Travis Tritt è stato uno dei nomi di punta del movimento new-traditionalist che ha rinnovato la scena country di Nashville tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta e ha rappresentato nel corso della decade che ha chiuso il millennio un punto di riferimento e un esempio di coerenza musicale notevole. Travis Tritt si è posto musicalmente come l’anello di congiunzione tra la country music più tradizionale, quella di personaggi come George Jones, Merle Haggard e gli outlaws texani e il rock’n’roll sudista impregnato talvolta di blues e di soul.
Grazie alla sua eccezionale e tipica voce roca ha appunto potuto spaziare tra questi generi dimostrando di trovarsi a proprio agio sia nei più travolgenti up-tempo che nelle più suadenti ballate. Travis ha cantato la vita dei blue collars, dei bikers, dei camionisti e di tutte quelle categorie della classe medio-bassa così tipiche del sud degli States.
Proprio nel Deep South nasce il 9 febbraio 1963 a Marietta, piccolo centro della Georgia. Le sue coordinate musicali vanno da George Jones ai Lynyrd Skynyrd, da Merle Haggard alla Allman Brothers Band.
Dopo i soliti piccoli lavori fatti da ragazzo, inizia ad esibirsi nel circuito musicale di Atlanta e dintorni, dinner clubs, honky-tonks e qualsiasi altro luogo dove gli permettevano di esibirsi. Proprio in uno di questi posti viene notato da uno dei ‘talent scout’ della Warner Brothers tale Danny Davenport , che gli fa incidere alcuni demos che poi vengono proposti alla casa madre.
Da qui al contratto il passo è brevissimo.
Siamo nel 1989. L’esordio di Travis Tritt avviene nel 1990, all’età di ventisette anni (se si pensa ai tanti teenagers che popolano la scena attuale di Nashville sembra impossibile!) ed è un prodotto già maturo e ricco di influenze e citazioni.
Country Club è il titolo del disco e anche il nome della band che lo accompagna ‘on the road’, un sapido sia musicale che tematico nel Sud, in cui convive il profondo amore per i padri della country music e al tempo stesso la passione per il rock’n’roll più tipicamente legato alle radici. Un luogo dove il fantasma di Hank Williams Sr. Incontra quello di Duane Allman in una commistione di suoni e sapori particolarmente intensi; questo sarà un po’ il filo conduttore della carriera del musicista della Georgia.
Basta qualche titolo e una rapida occhiata ai testi per rendersene conto: l’iniziale Country Club, Put Some Drive In Your Country, The Road Home o Dixie Flyer. Country Club è un disco appagante e interpretato in maniera molto sentita da un Travis Tritt che firma metà del repertorio, talvolta con la collaborazione di autori non famosissimi.
Un cenno merita anche il look di Travis, che si è distinto dalla massa dei colleghi in Stetson tanto da intraprendere in compagnia del grande amico Marty Stuart un tour americano denominato ‘No Hat Tour’. Il suo abbigliamento ha piuttosto ricordato il suo essere al tempo stesso country man e rocker, senza gli eccessi stravaganti dei due mondi.
Circa un anno dopo esce il suo secondo disco, It’s All About To Change, e fin dalle prime note ci si rende conto di aver ritrovato un appassionato musicista, con le radici ben piantate nel suolo sudista. The Whiskey Ain’t Workin’ è uno splendido duetto con Marty Stuart e ci introduce subito in un’atmosfera di calore e passione che caratterizza tutto l’album.
L’impegno compositivo di Travis Tritt è ulteriormente aumentato e azzeccate sono le covers scelte: la già citata canzone con Marty Stuart, Don’t Give Your Heart To A Rambler firmata da Jimmie Skinner (composta nel 1954) e la conclusiva Homesick dal repertorio della Atlanta Rhythm Section e firmata dai suoi due leaders Buddy Buie e J.R. Cobb.
Non da meno sono Bible Belt che vede la presenza dei Little Feat al completo (e inserita nella colonna sonora del film My Cousin Vinnie), Here’s A Quarter (Call Someone To Care) che è una classicissima ballata country e If Hell Had A Jukebox uno dei momenti più belli del disco, dalla linea melodica particolarmente accattivante.
