Per coloro che hanno vissuto in prima persona gli anni ‘70. epoca aurea di quel movimento musicale definito ‘country-rock’ ad opera di Gram Parsons e della sua International Submarine Band, il nome degli Amazing Rhythm Aces rievoca vibrazioni positive e suoni familiari.
Ciò che attualmente viene identificato come (new) country-rock ben poco ha da spartire con un sound molto più ‘ruspante’, diretto, immediato ed epidermico, che se ne infischiava allegramente delle classifiche e che guardava invece ad uno scopo più alto: accomunare gli appassionati della musica country (tradizionalisti ben pensanti ed ‘abbastanza’ radicati nelle loro concezioni) ed i seguaci della musica rock (presumibilmente una fascia di pubblico più giovane e legata a valori diversi).
Progetto di per sé estremamente ambizioso nei suoi intenti, ma che dimostrò di avere tutte le carte in regola per condurre l’operazione a buon fine, visto il seguito che il movimento ebbe allora ed il significato che tutt’ora mantiene, inalterato nel tempo, se pensiamo che a questo filone artistico sono indissolubilmente legati i nomi di gruppi ‘storici’ quali Byrds, Buffalo Springfìeld, Crosby Stills Nash & Young, Flying Burrito Brothers, Dillards, Eagles, Nitty Gritty Dirt Band, Poco e tantissimi altri.
Della ‘seconda ondata’ del country-rock, insieme ai vari America, Batdorf & Rodney, Big Wha-Koo, Dillard & Clark, Free Beer, Loggins & Messina, Mason Proffit, Souther-Hillman & Furay Band, Manassas, Ozark Mountain Daredevils, Pure Prairie Legue, Swampwater… (eccolo lì: il critico musicale che sta già puntando l’indice accusatore urlando: “E i tali te li sei dimenticati?” Ebbene… sì, mea culpa.), nata, in parte, dalle varie dipartite di membri più o meno significativi delle compagini di cui sopra, fanno parte gli Amazing Rhythm Aces e la loro storia – discografica – nasce nel lontano 1976…
Stacked Deck – ABC 403 (1976)
Formazione a sei elementi per il disco (eh sì. perché allora il CD non esisteva ancora) di esordio, pubblicato anche in Italia. Il gruppo è formato da alcuni quotati session men del giro Nashvilliano. il più noto dei quali è senza dubbio il polistrumentista Barry ‘Byrd’ Burton (chitarre soliste, steel, dobro, mandolino, voce solista e corista), che produce anche lalbum, affiancato dal biondo tastierista Billy Earheart, dal pianista e voce corista (poi accompagnatore stabile della band di Nanci Griffìth) James Hooker, dal chitarrista ritmico ed armonicista Russell Smith, dotato di una voce molto personale e veramente stupenda, per concludere con la rodata sezione ritmica formata da Jeff Davis (basso e voce corista) ed il batterista Butch McDade, recentemente scomparso, vittima di un male incurabile.
Il fatto stesso che il primo disco della band sia registrato ai mitici Sun Studios di Memphis, la dice lunga sul background di questi signori. Dai solchi di questo polveroso (si fa per dire) vinile che sta ora girando sul piatto, si sprigiona un sound che non ha perso niente del suo fascino originale.
La patetica cronaca della relazione extra-coniugale narrata in Third Rate Romance mantiene immutata tutta la poca convinzione dei protagonisti e quella ingenua spontaneità che ne mitiga le colpe.
Sul piano musicale, il tessuto elettroacustico poggia su di un ritmo sincopato, trapunto dagli interventi solistici di Barry Burton e dalla voce piena di pathos di Russell Smith, vero marchio di fabbrica degli A.R.A.
ltrettanto interessante, anche se con cromatismi più orientati a sonorità ‘soul’, risulta The Ella B, introdotta ed impreziosita nel corso di tutto il brano dal dobro di Burton ed opera, come il precedente, della prolifica penna di Smith, che compone e comporrà la maggior parte dei brani del gruppo.
Il ripescaggio del traditional Life’s A Railway To Heaven, cantata da Barry Byrd, merita da solo il prezzo del disco. La partenza è in chiave tradizionalmente country, con la voce davvero azzeccata, poi il ritmo si fa improvvisamente bluegrass, mentre le voci si rifanno maggiormente alla impostazione gospel. Va bene che il testo è di ispirazione religiosa, ma il mandolino ed il dobro sono dannatamente intriganti e quasi trasgressivi.
Il risultato evidentemente incontra il favore del pubblico, tanto è vero che il brano viene pubblicato come primo singolo-pilota dell’album.
Nuovo cambio di ‘filone’ per The Beautiful Lie, quasi bluesata, con la chitarra acustica che ricama prima su di un organo, quindi su di una steel guitar, sempre in compagnia della particolarissima voce di Russell Smith: grande!
Ancora atmosfere nere, elettricamente blues, per Hit The Nail On The Head: sonorità inconsuete, con le quali i nostri assi sembrano trovarsi comunque a loro perfetto agio.
Il blues (pianistico, questa volta), rimane incontrastato padrone del finale del lato A di questo esordio fulminante. Who Will The Next Fool Be è tratta dal repertorio di un grande ‘minore’ della scuderia della gloriosa Sun Records, quel Charlie Rich, recentemente scomparso, del quale ricordiamo il famoso hit Behind Closed Doors.
