E’ sempre con grande piacere che ci accostiamo ad un nuovo album dei grandi Sons, definiti dal recentemente scomparso Roy Rogers come “… the only singing group alive who I feel sound like the originai Sons Of The Pioneers”.
Trio familiar-vocale che si rifá palesemente alle atmosfere dei singing cowboys anni ’30-’50, i nostri eroi sono ormai giunti al loro ottavo CD.
A parte il precedente lavoro, di dichiarata ispirazione gospel, il bello di ascoltare un album dei Sons è la certezza di sapere cosa ci si trova di fronte: grandi impasti vocali a tre, chitarre acustiche molto ‘western’, a volte con implicazioni messicaneggianti, la polvere della pista mista al sudore ed al profumo del cuoio delle selle.
Gli zoccoli delle mandrie si sovrappongono alle familiari armonie di Land Of Enchantment, scritta da Michael (Martin) Murphey ed oramai assorta al rango di inno ufficioso dello stato del New Mexico, Shenandoah, Red River Valley e Home On The Range (qui racchiuse in Medley For Roy, rispettosamente dedicato al succitato Roy Rogers), senza assolutamente nulla togliere ai nuovi brani dei tre, per lo più opera – solista e non – di Jack Hannah.
Ridin’ Easy With The Sun, He’s Runnin’ Out Of Roundups, Horses Cattle And Coyotes e la conclusiva He Just Can’t Be Seen From The Road, rinnovano egregiamente l’western feeling che, a suo tempo, aveva esaltato le nostre orecchie, impreparate a trovarsi di fronte ad una gemma (irripetibile ed irripetuta) quale Great American Cowboy, il pezzo che per primo ci ha introdotti all’ascolto del gruppo in questione.
Jack, Joe e Lon Hannah non propongono nulla di nuovo (meno male) rispetto ai canoni della tradizione western: si limitano a trasporla in anno 1999, con la sincera speranza che le cowboy songs possano sopravvivere a lungo, ben oltre questo secondo millennio, ormai agli sgoccioli.
Shanachie 6035 (Cowboy Music, 1999)
Dino Della Casa, fonte Country Store n. 47, 1999
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