Sarasota Slim – Hungry Man cover album

Terzo appuntamento italiano per Gene Hardage, che ha trovato nella Appaloosa quella Capricorn che negli anni 70 aveva portato al successo i più bei nomi di un southern rock ormai pressoché scomparso. Oggi questo superbo chitarrista, potrebbe fregiarsi del titolo di ultimo superstite di una stirpe di musicisti che avevano saputo rivitalizzare un rock privo di idee.
Dal primo Bourbon To Beale, Sarasota Slim è cresciuto notevolmente, portando a completa maturazione una vena compositiva estremamente brillante, unita ad una capacità strumentale che abbiamo spesso potuto verificare nei suoi numerosi concerti. Oggi il sound della band si avvicina a quello degli amatissimi Allman Bros, ma senza alcuna intenzione imitativa, cercando di recuperarne il feeling e rifacendosi ai criteri ispiratori del più tradizionale southern rock.
Anche l’innesto delle tastiere di Lucky Peterson, che ricorda in maniera impressionante il pianismo di Greg Allman, serve a raffinare un sound ruvido e sanguigno e, non ad avvicinarlo, ma a offrire una valida alternativa al mitico modello: Lonely Room ne è l’esempio più lampante.

Ma Sarasota non si accontenta di essere il punto di riferimento dell’attuale southern rock, ma tiene a ricordare le sue radici blues, di cui offre una personale rivisitazione nelle struggenti As The Years Go Passing By e Too Many Roads o nella potente Close To The Fire nella quale scopriamo le notevoli doti vocali del nuovo bassista, Rene Quetglez.
Un altro centro lo mette a segno chiamando alle tastiere Diz Watson, misconosciuto alterego di Dr. John, insieme al quale si cala in un sound neworleanseiano, per Rhum-boogie che lo stesso Dr. John apprezzerebbe per poi lanciarsi con Shim Sham Shimmy, in un arroventato r&r. Poi Wrapped Up In Love Again, palcoscenico ideale di esuberante tecnica.

Appaloosa AP 101-2 (Roots Rock, Blues Rock, 1994)

Claudio Garbari, fonte Out Of Time n. 2, 1994

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