Con questi due albums Travis Tritt riesce a raggiungere un buon successo commerciale e a crearsi una nutrita schiera di fans, il che convince la Warner Brothers a credere in lui e a ‘spingere’ i suoi prodotti.
Puntualmente nel 1992 Travis si ripresenta agli appassionati con un nuovo disco T-R-O-U-B-L-E che, accanto alle sue caratteristiche ballate acustiche (Can I Trust You With My Heart e Worth Every Mile su tutte) ci regala potenti rock’n’roll (la title-track, un classico del suo repertorio live e Blue Collar Man firmata con Gary Rossington dei Lynyrd Skynyrd) e l’ormai consueta composizione di Marty Stuart (A Hundred Years From Now).
Più atipiche ma ugualmente godibili sono Lord Have Mercy On The Working Man che si avvale di un cast stellare (i Little Texas, George Jones, Tanya Tucker e Brooks & Dunn tra gli altri) e Leave My Girl Alone un bluesaccio lungo più di otto minuti firmato da Buddy Guy, uno dei grandi del blues di Chicago.
Un disco questo T-R-O-U-B-L-E più variegato dei precedenti in cui i lati più elettrici e scatenati della musicalità di Travis Tritt vengono prontamente smussatida dolci ballate acustiche.
Sempre dello stesso anno è The Loving Time Of The Year, l’album natalizio che è un classico appuntamento della discografia di ogni musicista country. Un prodotto senz’altro minore che comunque riserva ai fans alcuni momenti di valore quali la title-track e Santa Looked A Lot Like Daddy dal repertorio di Buck Owens.
Dopo un anno di pausa discografica Travis Tritt, sempre con la produzione di Gregg Brown che lo accompagna fin dagli esordi, ci propone un disco intitolato Ten Feet Tall And Bulletproof. La critica non lo loda come in precedenza e questo viene considerato un prodotto un po’ sotto tono; sicuramente nulla di particolarmente nuovo viene proposto con questo disco ma chi ha amato la voce di Travis Tritt e il suo approccio così personale troverà anche qui pane per i suoi denti.
Outlaws Like Us è un vero e proprio manifesto sonoro del ‘credo’ del musicista georgiano:
“I was born a country singer/ I love Charlie Pride/ raised on ‘He stopped loving her…’/ cut my teeth on ‘Mama tried’/ yes I love Hank Williams/ but I still love rock’n’roll….”
E ancora nel chorus “And I wear this country banner/ and I’m proud to wear the flag/ and you can talk all day ‘bout the next Billy Ray/ but I’ll cast my vote for Hag”. La presenza di Hank Williams Jr. e Waylon Jennings nobilitano questa canzone, forse la più valida dell’album.
Hard Times And Misery è un’altra collaborazione Marty Stuart/Travis Tritt, protagonisti nella metà degli anni novanta di due tour di successo, il già citato No Hat Tour e Double Trouble Tour.
Due sono le collaborazioni con il chitarrista dei Lynyrd Gary Rossington, Wishful Thinking, discreto southern rock e No Vacation From The Blues, il secondo sconfinamento di Travis nel blues.
Nel 1995 viene pubblicato un greatest hits che fa un po’ il punto della carriera di un musicista la cui fama ormai è consolidata al punto da interpretare anche ruoli più o meno marginali in films tv o serie televisive, con risultati anche apprezzabili.
From The Beginning contiene tredici hits più episodi inediti, il classico dei Platters Only You inserito nella colonna sonora di Sgt. Bilko con Steve Martin e Dan Aykroyd e un’intensa interpretazione di Sometimes She Forgets di Steve Earle. La pausa di un paio di anni, tra il 1994 e il 1996, interrotta solo dalla pubblicazione del disco antologico, è rigenerante per Travis Tritt.
The Restless Kind è uno dei più validi dischi nella carriera di Travis, un ispirato viaggio attraverso suoni classicissimi (il country, il folk, il rock’n’roll, il soul) ma riproposti in maniera fresca e vitale. Ci troviamo di fronte al Travis Tritt più maturo e consapevole delle proprie doti vocali e musicali che sfrutta al massimo le sue possibilità. The Restless Kind e Still In Love With You coinvolgono e trascinano l’ascoltatore in un vortice di suoni, colori ed emozioni notevoli con arrangiamenti praticamente esenti da difetti.