In apertura del lato B, ci riprova Russell Smìth con Amazìng Grace Used To Be Her Favorite Song, un brano country tipicamente cadenzato, con grandi impasti vocali improntati al classico gospel Amazing Grace.
E via di questo passo, fra digressioni R&B (Anything You Want), nuovi richiami al blues (My Tears Still Flow e Why Can’t I Be Satisfied), ricordi mai sopiti dei colori e dei sapori del border messicano (Emma-Jean e la chitarra di Jim Kershaw), per finire in bellezza con la ballatona pianistica King Of The Cowboys, che chiude l’album con il tributo personale di Russell Smith al suo eroe western per antonomasia, John Wayne, al quale il brano sarà espressamente dedicato nel doppio live pubblicato nel 1981 a tiratura limitata su vinile vergine.
Sicuramente un esordio di altissimo livello, che attrarrà l’attenzione di molti su questa compagine che prende il volo come Amazing Rhythm Aces..
Side One
Third Rate Romance (H.R.Smith)
The Ella B (H.R.Smith)
Life’s A Railway To Heaven (Traditional)
The Beautiful Lie (D.McDade)
Hit The Nail On The Head (H.R.Smith)
Who Will The Next Fool Be (C.Rich)
Side Two
Amnzing Grace Used To Be Her Favorite Song (H.R.Smith)
Anything You Want (H.R.Smith-H.James)
My Tears Still Flow (H.R.Smith)
Emma-Jean (H.R.Smith)
Why Can’t l Be Satisfied (H.R.Smith)
King Of The Cowboys (H.R. Smith-H. James)
Too Stuffed To Jump – ABC D940 (1976)
“Cavallo vincente non si cambia” sembra essere la frase adottata dalla band per gestire il proprio successo. Stessa etichetta, stessa formazione e stesso approccio alla musica: un crogiuolo di stili nel quale la band dimostra di sguazzare nel vero senso della parola.
Se il R&B apre le danze con Typical American Boy, co-firmata da Russell Smith, il prosieguo si snoda sulle dolci tematiche acustiche di If l Just Knew What To Say, delicata ballata giocata in punta di piano e chitarra, rigorosamente acustica o sulle soffici percussioni di un altro dei cavalli di battaglia dei nostri, quella The End Is Not In Sight (The Cowboy Tune), ancora una volta opera di Smith, che verrà regolarmente ripresa nei concerti della band.
Quasi swingata ed ingenua risulta poi Same Ole Me, l’unica performance vocale di Butch McDade, batterista/percussionista del gruppo, con il felice supporto delle tastiere di Billy Earheart e James Hooker, senza dimenticate il basso di Jeff Davis.
Ancora Russell Smith all’opera in veste di autore (oltre che di interprete) per la conclusiva – relativamente al lato A – These Dreams Of Loosing You, ballata dalle forti connotazioni soul, con un piano liquido e notturno, senza dimenticare le ‘snappin’ fìngers’ che danno quel tocco da ‘night club’ molto azzeccato.
Si riparte con un classico rock tastieristico per l’ll Be Gone, ravvivata dalla voce del solito Russell Smith, mentre Out Of The Snow, fra le cose migliori dell’intero album, non potrebbe suonare più country di così: estremamente tradizionale nella scelta della strumentazione e nell’uso delle voci, risulta accattivante e gradevolissima fin dal primo ascolto, grazie anche all’uso simpatico dell’autoharp (Barry Burton).
A Little Italy Rag non è altro che pura ‘music for fun’ e poco aggiunge al patrimonio del gruppo, se non enfatizzare quelle caratteristiche di versatilità che ne avevano – ed hanno – sempre caratterizzato la produzione.
In chiusura di album troviamo un altro dei classici della band, Dancin’ The Night Away. Pezzo prevalentemente pianistico, caratterizzato da uno sviluppo molto complesso, con frequenti cambi di tempo, risponde però docilmente ai vocalizzi di Russell Smith, che se la vede con la solista elettrica del solito Barry Burton, fino a quando questa prende il sopravvento e diventa incondizionata dominatrice del brano.
Leggermente inferiore allo sforzo precedente, questo secondo episodio della saga degli Amazing Rhythm Aces ci consegna comunque una band interessante, non fosse altro per la varietà e l’impegno con il quale questi signori affrontano sonorità e stili musicali così diversi, fondendoli in un’unica soluzione artistica davvero stimolante.
Side One
Typical American Boy (H.R.Smith-J.H.Brown Jr.)
If l Knew Just What To Say (S.Wright)
The End Is Not In Sight (The Cowboy Tune) (H.R.Smith)
Same Ole Me (B.McDade)
These Dreams Of Losing You (H.R.Smith-J.H.Brown Jr.)
Side Two
I’ll Be Gone (H.R.Smith)
Out Of The Snow (H.R.Smith)
Fool For The Woman (H.R.Smith)
Little Italy Rag (H.R.Smith)
Dancing The Night Away (H.R.Smith)
Toucan Do It Too – ABC AB 1005 (1977)
Terzo atto e l’impressione è quanto mai controversa: le sonorità coinvolte in questo album appaiono estranee e fuori luogo nell’ambito delle – pur varie – espressioni artistiche alle quali eravamo stati abituati. La voce di Russell Smith rimane quella di sempre, ma già Never Been To The Islands e le sue sonorità (pseudo) caraibiche non convincono proprio. Altrettanto dicasi per il blues tastieristico di Never Been Hurt: il tutto suona ‘stonato’ e soprattutto ‘fuori posto’, anche se la coppia Smith/Brown aveva in passato firmato alcuni degli episodi migliori degli Assi.
