Una lunga storia quella che ti lega alla musica americana… musicista, band leader, promoter, dj. Da che parte cominciare?
Dall’inizio. A quattro anni scarsi, ascolto i nastri revox incisi dai fratelli maggiori, grazie ad un collegamento artigianale all’uscita audio di uno di quei televisori col mobile in legno. Joe Venuti col suo violino swing, Lelio Luttazzi che accompagna Armstrong, Ray Charles, Elvis. Resto istantaneamente fulminato sulla “via dello swing e del rock & roll”. Una via percorsa ogni giorno, da allora, passando per il perfezionamento delle grandi scoperte legate al periodo revival di inizio anni ’80.
Sembra un bel periodo per la nostra musica, ci sono festival dedicati, riviste che ne parlano con continuità, trasmissioni radio, rassegne, club che la propongono spesso. Sembra che la situazione della musica americana anni ’40 e ’50 in Italia sia florida, invece c’è ancora tanto lavoro da svolgere…
Sembra, ma in realtà ce n’era di più venti anni fa. Anzi, allora chi la trattava, e soprattutto chi la consumava, era o profondo conoscitore, o desideroso di percorrere la stessa via. Oggi è tutto mercificato, di pronto consumo, e senza alcuna matrice etica o culturale. Non c’è più un pubblico; grazie alla strada indotta dai format televisivi ed alla facilità tecnologica, chiunque pensa di possedere un dono, e peggio ancora, di poterlo vendere ad altri. Difficile, oggi, distinguere tra un prodotto genuino, ed un malfatto fake meramente commerciale.
La musica vintage, e lo swing in particolare si stanno diffondendo ovunque, merito dei corsi e della voglia di ballare, fosse tale anche quella di approfondire la propria cultura musicale. Cosa si può fare per stimolare gli appassionati del ballo e dell’abbigliamento vintage nel voler conoscere meglio la storia di questa musica?
L’unica chance è quella di condividere la propria conoscenza. Trovare insegnanti e promotori illuminati che accettano di mettere allievi paganti di fronte ad un’arida verità. Che il rock & roll è fatto di sesso, di ribellione e trasgressione. Che è di tutti, ma di certo, non per tutti.
Che rapporto hai con i motori?
Sono romagnolo, che rapporto vuoi che abbia? Andavo “sul motore” prima di andare in bicicletta. Guidavo una Mini del ’68 a 15 anni. Se vedi la gomma di quello davanti, vuol dire che sei solo secondo. Gas spalancato sempre. Poi, con gli anni e qualche chilo in più, Harley, vecchie e nuove, un pieno ogni 100km, una piadina col prosciutto ed un bicchiere di sangiovese. Ce l’ho nel DNA. Ed anche con un gabinetto di moto sotto al culo, che non va nemmeno a spingere, se qualcuno al semaforo sgasa, sale l’adrenalina.
Su cosa stai lavorando tu individualmente e che progetti ha la band?
Dopo venticinque anni di servizio continuato, ed i maggiori successi possibili in tutto il mondo, i Good Fellas, dall’anno prossimo, si dedicheranno solo alle cose davvero importanti; per la musica, e per noi stessi. Festival, gli stranieri con cui collaboriamo da decenni, quei pochi club che chiamiamo ‘home away from home’. Ci sono troppe band incapaci che mortificano la musica, e gente che, non solo non distingue la differenza, ma gratifica gli incapaci. Troppa fatica e poco gusto. Da adesso, solo cose belle. Poi, ci sono le altre band, che lavorano a pieno regime; King Lion and the Braves, Benny and the Cats. Ed una sorpresa, che vedrà la luce a febbraio 2018. Ho ripreso a selezionare musica; lo facevo già nel 1990, ma molti non lo sanno, visto che ho speso molto tempo sui palchi come musicista. Produco dischi, in studio, aiuto le band a crescere. Tengo corsi di musica e musicalità per ballerini, ascoltatori, appassionati. Faccio lo stage manager ed il tour manager. Cerco di dare dignità allo spettacolo, ed alle professioni ad esso collegate.
Maurizio Faulisi, fonte Chop & Roll n. 35, 2017