Nuovo album per Mick Hanly, dopo il convincente Warts And All ed il suo coinvolgimento nel Guinness Tour. Era attesa la sua prova con affetto ed il risultato è felice. Per un autore come Hanly non servono espressioni roboanti: una sua incisione va salutata come una lettera di un amico lontano.
Volendo trovare una definizione per tale personaggio, si finisce per dare nuovo valore a termini che hanno perso, giocoforza, il loro significato più autentico. La caratteristica migliore di Mick Hanly è infatti l’onestà, virtù ormai desueta e che fa piacere ritrovare. Mi rendo conto della difficoltà di considerare appieno tale qualità e la sua valenza, ma è l’onestà la caratteristica che più colpisce ed affascina di questo ultimo lavoro.
Canzoni senza tempo quelle di Happy Like This: dagli echi vanmorrisoniani di I Feel I Should Be Calling You al mai sopito amore per il rock’n’roll di Nobody Told Me, dal forte sapore blues di No Mercy per finire alle atmosfere jazzy di The Piano Tuner (con lo splendido duetto vocale di Mick e Shelly Buckspan), l’album è pervaso da una vena di composta e nobile malinconia e da una forte dose di ironia.
Se a ciò si aggiunge l’ottima prova dei musicisti chiamati a costituire il tappeto sonoro alla potente voce del nostro si ottiene un risultato emozionante e pregevole. Da sottolineare, in particolar modo, lo splendido lavoro di cesello di Kenny Craddock all’organo Hammond, senza con questo voler nascondere il grosso lavoro di insieme della band, omogeneo e preciso.
Un peccato che artisti di tale valore non abbiano il riconoscimento dovuto, anche se, ed è questo un po’ il sottile ed egoistico desiderio degli appassionati, il piacere nell’ascolto di tali personaggi sembra aumentare: in fondo è la sensazione, un attimo infantile, di possedere realmente ciò che si ama. Forse sono queste le cose che aiutano vivere meglio.
Round Tower Music RTMCD 61 (Singer Songwriter, 1993)
Luca Marconi, fonte Out Of Time n. 3, 1994