bensì di poco desiderate curvature nel senso cordiera-manico!).

Se la rasiera è affilata potrete lavorare lentamente e con il minor numero possibile di colpi, rischiando così meno di esagerare. Non dimenticate, per essere più sicuri nella vostra prudenza, che un buon ponte costa circa 15-16 dollari, più spedizione… Per sicurezza, come sempre, ogni tanto controllate a che punto siete: noterete che eliminando un punto troppo alto ne creerete altri, come è ovvio dato che in questo modo spostate continuamente i punti di appoggio del ponte. Noterete peraltro che andando avanti col lavoro i ‘vuoti’ sotto i piedi del ponte tenderanno a diminuire in ampiezza, e che il profilo della base del ponte si farà sempre più simile (parallelo) a quello della tavola. Questo è naturalmente lo scopo che ci siamo prefissi con questo lavoro, ma non dimenticate di lavorare piano per evitare di creare nuovi spazi sotto il ponte!

Siete arrivati ad avere un contatto quasi perfetto? Avete lisciato (sempre a rasiera) le eventuali piccole imperfezioni della superficie? OK, rimettete in tensione le corde, accordatele, poi lasciate tutto a sedimentare per qualche tempo, dato che sia la tavola sia i piedi del ponte devono riadattarsi alla tensione delle corde. In questo modo quasi sicuramente salteranno fuori nuove magagne nel contatto delle due parti: rimollate tutto, dopo avere marcato le posizioni dei punti magagnosi, e rimettetevi al lavoro come sopra, naturalmente andando molto più leggeri di prima, e in breve tempo avrete un perfetto contatto ponte/ tavola. Riprovate lo strumento accordato, suonatelo per alcuni giorni, e se volete veramente ringraziarmi come si deve fatelo per iscritto sul retro di un biglietto da 100.000. O di diversi biglietti…

Silvio Ferretti, fonte Country Store n. 34, 1996

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