Non mancano alcuni episodi al disopra della media: Everybody’s Talked Too Much, la ballata country Last Letter Home, il lucido blues pianistico di Just Between You And Me And The Wall You’re A Fool, senza dubbio il gioiello dell’intero disco, poi ripresa nell’album su Columbia, la scanzonata e swingata I’m Setting You Free, con Barry Burton che si
diverte a sparare con la sua steel sugli impasti vocali che costellano il brano in questione.
Sul resto del contenuto stenderei un velo. Si tratta evidentemente di un album realizzato senza convinzione di ciò che veniva assemblato. La sensazione predominante è infatti quella di trovarsi di fronte ad un prodotto fortemente disomogeneo e forzato, senza quella freschezza, quella coesione e quella spontaneità che avevano invece caratterizzato la prova di esordio.
Side One
Never Been To The Islands (H.R.Smith-J.R.Brown Jr-B.McDade)
Never Been Hurt (H.R.Smith-J.R.Brown Jr)
Living In A World Unknown (H.R.Smith-J.R.Brown Jr-J.Davis)
Everybody’s Talked Too Much (H.R.Smith-J.R.Brown Jr)
Last Letter Home (B.McDade-J.R.Brown Jr)
Side Two
Who’s Crying Now (H.R.Smith)
Just Between You… (J.R.Brown )
I’m Setting You Free (J.T.Watts-H.Allen)
Geneva’s Lullaby (H.R.Smith)
Two Can Do It Too (H.R.Smith)
Burning The Ballroom Down – ABC AA1063 (1978)
Niente di nuovo sotto il sole, almeno per quello che riguarda i dati esteriori che caratterizzano gli Aces del 1978. Stessa formazione a sei elementi, stessa etichetta discografica, ma si nota un deciso riavvicinamento alla struttura artistica che aveva fatto tanto sperare dopo l’ascolto del primo album.
La voce di Russell Smith fa faville (ascoltate la nerissima A Jackass Gets His Oats per capire cosa voglio dire) e si assiste ad una riscoperta delle radici della musica popolare americana (bluegrass) in chiave canonica (I Pity The Mother And The Father, in assoluto fra le cose migliori del gruppo, grazie anche all’attenzione rivolta alle soluzioni vocali) oppure rivisitata attraverso sonorità caraibiche (Ashes Of Love prende la tintarella sulle spiagge assolate del centro America).
Si riscopre poi il gusto mai sopito per la ballata country più tradizionale (Della’s Long Brown Hair, un altro dei punti di forza del repertorio degli Assi o All That I Had Left, con l’apporto di strumentisti eccellenti quali Duncan Cameron (chitarre e steel) e Buddy Spicher (fìddle), senza tralasciare le influenze blues palesate nella rilassata e meditativa Out Of Control, pianistica ballata firmata dal tastierista Billy Earheart ed eseguita da Russell Smith, vocalist davvero personalissimo, dotato di tonalità che ne fanno una delle voci più espressive e duttili da diversi anni a questa parte.
Non possiamo poi dimenticare lo studio semi-tradizionale profuso da Russell Smith nelle composizione dell’inusuale Red To Blue, strumentalmente soffusa ed eseguita con molto pathos. Chiude l’album un esercizio pianistico a firma della solita coppia pluri-rodata Smith-Brown, che proprio perché non pecca di originalità, ci ricorda poco di tanti (perdonate l’ermetismo).
Spirit Walk sigilla un album superiore agli ultimi due, ma ancora non al livello del primo: un disco che comunque conferma il riavvicinamento al filone più consono agli Aces, con lunghe ballate ad alto tasso qualitativo e palesemente indifferenti ai filoni più trend del mercato discografico.
Side One
Burning The Ballroom Down (H.R.Smith-J.H.Brown Jr)
A Jackass Gets His Oats (H.R.Smith-J.H.Brown Jr)
Ashes Of Love (J.Anglin-J.Anglin-J.Wright)
Red To Blue (H.R.Smith)
Spirit Walk (H.R.Smith-J.H.Brown Jr)
Side Two
Della’s Long Brown Hair (H.R.Smith.)
Out Of Control (B.Earheart)
All That I Had Left (J.Davis)
I Pity The Mother And The Father (H.R.Smith)
The Amazing Rhythm Aces – COLUMBIA JC36083 (1979)
Primo cambio di etichetta per gli Aces, ma senza per questo mutare la formazione a sei od il nome dei partecipanti. Il passaggio in casa Columbia non porta sostanziali modifiche del suono che ha caratterizzato la produzione del gruppo fino a questo momento. Semmai si assiste ad un maggiore interesse verso certe sonorità orientate al ‘blue-eyed soul’: Russell Smith arrochisce ulteriormente la sua personalissima voce e la chitarra elettrica solista dell’iniziale Love And Happiness (firmata da Al Green) la dice lunga sugli attuali interessi della band.
Altrettanto possiamo dire con l’originale Lipstick Traces, a firma Neville. L’uso dei fiati (graditi ospiti delle sessions di registrazione sono i Muscle Shoals Horns) palesa ulteriormente questa nuova direttrice del sound del gruppo. Addirittura Tracy Nelson appare nel brano alle background vocals.
