Non è corretto in una recensione esporre prima il giudizio e poi parlare del disco in questione. Ma mi sento subito di affermare che questo forse non sarà il miglior album in assoluto dell’anno, ma è senz’altro quello che ultimamente mi ha dato più ‘sensazioni’.
E’ difficile da spiegare: questi due artisti, con la loro musica, ad ogni ascolto mi entrano nel cuore, e lì rimangono, incidendo le loro note nel profondo (a differenza di alcuni dischi di ottimo bluegrass che purtroppo ‘passano attorno’, come l’acqua del torrente che bagna i ciottoli solo al di fuori). In poche parole: quella di Real Time è musica che arriva diretta al cuore, e non solo al cervello.
Si può senz’altro sostenere che Tim O’Brien e Darrell Scott si sono incontrati e incastrati uno con l’altro, completandosi a vicenda. Il primo è una vecchia conoscenza di tutti gli amanti di musica acustica, artista poliedrico che spazia, sempre con successo, dall’old time (Songs From The Mountain con Dirk Powell e John Herrmann del 1998) al folk con forti richiami all’originaria Irlanda (The Crossing del 1999), tanto per citare le ultime opere, al country ed al bluegrass. Darrell Scott è anche lui multistrumentista, e nella sua carriera tra gli altri ha suonato con Sam Bush, Guy Clark, John Cowan e lo stesso Tim O’Brien.
E’ inimmaginabile la carica emotiva che questi due musicisti da soli riescono a provocare. L’impasto degli strumenti e delle voci è pieno, intrigante, coinvolgente. La potenza del suono che riescono a tirare fuori da solo due strumenti è tantissima: nelle varie tracce troviamo mandolino, mandola, chitarra, banjo, bouzouky, eccetera accoppiati in modi diversi, nelle mani indistintamente di entrambi, sempre suonati con passione ed amore, riuscendo a rendere l’atmosfera e la completezza di ciascun brano. Non c’è ricerca esasperata di virtuosismo, ma desiderio di trasmettere all’ascoltatore sensazioni e sentimenti.
I brani proposti sono principalmente originali scritti a due o quattro mani, più qualche altro, tra cui due classici di Hank Williams. Meriterebbe segnalarli tutti, ma in particolare mi colpisce l’ultimo, The Second Mouse, divertente e ricco di citazioni.
Forse si è capito, ma questo disco, anche se non è rigorosamente bluegrass, mi è veramente piaciuto, e ne consiglio fortemente l’ascolto (a tutti coloro che hanno un cuore da ‘riempire’).
Howdy Skies 1003 (Singer Songwriter, 2000)
Claudio Pella, fonte Country Store n. 54, 2000