Mercoledì 18 marzo è deceduto nella sua casa di Arsta, in Svezia, Samuel Barclay Charters IV. Aveva 85 anni ed era affetto da un cancro al midollo osseo. Storico musicale, ricercatore, scrittore, produttore discografico, poeta e musicista, Samuel B. Charters può essere considerato l’ispiratore e il precursore dei moderni studi sul blues e della sua divulgazione al grande pubblico.
Nato a Pittsburgh, Pennsylvania, il primo agosto del 1929, in una famiglia di musicofili, si era trasferito con la famiglia in California all’età di 15 anni e dopo aver prestato servizio nell’esercito durante la guerra di Corea, si era laureato in economia all’Università di Berkeley. Per tutti gli anni ’40 e ’50 si immerse nello studio e nelle ricerche sul blues che si tradussero nella sua prima e fondamentale opera The Country Blues, pubblicato nel 1959, in contemporanea con una raccolta discografica composta da materiale della sua collezione per l’etichetta RBF Records, nella quale comparivano i brani allora praticamente sconosciuti, tra gli altri, di Robert Johnson, Bukka White, Blind Willie McTell e Sleepy John Estes. The Country Blues è ancora una pietra angolare per lo studio e l’ascolto del genere e, come scrive Ted Gioia nel suo The Delta Blues, è la prima grande opera sulla musica blues tradizionale e una legittimazione del blues come forma poetica e artistica.
Nel 1962 Bob Dylan fece una cover di Fixin’ To Die di Bukka White, contenuta nell’LP The Country Blues, e nel giro di dieci anni i brani di Willie McTell, Henry Thomas, Robert Johnson, evidenziati da Charters nelle antologie della RBF, divennero parte integrante del repertorio delle migliori rock band di sempre, come gli Allman Brothers, Canned Heat, Cream o Rolling Stones.
Per tutti gli anni ’60 continuò a scrivere libri e a produrre i dischi di artisti come Sam Hopkins, Junior Wells, Buddy Guy, James Cotton e Charlie Musselwhite per etichette quali Folkways, Prestige e Vanguard, interessandosi alla scena psichedelica californiana e producendo i primi quattro LP di Country Joe & The Fish, mentre come musicista collaborò con Dave Van Ronk nei Ragtime Jug Stompers e con il chitarrista Danny Kalb nel duo chiamato The New Strangers. Impegnato politicamente e in rotta di collisione con la politica americana, insofferente del razzismo ancora presente nella società americana di quegli anni, decise di emigrare in Svezia nel 1970 acquisendone in seguito la cittadinanza.
Charters ha pubblicato anche raccolte di poesie come Things To Do Around Piccadilly e What Paths, What Journeys oltre a racconti, tra i quali Louisiana Black e Elvis Presley Calls His Mother After The Ed Sullivan Show, e si è anche dedicato allo studio della lingua svedese traducendo le opere del poeta premio Nobel Tomas Transtromer e scrivendo un libro sui musicisti di strada della Svezia intitolato Spelmannen.
L’ultima opera di argomento musicale, con l’evocativo titolo A Language of Song: Journeys in the Musical World of the African Diaspora, è stata pubblicata nel 2009 ma è prevista l’uscita postuma di Songs of Sorrow, una biografia di Lucy McKim Garrison. Merita la lettura dell’intervista radiofonica raccolta da Terry Gross nel 1987 per la stazione NPR e che, trascritta in questi giorni per la triste occasione, si può trovare in lingua inglese sul web.
Vincitore di un Grammy Award per il disco The Country Blues, nel 1999 è stato inserito nella Blues Hall of Fame, e nel 2000 ha donato tutto il suo immenso archivio composto di dischi, spartiti e studi al Thomas J. Dodd Research Center dell’Università del Connecticut.
Nel 2011 l’ultima intervista è stata pubblicata da Matthew Ismail nel suo libro Blues Discovery: Reaching Across The Divide. In queste pagine emerge in modo sincero il carattere, l’impegno e lo spirito di questo grande studioso e appassionato: «Per me scrivere della musica nera era il mio modo di combattere il razzismo. Questa è la ragione per cui il mio lavoro non è accademico e niente altro che semplice divulgazione: io volevo che la gente ascoltasse la musica nera…presentando questa musica potevo convincere qualcuno a guardare oltre le divisioni razziali e a vedere, in una faccia nera, quella di una persona e di un essere umano…e per questa ragione il mio lavoro è spudoratamente romantico».
Pio Rossi, fonte Il Blues n. 131, 2015