Duncan Cameron, recentemente scomparso vittima di un male incurabile, firma ed interpreta come voce solista la dolce ballata Homestead In My Heart, dove si respirano le antiche e familiari sonorità della Band, con la presenza di Joan Baez alle background vocals ed un felice intervento dello stesso Duncan alla steel-guitar.
Ulteriore tuffo nella tradizione statunitense per il raffinato bluegrass vocale di Say You Lied a firma di Russell Smith, che la interpreta con convinzione, ben sostenuto ancora una volta dal banjo e dal mandolino di Duncan Cameron: uno dei momenti più gradevoli dell’album, anche se non necessariamente ‘impegnato’.
Il primo lato del disco si chiude con The Lonely One, gradevole ballata a firma Russell Smith, che però nulla aggiunge a quanto detto fino ad ora: sembra che il repertorio del gruppo si muova in parallelo su due filoni. Uno più orientato al suoni tradizionali che ci avevano fatto apprezzare l’album di esordio, mentre dall’altra parte si sperimentano sonorità più vicine all’ambiente rock/R&B.
Visti i buoni risultati compositivo-interpretativi dei suoi soci, è ora la volta del batterista Butch McDade per cimentarsi nel doppio ruolo di compositore/cantante solista. Il banco di prova è rappresentato dalla decorosa Pretty Words, che però non fa gridare al miracolo.
Di ben altro spessore è il brano seguente: la cover del classico If You Gotta Make A Fool Of Somebody (ve la ricordate in apertura del Planned Obsolescence dei Blues Project qualche migliaio di anni fa?). Fiati in grande evidenza (da antologia gli stacchi di sax) ed atmosfera fortemente evocativa di sonorità che appartengono al Passato con la P maiuscola.
Russell Smith bussa ancora una volta in casa di Mr.BLUES e si presenta con delle credenziali di tutto rispetto: Whispering In The Night si basa sul piano e sulla duttile voce di Russell, capace di estensioni vocali per certi versi avvicinabili a certi momenti morrisoniani, pregevoli se non altro in quanto tali.
Brano lungo e notturno, fa da valido preludio ad uno dei classici della band: Rodrìgo, Rita And Elaine, dove troviamo contributi vocali di Tracy Nelson e Lisa Gilkyson. Cronaca di una situazione amorosa che si articola sui rapporti fra i tre personaggi principali, presenta spunti chitarristici interessanti, fortemente influenzati dalle atmosfere del border.
A fronte della presenza delle signore di cui sopra, ne deriva logicamente una particolare cura per le partiture vocali.
Side One
Love And Happiness (A.Green-M.Hodges)
Lipstick Traces (On A Cigarette) (N. Neville)
Homestead In My Heart (D.Cameron-M.Mikulka)
Say You Lied (R.Smith)
The Lonely One (R.Smith-J.H.Brown, Jr.)
Side Two
Pretty Words (B.McDade)
If You Gotta Make A Fool Of Somebody (R.Clark)
Whispering In The Night (R.Smith)
Rodrigo, Rita And Elaine (R.Smith)
How The Hell Do You Spell Rythum? – Warner Brothers BSK3476 (1980)
Se da un lato le vendite dell’album recante il nome della band non soddisfano la Columbia, che non rinnova il contratto al gruppo, l’interesse per la loro produzione è ancora alto se un anno dopo esce il nuovo disco, grazie ad un altro dei colossi dell’industria discografica (e non solo) statunitense.
La Warner Brothers pubblica infatti How The Hell Do You Spell Rythum?, con una copertina disegnata che riproduce i volti dei sei componenti della band in versione ‘Mount Rushmore’ (qualcosa di simile alla copertina di Deep Purple In Rock del remoto 1970).
Dal punto di vista dei contenuti il suono sembra essersi spostato con maggiore determinazione lungo direttrici R&B. Ne sono testimonianza episodi quali la cover del classico Object Of My Affection a firma Delbert McClinton o la seguente You Left The Water Running, dova fa bella mostra di sé il sax di Al Garth, già collaboratore, fra gli altri, del duo Loggins & Messina.
Sul versante delle covers d’autore è doveroso spendere qualche parola per la buona reinterpretazione della roccata Wild Night, scritta da Van Morrison. In questo caso il sax di Garin è affiancato dal sax baritono di Ronnie Eades e dalla tromba di Harrison Calloway (Muscle Shoals Horns).
Il risultato è interessante, ma non fa gridare al miracolo. Ancora da segnalare il duello fra la chitarra elettrica ed il sax.
Apprezzabile risulta poi Farther On Down The Road, presa a prestito dal repertorio di Taj Mahal, dove Russell Smith tinge ancor più di nero la sua voce già non poco negroide di suo.
Certamente non poteva mancare l’omaggio specifico al blues. Questa volta tocca ad Eddie Hinton ed alla sua I Got The Feeling. Esecuzione convinta e buona performance vocale, ma il risultato finale manca di coesione e la valutazione finale ricorda quella relativa a Toucan Do It Too.
Più interessante e tradizionale appare Give Me Flowers While l’m Living con grandi impasti vocali a quattro e copioso uso di strumenti acustici.
Fra gli altri brani a firma del gruppo doverosa segnalazione per Big Ole Brew (Russell Smith), dove fa capolino anche l’accordion in mano al tastierista Billy Earheart. Anche in questo caso le parti vocali vedono l’apporto di Russell Smith nel ruolo di solista, con Butch McDade, Duncan Cameron e James Hooker che lo supportano alle armonie vocali, con risultati più che apprezzabili.
