Sarah ‘capelli color del grano’ Pierce ti osserva con uno sguardo chiaro e incontaminato; è una valente singer-songwriter originaria di Rockford, Illinois, oggi dimorante ad Austin, una città scelta per ‘un senso d’appartenenza’ a una comunità musicale ampia ed eclettica. Già ragazzina inizia a cantare seguendo il genitore, medico di giorno e musicista in una country band locale la sera. Il richiamo mefistofelico delle assi del palcoscenico e della musica le entrano nei cromosomi modellando una scelta di vita; sul palco si sente a proprio agio e trova la sua dimensione e il suo sogno.
Laureatasi in medicina, dopo qualche anno di attività come fisioterapista, allo stetoscopio preferisce la chitarra e l’asta del microfono; allestisce quindi una propria band, The Healers, con cui gira per gli States e viene così notata da John McEuen (Nitty Gritty Dirt Band) che la vuole come opening act per la celebre band e la introduce nel circuito appropriato.
Sarah, protagonista di una perseverante attività live, ha modo di condividere il palco con gente come Jerry Jeff Walker, Asleep At The Weel, Arlo Guthrie, Gary P. Nunn, Faboulous Thunderbirds, ecc. ed è la sua voce che interpreta le canzoni di Calamity Jane nella miniserie televisiva The Wild West.
La Pierce è padrona di una vocalità sofisticata che trasmette emotività penetranti: come se Joni Mitchell periodo Blue o Lady Canyon incrociasse per strada Emmylou Harris. In Birdman la sua voce sembra risplendere, song dopo song, con tutto il suo carisma e la sua potenzialità espressiva ricca e vellutata, ma all’occorrenza dinamica e grintosa. Una voce trasparente e tangibile da cui traspare una personalità matura che ha finalmente l’occasione di esprimere il suo linguaggio musicale colto e raffinato, coniugando le forme espressive delle moderne cantautrici folk con suoni policromi e brillanti.
Alla fine del ’97 ha pubblicato No Place Like Home, un CD abbastanza sobrio che però non rendeva giustizia alle proprie capacità; Birdman non si limita agli esercizi di stile e rispetto al precedente lavoro contiene un suono più sostanziale, diretto e parallelamente sofisticato. Le sue canzoni parlano di esperienze vissute, dei sogni e delle speranze di una donna, di un universo femminile ispirato dalle piccole e grandi vicende giornaliere che scandiscono il cammino.
Birdman non ha un impatto appariscente ed immediato, ma ha quel gusto basilare poderoso e impalpabile, avvertibile ascolto dopo ascolto; apprezzabile per l’intensità degli impulsi e delle passioni che lo rimpolpano e che non difettano di slancio e vivacità. In ogni brano c’è l’ombra di un sentimento autentico, è quanto basta per intuire la sincerità di un disco capace di coinvolgere attenzione ed emozioni. Doveroso poi un cenno ai musicisti che l’accompagnano: il suo compagno Merel Bregante (già drummer con Loggins & Messina, Chris Hillman, Nitty Gritty Dirt Band, Steve Martin ecc, e oggi produttore di talento per Jesse Taylor, Terry Clarke, Restless Kelly, Chicken Mambo, Don McCallister e molti altri), John Inmon e Kenny Grimes (electric guitars), i Chicken Mambo Boys, M. ‘micio’ Fassino (acoustic guitar) e Joe Barreca (bass) voluti per la loro viva dedizione, l’eccellente pianista Riley Osborn e altri spiritelli creativi delle sette note.
Nell’accomiatarmi, ricordo l’agile title-track Birdman, l’iridescente Marjorie, le pianistiche Turn Around e Wind che, colme di forza d’animo e turbamento, sembrano sciogliersi da un momento all’altro in un sensuale intimismo.
Similmente soddisfacenti Talking With You e l’ineluttabile (anche se un pó formalista) boogie di Coffee Shop, mentre una splendida cover di Wonderful World, che da sola vale il disco, chiude un lavoro degno di considerazione.
Little Bear 14222 (Singer Songwriter, Alternative Country, 2000)
Claudio Giuliani, fonte Out Of Time n. 35, 2000
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