Sam Frazier (71 anni) è nato in una cittadina mineraria a 20 miglia da Birmingham, Alabama, ed è cresciuto ascoltando Howlin’ Wolf, Jimmy Reed, Sonny Boy Williamson e Slim Harpo dal vivo: erano i musicisti itineranti che animavano gli ‘house parties‘ organizzati ogni fine settimana da sua madre nel cortile dietro casa. Era ancora un bambino quando Sonny Boy Williamson II° gli regalò la prima armonica e gli mostrò le prime note (la seconda armonica la ricevette invece da Slim Harpo), e da allora non ha più abbandonato lo strumento. Ha composto la sua musica e inciso diversi dischi con etichette indipendenti, per 15 anni ha suonato e cantato in un programma di musica country popolarissimo in Alabama, ed ha poi lasciato il Sud per la California dove ha fatto parte della band di Johnny Otis. Dal 2006 è tornato a Birmingham dove l’abbiamo intervistato.
Mr. Frazier, ci racconta la sua storia?
Sono nato a Edgewater, una cittadina di minatori vicina a Birmingham. Mio padre faceva il minatore, mia madre arrotondava organizzando i cosiddetti ‘house parties‘ e allora il nostro ‘backyard‘ si trasformava in una sorta di club improvvisato dove si suonava il blues. Mia madre aveva appeso dei fili per i panni ai quali aveva attaccato delle lucine, una sorta di decorazione alla buona. Durante queste feste vendeva il whiskey fatto in casa. Era illegale vendere alcol senza licenza, ma i miei non si preoccupavano dei rischi che correvano. Al tempo le cose funzionavano così. A volte arrivava la polizia e i miei nascondevano il whiskey sotto il materasso, e sopra ci mettevano noi bambini a dormire (quattro femmine e due maschi). E quante volte abbiamo dormito su un letto imbottito di whiskey. Il trucco però funzionava: gli agenti non pensavano che il whiskey fosse nascosto nel letto dei bambini e se ne andavano (ride). Spesso alcuni agenti chiudevano un occhio in cambio di qualche bottiglia. Era roba forte, che bruciava le budella, ma molti apprezzavano il distillato della mamma. L’ho provato anch’io una volta e forse è per questo che non ho mai bevuto: quella roba bruciava!
Chi veniva a suonare nel vostro backyard?
Erano in tanti, tra i grandi del blues, a venirci regolarmente. Sonny Boy Williamson II°, per esempio, Slim Harpo, Little Walter, Jimmy Reed, Howlin’ Wolf e molti bluesmen di Birmingham e dintorni. Ricordo ancora il suono delle loro armoniche. Al tempo non avevano molti strumenti. Suonavano l’armonica e battevano i piedi. Ma che musica usciva da quelle armoniche! E quella musica mi è rimasta nel sangue. Mi sembra di sentirla suonare tuttora. Sto parlando degli anni ‘50. Ero un bambino al tempo, e fu proprio ascoltando questi musicisti che mi appassionai al blues. Sonny Boy Williamson II° mi regalò la mia prima armonica e mi fece vedere come suonarla. Anche Slim Harpo mi regalò un’armonica e mi insegnò alcuni trucchi. E così è iniziata la mia carriera di musicista: da bambino nel backyard di casa nostra. Suonavo tutti i giorni l’armonica ero instancabile. Mi fermavo solo quando riuscivo a farle produrre il suono che volevo…
Ci racconta qualche aneddoto di questi grandi artisti che hanno suonato a casa sua?
Mi ricordo che a un certo punto portarono microfoni e amplificatori e la musica blues si diffondeva per tutto il vicinato. E quanto whiskey bevevano! Molti musicisti, a pensarci bene, erano alcolizzati. Jimmy Reed e Sonny Boy per esempio suonavano solo dopo aver mandato giù il torcibudella della mamma. Ma che musica suonavano allora! Era una musica divina. Solo bevendo riuscivano a liberare il blues che si portavano dentro…Un giorno Jimmy Reed salì sul palco così sbronzo che lui cadde da un parte e la chitarra dall’altra (ride).
Come ha iniziato a muovere i suoi primi passi come musicista?