I Musta Died And Gone To Texas può ricordare Jimmie Rodgers per vìa dell’intro, ma il prosieguo è puro ARA, con l’inconfondibile voce di Russell Smith sopra tutti e la steel di Duncan Cameron che sembra tentare un timido accenno di San Antonio Rose.
Significativa anche la performance pianistica di James Hooker.
E’ rimasta ancora da citare Living On Borrowed Time a firma David (Butch McDade) (premonizione?), ma non aggiunge granché a quanto detto finora.
Album interlocutorio, realizzato – ma è solo il parere dello scrivente – senza grande convinzione e piuttosto per esigenze contrattuali.
Side One
What Kind Of Love Is This? (D. Cameron)
Object Of My Affection (D. McClinton)
You Left The Water Running (R.Hall-D.Penn)
I Musta Died And Gone To Texas (K.Smith)
Give Me Flowers While l’m Living (L.Certain-E.Bigger-G.Stacey)
Side Two
Wild Night (V. Morrison)
Big Ole Brew (R. Smith)
Farther On Down The Road (T.Mahal)
I Got The Feeling (E.Hinton)
Living On Borrowed Time (D.McDade)
Full House, Aces High – AMJ Records (1981)
Sfumato anche il rinnovo del contratto con la Warner Brothers, tutto depone a favore di un oblio per il nostro gruppo, giunto oramai a quindici anni di vita. Viene quindi accolta alla stregua di un fulmine a ciel sereno l’uscita di un nuovo album della band, realizzato in tiratura limitatisima su vinile vergine, addirittura doppio ed inciso dal vivo dal maggio all’agosto del 1999 nel corso di una serie di concerti tenuti in California ed Alabama.
Ai soliti sei personaggi fìssi, si aggiungono per l’occasione Brian Savage e Al Garth ai sax, oltre al blasonatissimo John McEuen (attualmente ex-Nitty Gritty Dirt Band) al banjo ed al mandolino.
Dei sedici brani che coprono le quattro facciate, l’unico ad essere inedito mi risulta la conclusiva l’m Gonna Miss You (Like The Devil), un blues ben impostato, che si affianca agli altri episodi dello stesso filone, già parte integrante delle influenze stilistiche dei nostri. Oltre a questa segnalazione di inedito, resta poco da aggiungere. Il vinile vergine sicuramente fornisce un’ottima fedeltà di suono, le versioni live sono estremamente fedeli all’originale, la presenza di un poster del gruppo impreziosisce il package, ma l’album è oramai introvabile nella sua veste in vinile e non resta che auspicare una saggia (quanto ahimè improbabile) ristampa su CD del set in questione.
Side One
The End Is Not In Sight (The Cowbog Tune) (H.R.Smith)
Anything You Want (H.R.Smith-J.H.Brown Jr.)
Who’s Crying Now? (H.R.Smith)
Just Between Me And You And The Wall (J.H.Brown Jr.)
Lipstick Traces ( N. Neville )
Dancing The Nlght Away (H.R.Smith-J.H.Brown Jr.)
Amazing Grace Used To Be Her Favorite Song (H.R.Smith)
These Dreams Of Losing You (H.R.Smith-J.H.Brown Jr.)
Side Two
I Pity The Mother And The Father (H.R.Smith)
King Of The Cowboys (H.R.Smith-J.H.Brown Jr.)
Third Rate Romance (H.R.Smith)
My Tears Still Flow (H.R.Smith)
The Ella B (H.R.Smith)
I’ll Be Gone (H.R.Smith)
Who Will The Next Fool Be? (C.Rich)
l’m Gonna Miss You (Like The Devil) (J.Moore)
Ride Again – Amazing Rhythm Aces ARA 1 (1994)
Se tralasciamo i tre episodi solistici del buon Russell Smith, dobbiamo attendere ben tredici anni per poter avere il piacere di ospitare nuovamente gli Amazing Rhythm Aces sui nostri lettori, non di dischi o cassette, bensì di CD.
I sei inossidabili – ed inseparabili, a quanto pare – amici si ripresentano a sorpresa con un CD autoprodotto che non propone brani nuovi, bensì i vecchi cavalli di battaglia registrati oggi, con l’ausilio della tecnica digitale e con l’aiuto di alcuni amici, per riportare lustro al passato della band, riproponendosi ai vecchi fans e cercando, nel contempo, di conquistarne di nuovi.
Gli amici suddetti rispondono ai nomi di Bernie Leadon (ex-Hearts & Flowers ed ex-Eagles) alle chitarre, banjo e mandolino, Sam Bush (ex-New Grass Revival) al fìddle e mandolino, Jim Vest alla steel guitar, Gary Burr e Kathy Louvin alle voci, mentre Milton Sledge si occupa delle percussioni.
Dieci sono i brani prescelti per questa sorta di revival: la classica Third Rate Romance, uno dei momenti più alti e più tipici degli Aces ‘tradizionalisti’, la bella e nostalgica ballata King Of The Cowboys, dedicata a John Wayne come affettuoso omaggio e tributo, Della’s Long Brown Hair dal disco Burning The Ballroom Down, Rodrigo Rita And Elaine, recuperata dal passato discografico più recente del gruppo, All That l Had Left (Left With You), le tradizionalissime I Pity The Mother And The Father (When The Kids Move Away), Last Letter Home e Out OfThe Snow, la evocativa The Ella B, dall’LP di esordio, per concludere con These Dreams Of Losing You, degno finale blues di un altrettanto degno rientro sulle scene musicali, a distanza di più di una decade e senza aver cambiato l’approccio ed il marchio di fabbrica di un messaggio e di uno stile musicale che ha lasciato il segno nel panorama di un certo country-rock (come si chiamava ALLORA).
