Midnight Kings

Davvero non si spiegava l’assenza di gruppi che prendessero spunto in maniera specifica dalla musica di matrice black, rock & roll e rhythm & blues del periodo a cavallo tra la seconda metà dei fifties e l’inizio del decennio seguente. Il periodo in cui il r&b iniziava a trasformarsi in soul influenzato dai gruppi vocali con ancora viva la forza e la potenza del r&r. Poi 4 anni fa, finalmente, persa quasi ogni speranza, arrivarono i Midnight Kings, un sestetto di incalliti rocker provenienti da esperienze malsane come Stolen Cars, Preachers e STP, ex teenager con un’ancora visibilissima attitudine punk che innestata in pezzi targati Contours, Ballard, Isley, avrebbe dato come inevitabile risultato una miscela esplosiva degna dei migliori Little Richard, Little Willie John, Larry Williams.
Pur senza nascondere il desiderio di riproporre fedelmente l’essenza di quel preciso momento della storia musicale afroamericana, il loro obiettivo dichiarato era di far ballare, in senso liberatorio, fino alla spossatezza, all’esaurimento delle energie. Rockin’ Soul a ritmo serrato, senza pause, senza pensare, urlando fuori le proprie tensioni, come solo con una Shout lunga due ore si riesce a fare. Sono stato ad un paio di loro concerti, so di che sto parlando.

Nel 2014 pubblicarono un 45 e ora stanno promuovendo il primo album, uscito per Ammonia in CD, e recentemente anche in vinile per Wild Honey. I Midnight Kings hanno finora suonato in decine di club italiani, in Germania, Svizzera e Francia e anche Spagna. In Spagna ci sono andati e poi tornati, due tour che li hanno visti partecipare a importanti raduni, come l’Enclave De Agua, un festival che richiama migliaia di persone. Applauditissimi, i nostri Kings non si sono risparmiati, suonando persino due volte nella stessa giornata in due diverse città, Bilbao e Madrid.
L’early soul e il late r&b carico di r&r che propongono i Midnight Kings, per collocazione storica ma soprattutto per ragioni stilistiche, consente alla band di potersi vendere in contesti diversi, ai festival blues e allo stesso modo spezzare la monotonia di cui un festival vintage rischia di soffrire mettendo in fila una serie di band rockabilly. Insomma, come dicevo all’inizio, un gruppo così mancava.
Metius King, Jojo King, Little Lucio, Momo King, Andy King e Millo King sembrano usciti da un film di Tarantino, suonano e cantano con un’energia infinita, coinvolgono e ti mandano a casa stanco e felice, ti fanno vedere la luce come succedeva ai concerti di James Brown, Isley Brothers o Wilson Picket. Il grande Wilson, che gli ha suggerito il titolo dell’album, Band of Thousand Dances.

Maurizio Faulisi, fonte Chop & Roll n. 28, 2016

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