A 19 anni ho iniziato a suonare nei piccoli club di Birmingham e negli house parties. Mio padre mi regalò una nuova armonica per incoraggiarmi, ma non avevo bisogno di incoraggiamenti, ero così entusiasta. Ma lui era felice perché avevo scelto la carriera di musicista e non quella di minatore, per cui mi comprò quell’armonica e mi disse che con la musica avrei guadagnato di più. E in realtà non me la passavo male. Mi pagavano bene o, per essere sinceri, quelle che mi davano mi sembravano cifre enormi. Un vicino di casa mi insegnò a suonare la chitarra. E mi trasformai in una band composta da una sola persona. Cantavo, con i piedi suonavo la batteria, al collo tenevo il supporto per l’armonica a cui avevo attaccato un microfono e in mano avevo la chitarra. Mia sorella Caroline mi disse che voleva imparare a suonare e seguirmi. Le insegnai a suonare il basso. Mio padre le comprò il basso e un grosso amplificatore. Iniziammo così a suonare il blues nei club di Birmingham. Mia sorella era bella, magra e molti venivano ad ascoltarci ed a vedere una bella donna suonare il basso. Ci facevamo chiamare Sam and Carol’s Combo. Eravamo abbastanza conosciuti nella zona di Birmingham. Suonavamo in diversi club e siamo stati anche in Georgia. In seguito il DJ Maurice King ci notò e ci fece conoscere una talent agent di New York. Si chiamava Zell Sanders ed era l’agente di Clarence Ashe. Ci ascoltò e ci disse di partire con lei, nel suo furgone, l’indomani per New York. Avevamo in tutto un giorno per prepararci! Chiedemmo a nostro padre e al pastore della nostra chiesa la benedizione e partimmo. Registrammo diversi pezzi rhythm and blues per la etichetta Goodie Train. E per due anni (dalla fine degli anni ‘60 agli inizi degli anni ‘70) suonammo nei locali di New York e del New Jersey. Ma non suonavamo abbastanza da poterci mantenere, la nostra agente non aveva tutti quei contatti di cui si vantava. Mia sorella faceva le pulizie, mentre io cercavo di trovare posti dove andare a suonare, ma infine presi una decisione: portai gli strumenti a un banco dei pegni e mi comprai un biglietto per Birmingham. E così smisi di suonare con mia sorella…
A Birmingham iniziò a cantare e suonare al ‘Country Boy Eddie’s TV Show’, un programma di musica country molto popolare in Alabama. Com’è stato ingaggiato in quello show?
Oh, è una lunga storia…Come premessa ti racconto come negli anni Sessanta avevo iniziato a suonare qualche pezzo country…Partecipai in quegli anni a un talent show organizzato dal Sonny Duke, un club di country di Birmingham. Ero uno dei pochi neri che suonavano il country e la notte del talent show la mia era l’unica faccia nera nel locale. Suonai Orange Blossom Special con l’armonica e poi Big Boss Man di Jimmy Reed. Il proprietario del locale mi disse di tornare a suonare. Ero piaciuto al pubblico. E così, negli anni ‘70 tornato da New York volevo suonare anche il country. Suonare però non rendeva abbastanza e trovai lavoro alla Chevrolet di Birmingham. Al tempo componevo canzoni. Spesso durante il lavoro, quando mi veniva in mente una strofa, andavo in bagno e me la scrivevo per non dimenticarla. E così scrissi la canzone country Cabbage Man. La cantai ai meccanici della Chevrolet. Gli piacque così tanto che fecero la colletta per farmela registrare. Uno di loro conosceva Country Boy Eddie, che al tempo aveva uno show giornaliero (cinque giorni alla settimana) di musica country che durava due ore, e il collega mi portò alla stazione televisiva per farmelo conoscere. Ci ritornai per diversi giorni prima che Country Boy trovasse il tempo di sentirmi. Guardavo sempre lo show in TV e conoscevo Country Boy come artista e così quando mi chiese di suonargli qualcosa, presi l’armonica e feci un pezzo di Jimmy Reed. Mi disse di tornare il giorno dopo, e poi quell’altro ancora. In quel periodo il mondo del country aveva scoperto Charley Pride (il primo cantante nero a essere diventato famoso nella musica country, n.d.r.). Country Boy mi incoraggiò a suonare il country, oltre al blues. E per 15 anni ho suonato il country e il blues in TV. Suonavo ogni mattina dalle 5 alle 7, e poi andavo a lavorare in un centro commerciale di Birmingham (i soldi non bastavano mai). Ho portato tanto di quel blues nella televisione dell’Alabama che la gente iniziò a conoscerlo e ad amarlo. E quanto lo amavano!
Non doveva essere facile al tempo per uno di colore apparire in TV a Birmingham…
Non lo era affatto. Ero il primo nero nella televisione dell’Alabama. Ma sono stato molto attento a non offendere nessuno. Country Boy mi proteggeva e tutti lo sapevano e perciò mi rispettavano.
Nel 1963 a Birmingham i neri iniziarono le marce di protesta per ottenere i diritti civili. Martin Luther King era in città a guidare le proteste. So che lei ha scritto dei blues su quegli eventi di Birmingham che hanno poi cambiato l’America…
Ho scritto canzoni su diversi problemi, sulle mie esperienze, sulla vita quotidiana. Negli anni ’60 ho scritto anche sulla segregazione a Birmingham, ma ho cercato di non prendere parte alle proteste. Era troppo pericoloso.