Side One
Third Rate Romance (H.R.Smith)
King Of The Cowboys (H.R.Smith-J. Hooker)
Della’s Long Brown Hair (H.R.Smith)
Rodrigo, Rita and Elaine (H.R.Smith)
Ali That I Had Left (Left With You) (J.Davis)
Side Two
I Pity The Mother And The Father (H.R.Smith)
Last Letter Home (D.McDade-J.H.Brown Jr.)
Out Of The Snow (H.R.Smith)
The Ella B. (H.R.Smith)
These Dreams Of Losing You (H.R.Smith-J.Hookcr)
Out Of The Blue – Amazing Rhythm Aces/Breaker Records ARA 2 (1997)
E’ grazie all’attenta manager del gruppo, Martha Moore, che, a suo tempo, siamo riusciti a mettere le mani con ragionevole anticipo sul nuovo album degli Aces, intitolato significativamente Out Of The Blue, da tradurre nel senso di un’uscita da una sorta di oblio che aveva caratterizzato l’ultimo periodo del gruppo.
Duncan Cameron, minato nel fisico dalla malattia che lo rapirà dopo qualche tempo, non riesce ad essere presente alle sessions di registrazione ed il suo posto viene preso – per la prima volta dal 1976 – da una persona estranea al gruppo: Kelvin Holley.
Dieci dei dodici brani portano la firma di Russell Smith (gli altri due sono opera dì Butch McDade), ma gli amici con i quali ha composto sono nomi ‘nuovi’ (intesi in coppia con Smith) e questo porta ad una disomogeneità di risultati. E’ logico rilevare come tutto il CD risenta quindi di una molteplicità di influenze, dalla ballata tradizionale di Waitin’ On Sundown, con un bel tappeto dì chitarre acustiche sulle quali si distende la voce inconfondibile ed immutata (per nostra fortuna) di Russell Smith, al rock venato di R&B dell’iniziale title-track Out Of The Blue, o della seguente Love’s On The Way.
Riappaiono le ballate pìanistiche (Cold, Cold Rain, Your Love Is Working In My Life, I Feel Forever e This Time Ain’t Gonna Be No Next Time) e tornano a fare capolino i blues che sanno di notte fonda in un locale malfamato (Get Down), di gospel (Oh Lucky Me), di whiskey e di fumo {The Blue Room) o di tastiere che graffiano (Out Of The Storm).
Non mancano episodi un po’ fuori dal seminato, come One Love, con un drumming assolutamente anomalo ed un’impronta R&B ben marcata.
A volerlo trovare a tutti i costi, il possibile comune denominatore potrebbe essere il blues, un elemento catalizzatore che ancora non era stato utilizzato come tale dal gruppo. Lo si potrebbe definire ‘un album blues-oriented, con qualche digressione sulla ballata e venato di R&B’. Spero gli appassionati ‘catalogatori’ siano contenti.
Side One
Out Of The Blue (H.R.Smith-B.Carmichael)
Love Is On The Way (J.D.Martin-H.R.Smith)
Waitin’ On Sundown (H.R.Smith-G.Nicholson)
Cold, Cold Rain (H.R.Smith-L.Willoughby)
Oh, Lucky Me (D. McDade)
The Blue Room (H.R.Smith-B.Carmichael)
Side Two
This Time Ain’t Gonna Be No Next Time (H.R.Smith-A.Ray)
Out Of The Storm (H.R.Smith-J.Photoglo)
I Feel Forever (H.R.Smith-B.Walsh)
One Love (H.R.Smith-G.Nicholson-L.R.Parnell)
Your Love Is Working In My Life (H.R.Smith-W.Tester)
Get Down (D. McDade)
Live In Switzerland – Blue Buffalo Records (1998) 1999
Del tutto a sorpresa apprendiamo della pubblicazione di questo live registrato il 2 Maggio 1998 al Worb Festival di Berna, Svizzera e pubblicato l’anno dopo dalla indie tedesca Blue Buffalo. Si tratta di un’ora scarsa di grande musica dal vivo, che forzatamente trova il suo limite nell’amplissimo arco di tempo (1976-1998) da coprire in termini di produzione del gruppo, considerando che in quell’occasione, Russell Smith anticipa un paio di brani dal nuovo album aggiungendo poi, a proposito di Redneck Unplugged, che il nuovo disco si intitolerà Too Country (diventerà poi Chock Full Of Country Goodness nella versione finale, n.d.a.), in quanto conterrà materiale ‘troppo country’ per trovare posto nelle programmazioni delle radio statunitensi.
Tornando al contenuto di questo live, salta subito all’orecchio la grande compattezza del gruppo nella nuova formazione, che vede Tony Bowles alla chitarra e Michael Organ alla batteria, a rimpiazzare rispettivamente l’ultimo arrivato Kevin Holley ed il veterano David ‘Butch’ McDade (sua la toccante Last Letter Home).
Concettualente il lavoro è equamente diviso in due parti: la prima porzione del concerto è dedicata a proporre brani dall’ultimo (allora) CD del gruppo, Out Of The Blue, dal quale sono tratte l’iniziale title-track, in perfetto A.R.A.-sound, con la chitarra elettrica solista di Bowles che chiarisce le idee fin dall’introduzione.
