Il disco è eccellente. Straordinaria é la parte live, nella quale i Byrds mettono in luce tutta la loro grinta e carica d’urto. Si apre con Lover Of The Bayou di Roger e Jaques Levy, un giovane poeta che si occuperà poi spesso delle parole delle canzoni di Mc Guinn, ironico brano, decisamente trascinante, con una superba lead-voice, destinato a diventare poi un classico del gruppo. Clarence è protagonista in senso assoluto, con la sua magica telecaster, del pezzo di Dylan Positively 4th Street. Un’amara considerazione sul suo passato al Greenwich Village di New York (la quarta strada si trova a Manhattan) attraverso il pittoresco e incredibile mondo di artisti, cantanti, vagabondi che lo popolava. Nashville West, che segue, è purtroppo incisa a un volume piuttosto basso per essere apprezzata fino in fondo.
Fantastica è la nuova versione di So You Want To Be A Rock’n’Roll Star, dove le chitarre di Roger e Clarence si scatenano brillantemente. Forse al di sotto delle aspettative, invece Mr. Tambourine Man, il più celebre dei brani dei Byrds, che sembra perdere qualcosa del suo fascino in questa edizione live. Mr. Spaceman esce invece rinnovata perché gli assoli ora sono due, di Roger e di Clarence.
La seconda facciata del disco è interamente occupata dalla lunga Jam Eight Miles High, che da molti viene ritenuta il capolavoro dell’album. Per oltre sedici minuti le chitarre di White e Mc Guinn, il basso di Skip, la batteria di Gene si sciolgono liberamente sugli accordi della canzone, riservandosi un ampio spazio nel quale muoversi da soli. Il vecchio motivo si riconosce a fatica, tanto è vero che una strofa viene perfino omessa e appare come completamente rifatto. È una dimostrazione di classe e di bravura con il quale i Byrds recuperano molti vecchi aficionados e ne trovano di nuovi.
Chestnut Mare, ‘an horse song’ come la chiama Roger, brano d’apertura dell’album in studio, ne è anche il gioiello, il pezzo migliore. Dolce, acustico, con la voce di Roger su livelli notevolissimi, riesce ad affermarsi anche come singolo, specie nel Regno Unito. È seguito da una triste ballata di Lowell George, Truck Stop Girl che narra della vita priva di veri affetti dei camionisti di lungo percorso, cantata con passione da Clarence. Più di routine è All The Things, ancora di Mc Guinn & Levy, piacevole ma senza brio, ospite Gram Parsons, di cui però, secondo le parole di Roger, esiste una versione più convincente nei cassetti della Columbia.
È Gene che interpreta assai dolcemente l’altra stupenda ballata, Yesterday’s Rain, scritta in collaborazione con Skip, suonando un’armonica che si fonde alla dolcissima chitarra di White, la quale sembra perdersi nel suo sfumato finale. Chiude la prima facciata registrata in studio un brano ecologico, Hungry Planet, di Mc Guinn, Battin & Fowley, con delle ottime chitarre acustiche blueseggianti. Anche la seconda facciata offre una deliziosa gemma al primo accostamento: Just A Season, che regala uno stupendo assolo intrecciato fra le chitarre di Clarence e Roger. C’è poi un brano acustico sulla cocaina, scritto dal vecchio Leadbelly, Take A Whiff con White che canta e suona il mandolino, forse però trascinato troppo a lungo.
You All Look Alike è molto piacevole ma fa intendere che avrebbe comunque potuto essere registrato meglio. Il disco viene chiuso da una canzone di Skip e Fowley sul ritorno di un soldato dal Vietnam, We’ll Come Back Home, molto bella anche se un po’ strana, specie nel finale a mugugni, simile a una nenia religiosa orientale. Con questo lavoro i Byrds si ripropongono come uno dei gruppi fondamentali della musica rock a distanza di cinque anni dalla loro apparizione sulla scena. Untitled riscuote molto successo, soprattutto in Gran Bretagna e in Olanda, ma anche in Francia e Germania, dove nascono altri Fan Club non concorrenti con quello internazionale, ma che propongono iniziative collaterali.
Sony 103 (Country Rock, 1970)
Raffaele Galli, Pietro Noè, fonte Mucchio Selvaggio n. 21, 1979
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