Le ha incise quelle canzoni?
No, alcune persone del movimento per i diritti civili volevano che lo facessi. Cercarono di convincermi a registrare una canzone e a cantarla in pubblico, ma ho avuto paura. Parlava dei neri e dei bianchi che dovevano vivere assieme, amarsi. In California o New York forse avrei potuto cantare o registrare un brano del genere, ma in Alabama bastava molto meno per finire appeso a un albero e io al mio collo ci tenevo (ride).
Dopo aver lavorato per il Country Boy Eddie’s Show è andato in California…
Oh, quella è un’altra storia…Un promoter ascoltò il blues e il country che suonavo e gli piacque così tanto che quando tornò in California parlò di me. Lo rimandarono a Birmingham a prendermi. Stavo divorziando da mia moglie al tempo e così decisi di andare in California. Ci ho vissuto per 20 anni. Le cose andarono bene per circa sei anni. Poi i miei agenti iniziarono a non pagare, a fare assegni a vuoto. Trovai un lavoro in un campeggio per roulotte. I venerdì suonavo con Johnny Otis in un jazz club a Los Angeles. Johnny aveva un programma alla radio e ha spesso mandato in onda il mio singolo appena uscito Don’t Start Me Talking. Era un pezzo di vero blues che divenne abbastanza conosciuto. Lasciai la band di Johnny perché voleva che facessi solo pezzi di James Brown o di Wilson Pickett. Johnny amava il blues e il modo in cui suonavo l’armonica, ma però voleva che cantassi e basta…
Perché è tornato a Birmingham?
Sono ritornato nel 2006 perché mio fratello e mia sorella mi convinsero a tornare. In California mi ero ammalato e i paramedici dovettero sfondare la porta di casa per portami in ospedale. Avevo un grumo di sangue nel braccio e a malapena riuscivo a muovermi. Avevo un buon lavoro: ero diventato assistente manager nel campeggio per roulotte e la sera suonavo tantissimo… Una volta tornato a Birmingham ho avuto difficoltà a riprendere la mia carriera di musicista. Ho avuto però la fortuna di entrare a far parte del programma Music Maker (associazione non profit che ha lo scopo di preservare le tradizioni musicali del Sud aiutando direttamente i musicisti e facendo in modo che la povertà e il tempo non zittisca le loro voci, n.d.r.). Ecco com’è successo: una signora di New York, che ama la mia musica, ha spedito tutte le informazioni su di me a Music Maker. Mi invitarono nella loro sede nella Carolina del Nord. Mi hanno aiutato a pagare le tasse della casa (da quando sono tornato a Birmingham mio fratello e mia sorella sono stati chiamati dal Signore e mi hanno lasciato la casa, quella dei miei, a Edgewater). Music Maker sta cercando di farmi ottenere una casa popolare a Birmingham. Vivere in città è più comodo, così non devo viaggiare, perché grazie a questa organizzazione ho iniziato di nuovo a esibirmi. Suono spesso con Albert White, di Atlanta, un altro artista che fa parte del programma Music Maker.
Long Lonesome Blues del 2012 (‘Transmedia Music Label’ di Birmingham) è il suo ultimo album. Ce ne parla?
È un album di blues e country. Eseguo dei pezzi di B.B. King, Sonny Boy e canzoni che ho scritto. Long Lonesome Blues è una canzone che mi è venuta in mente ascoltando un pezzo che parlava di una via solitaria e così ho scritto del blues solitario e da qui il titolo dell’album.
So che sta lavorando a un nuovo album, ci anticipa qualcosa?
È un album di blues tradizionale. Ci sono molte mie canzoni nuove, mentre di altre ho invece cambiato gli arrangiamenti. La casa discografica è sempre la Transmedia Music Label, una etichetta indipendente di Birmingham.
Qual’è la musica della sua anima: il blues o il country?
Amo il blues, ma anche il country della vecchia tradizione. Quello in cui si sente la chitarra. Se il pubblico è nero mi viene spontaneo suonare il blues, se vedo molti bianchi amo fare dei pezzi country…
Cosa pensa della scena musicale blues di Birmingham?
C’è molto blues a Birmingham. Si suona in diversi locali. Il Gip’s Place esiste da sempre e poi ci sono il Red Wolf, Henderson, tantissimi locali rispetto ad altri posti in America, ma niente è paragonabile al tempo della mia infanzia: allora il blues era dappertutto a Birmingham.
Francesca Mereu, fonte Il Blues n. 133, 2015