La seguente Love’s On The Way vede Russell Smith sfoderare tutte le sue grandi doti di vocalist estremamente personale (non si può restare indifferenti di fronte alle sue performances vocali: o le si amano oppure si odiano), mentre The Blue Room sprofonda ulteriormente nelle sonorità blues, grazie al binomio Tony Bowles (chitarra elettrica solista) e James Hooker (piano ed organo).
Grande musica, anche per chi, come il sottoscritto, in generale non stravede per il blues, Out Of The Storm, One Love (il bassista Jeff Davis e Michael Organ alla batteria se la godono un mondo) e Your Love Is Working In My Life, tenue ballata pianistica che si avvale di una magistrale interpretazione vocale di Russell Smith e dei servigi del tastierista Billy Earheart (fidato collaboratore anche di Nanci Griffith) chiudono a raffica gli estratti dal disco più blues-oriented della band.
L’ideale seconda parte del concerto è invece orientata al passato remoto della band, a cominciare dalla epica ballata country-rock (stile anni ’70) The End ls Not In Sight, tratta Too Stuffed…. Gli anni hanno solo migliorato questo solido pezzo pervaso di una sottile malinconia e profumato di chitarre acustiche (finalmente) ed il tutto risulta incredibilmente attuale e godibile, ora come allora.
Si passa poi a rispolverare l’unico approccio simil-bluegrass degli ARA, qui in versione più pianistica rispetto all’originale: quella I Pity The Mother And The Father, presente su Burning The Ballroom Down del 1978, che tratta del difficile momento del distacco dei genitori dai figli che vanno a vivere per conto loro. Da sottolineare il grande lavoro delle tastiere e della voce, sempre in primissimo piano.
Di Last Letter Home abbiamo già detto: dolce ballata dedicata ai soldati della guerra di Secessione Americana, composta e registiata nel 1977 dagli ARA, per essere poi riproposta nel coming back-album del 1994. Ad oggi è stato aggiunto un terzo verso da Russell Smith, che, riproponendola, compie un viaggio a ritroso nel passato della band e lo fa non senza una forte commozione, quasi palpabile anche nel tono della voce.
Due estratti dal disco che seguirà: Dancin’ With The One You Love, un piacevole uptempo, disimpegnato quanto basta per rilassare l’ascoltatore, in attesa di Redneck Unplugged, introdotta dagli accordi iniziali di Dixie, distorti oltre misura (alla faccia dell’unplugged…).
Chiude definitivamente il concerto un altro tuffo nel passato della band, Love And Happiness, una cover del classico di Al Green (se non erro): ancora una volta un perfetto esercizio in purissimo stile ARA, tratto all’omonimo album del 1979 e che ben si presta a coronare una serata di altissimo livello artistico ed un CD che, secondo la migliore tradizione svizzero/teutonica (esiste qualcosa di più razionale e preciso), è inciso in maniera eccellente, niente a che vedere con la mediocre qualità del prodotto della Renaissance Records:
Side One
Out Of The Blue (R.Smith – B.Carmichael)
Love’s On The Way (J.D.Martin – R.Smith)
The Blue Room (R.Smith – B.Carmichael)
Out Of The Storm (R.Smith – J.Photoglo)
One Love (R.Smith – G.Nicholson – L.Parnell)
Your Love Is Working In My Life (R.Smith – W.Tester)
Side Two
The End ls Not In Sight (R.Smith)
I Pity The Mother And The Father (R.Smith)
Last Letter Home (D.McDade – J.H.Brown Jr.)
Dancin’ With The One You Love (R.Smith – B.Carmichael)
Redneck Unplugged (R.Smith – E.B.Lee)
Love And Happiness (A.Green – M.Hodges)
Chock Full Of Country Goodness – Amazing Rhythm Aces ARA 3 (1998)
Diciamo subito che si tratta di un gran bel disco. La formazione ha subito ulteriori rimaneggiamenti. Defenestrata la meteora Kelvin Holley, sostituito da Tony Bowles alla solista, il gruppo ora fa anche a meno del batterista fisso Butch McDade, utilizzando al bisogno i servigi di Milton Sledge e di Mike Organ.
Jim Vest siede alla steel, mentre Gary Burr, Jim Photoglo, Sara Beth Hooker e Marilyn Droman concorrono a creare le giuste armonie vocali.
Gli altri Aces ci sono tutti, Russell Smith in testa, per propinarci dodici brani di sano e corroborante country-rock con tutti gli attributi del caso.
Le danze si aprono con un brano prettamente country, dall’eloquente titolo di Yippe Yi Yo Yo, che non lascia molto spazio all’immaginazione dell’ascoltatore circa l’orientamento del pezzo. Vera e propria western music, con testi che parlano di honky-tonks, pick-up trucks, rodeo e rifle-racks: OK, ci siamo.
The Rock si rivela una densa e fluida ballata introspettiva, eseguita con pathos dalla voce roca e corposa di Russell Smith e decorata da fraseggi pianistici.
Un brusco cambio di registro ci introduce ad un bel rock tirato dal titolo Jerry Fontaine & His Jammin’ Guitar, tutto basato sul suono della chitarra elettrica, con Chuck Berry e tutto il rock’n’roll anni ‘50 nel cuore e nelle orecchie.
