Nella lunga carriera discografica di Solomon Burke mancava un album interamente dedicato alla tradizione blues, e molte delle registrazioni da lui realizzate non sono all’altezza della fama di King Of Rock & Soul. Negli ultimi anni Burke ha inciso con regolarità, ma dopo l’eccellente doppio live (Soul Live, Rounder 1984) non era riuscito ad esprimersi ai massimi livelli.
Il fatto che tre anni siano trascorsi tra l’idea originaria di questo progetto e la sua realizzazione e che il figlio Selassie abbia nel lavoro un ruolo marginale hanno contribuito alla sua buona riuscita. Nulla di personale contro la famiglia di Mr. Burke, ma le lunghe e tediose introduzioni che alcuni suoi componenti propinano al pubblico in apertura di concerto, sono tali da far rilevare con sollievo che il figlio è solo presente come background vocalist.
Soul Of The Blues non inizia bene, con una pallida versione di My Babe, ma già dal secondo brano, Good Rockin’ Tonight di Roy Brown, il registro cambia, il suo canto prende quota nella migliore tradizione degli shouter: splendido!
Eccellente il tappeto sonoro che la Black Top House Band mette a disposizione di Burke: le tastiere di Sammy Perfect, le chitarre di Sam Mayfield e Clarence Hollimon, la robusta sezione fiati, il grande George Porter Jr. al basso, il batterista Hermon V. Hermest III ed il pianista David Tarkonowsky sanno creare il giusto suono per la sua voce.
Se tutto non è perfetto nella scelta dei brani (Candy, di Big Maybelle, non convince) però è vero che questo Soul Of The Blues è l’album in studio che è lecito aspettarsi da un grande interprete come lui. Sufferin’ Mind di Eddie ‘Guitar Slim’ Jones, Pledging My Love di Johnny Ace, No Night By Myself, Street Walking Woman, Crowded Hole, Don’t Received Me ne sono la prova tangibile.
Il CD viene presentato come Volume 1 e mi auguro che un Volume 2 segua a questo riuscito grande tributo alla tradizione del canto afro-americano.
Black Top CDBT 1095 (Blues, Rhythm & Blues, 1993)
Umberto Tonello, fonte Out Of Time n. 2, 1994
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