Ancora country music proposta in maniera molto rilassata per Dancin’ With The One You Love, ballata epidermica ed immediata, leggermente swingata (perché no) che tesse le lodi di quanto sia bello ballare con l’amata.
Stesse atmosfere, anche se c’è un tocco meditativo in più, per Fake It ‘Till I Make It. Morbida ballata con un bel pezzo centrale di pianoforte, appena sottolineata dalla batteria e tutta giocata sui toni confidenziali della bellissima voce di Russell Smith, che compone il brano.
Per contro Guardian Angel rientra nei canoni più tipici delle train songs, compresa l’introduzione con un vocione che molto deve al vate Johnny Cash. Up-tempo scandito dall’ipotetico sferragliare della locomotiva sui binari, il brano si snoda in modo piacevole ed accattivante. Buono il lavoro del newcomer Tony Bowles, affiancato dal piano di James Hooker.
Nuovo cambio di atmosfera e ci ritroviamo in territorio tastieristico per Makin’ Nothin’ Outa Somethin’. Ballatona country molto ben strutturata ed immediatamente memorizzabile, premiata da una lontana steel guitar, che non manca mai. Il testo si riempie di luoghi comuni – immancabile la torta di mele – ma questo fa parte del retaggio proprio di una musica ferocemente abbarbicata alla tradizione: uno dei pezzi migliori del CD.
Per Rednecks Unplugged già il titolo fornisce non poche informazioni su ciò che ci aspetta. Se poi aggiungiamo che le note twang dell’introduzione sono quelle dell’inno sudista Dixie, possiamo già avere in mano i dati sufficienti per spalancare le orecchie nell’ennesimo tributo ad un certo tipo di musica del Sud.
Vera Cruz gode di un elaborato intro di chitarre acustiche, che fungono da sottofondo ideale per introdurre la voce di Russell Smith, che non manca di spedire sani brividi lungo la schiena di chi vuole ascoltare non solo con le orecchie, ma anche con il cuore. Un altro dei momenti topici del CD.
Non poteva comunque mancare l’omaggio alle influenze blues della band ed è quindi così che nasce la classica If I Could Call You Mine. Lettura ed esecuzione molto lineare del blues più classico, con tanto di coretti femminili per buona misura.
Il rock di DUI/SOL è introdotto da una chitarra elettrica tirata, che lascia subito il posto alla voce di Russel, carica e grintosa. C’è uno scambio di ruoli fra le due (chitarra e voce), quasi volessero sfidarsi in un improbabile duello.
Il finale è giustamente affidato ad una ballata pianistica dai toni riflessivi, A Heart To Come Home To si riferisce ai piaceri di avere una persona cara che ti accoglie al ritorno a casa e, più in generale, al recupero dei valori fondamentali dell’amore e della famiglia. Retorica come interpretazione? Forse, ma vi assicuro che c’è ancora un sacco di gente che rimane fedele a questi valori, per fortuna!
Un gran bel disco di country-rock, comprendente però anche spunti diversi e che comunque vale la pena di darsi da fare per reperire.
Side One
Yippe Yi Yo Yo (H.R.Smith-G.Cotton)
The Rock (H.R.Smith-J.Varsos/Hobo Jim)
Jerry Fontaine & His Jammin’ Guitar (H.R.Smith-J.Varsos-Irwin)
Dancin’ With The One You Love (H.R.Smith-B.Carmichael)
Fake It ‘Till I Make It (H.R.Smith-C.Chase)
Guardian Angel (H.R.Smith-K.Louvin)
Side Two
Makin’ Nothin’ Outa Somethin’ (H.R.Smith-C.Green)
Rednecks Unplugged (H.R.Smith-B.Lee)
Vera Cruz (H.R.Smith-W.Tester)
If I Could Call You Mine (H.R.Smith-C.Chase)
A Heart To Come Home To (H.R.Smith-J.Jarvis)
DUI/SOL (H.R.Smith)
Concert Classics Volume 3 – Renaissance Records RRCC0703 – (1978 – 1999)
Sull’onda del rinnovato interesse nei confronti degli Aces. si assiste ad un bieco episodio di vero e proprio ‘sciacallaggio artistico’, ovverosia la pubblicazione di un non megiio identificato ‘live inedito’ (che, almeno stando ai brani riproposti, dovrebbe esere datato 1978) che altro non è se non un CD-bootleg di mediocre qualità contenente diciotto brani ed almeno due clamorosi errori: l’attribuzione a Elvis Costello dei credits di autore di Who Will The Next Fool Be? (l’ha scritta Charlie Rich) e l’invenzione di sana pianta di un non meglio identificato album degli Aces intitolato Born Again e datato 1994 inserito nella discografìa del gruppo, pubblicata sul booklet allegato al CD.
Confesso di esserci caduto anch’io nel tranello teso al povero collezionista, ma un veloce E-Mail a Martha Moore, manager della band, ha fugato i miei dubbi circa la reale esistenza dell’album, mentre ha confermato quelli relativi alla poca professionalità dell’etichetta Renaissance Records.
Il CD in questione dunque è registrato in maniera quanto meno discutibile ed ha valore puramente collezionistico, visto poi che i brani compresi non presentano inediti.
Se vi piacciono gli Aces avete comunque di che soddisfare le vostre orecchie (fra LP e CD); per ulteriori informazioni potete visitare il loro sito o contattare la loro manager scrivendo a marthamoore@home.com.
Buon ascolto e… alla prossima.
Dino Della Casa, fonte Country Store n. 50, 1999