La produzione è, a mio parere, uno dei punti di forza: Don Was prende il posto di Gregg Brown e probabilmente riesce ad ispirare lo spirito interpretativo di Travis Tritt. Ancora una volta la collaborazione con Marty Stuart è proficua: per la prima volta Marty appare in quasi tutti i brani a livello di strumentista con risultati egregi, firma con Paul Kennerley la trascinante Draggin’ My Heart Around e duetta con Travis Tritt in Double Trouble.
La coesione dei vari brani inseriti in questo disco fanno si che il risultato finale sia particolarmente positivo, rendendo difficile il compito per chi voglia indicare i brani migliori. Seguendo il mio gusto personale posso ricordare Back Up Against The Wall, robusto rock’n’roll firmato da Buddy Buie e J.R. Cobb (Atlanta Rhythm Section) e inserito anche nella colonna sonora del film Fire Down Below con/e di Steven Seagal, She’s Going Home With Me dal sapore fifties, Sack Full Of Stones splendida collaborazione Stuart/Tritt e la conclusiva Where Corn Don’t Grow un’altra ‘career song’ per Travis Tritt e una delle più belle dell’album.
Il disco numero otto della discografia del cantante ed autore georgiano No More Looking Over My Shoulder esce verso la fine del 1998 e segna un ulteriore cambio di produzione; dietro alla consolle ora siede Billy Joe Walker Jr. che ha il pregio di non voler modificare la musicalità di Travis Tritt e di lasciare che l’ispirazione guidi l’artista. L’album (già recensito su Country Store) se paragonato ad un precedente disco così ispirato e brillante ne esce penalizzato.
E’ comunque un lavoro di tutto rispetto, forse un po’ slegato ma ricco di momenti che soddisfano appieno sia il fan che l’ascoltatore più distratto. No More Looking Over My Shoulder mostra le varie sfaccettature della personalità di Travis Tritt, risultando sincero, diretto e godibile.
Sono presenti ballate acustiche suadenti (If I Lost You, For You, I’m All The Man e la springsteeniana Tougher Than The Rest), indiavolati rock’n’roll (Rough Around The Edges, Girls Like That e Start The Car) e due canzoni da citare, a mio parere, quali gemme del disco, Mission Of Love e The Road To You. La prima, composta da Leslie Satcher e da Larry Cordle è una traditional country ballad splendidamente interpretata, la seconda sarebbe potuta benissimo essere una composizione di Gregg Allman inserita in un vecchio disco della Allman Brothers Band dove chitarra acustica, slide, piano e sezione ritmica formano un insieme melodicamente di forte presa.
Il rapporto con la Warner Brothers intanto si incrina: Travis Tritt la accusa di non promuovere adeguatamente i suoi prodotti, la casa discografica pensa chiaramente al suo conto in banca e quindi si arriva al divorzio, inevitabile.
Fortunatamente (visti i risultati) Travis firma per la Sony/Columbia e nel 2000 vede la luce il suo nuovo disco Down The Road I Go. Secondo il mio parere è uno dei migliori dischi dell’anno e uno dei punti più alti, artisticamente parlando, della carriera del Nostro. Con una voce mai così matura e sciolta, Travis Tritt ha confezionato un disco al tempo stesso tipico della sua produzione e originale nei contenuti, grazie all’ottimo lavoro del produttore Billy Joe Walker Jr., alla scelta indovinatissima del repertorio e infine alla consueta maestria dei musicisti coinvolti nel progetto.
Un gradino sopra tutte metterei It’s A Great Day To Be Alive di Darrell Scott, emozionante ed intensa, mentre Livin’ On Borrowed Time, Never Get Away From Me (dedicata a Waylon Jennings e Jessi Colter), Modern Day Bonnie And Clyde e Southbound Train (composta con Charlie Daniels) contribuiscono a rendere questo lavoro uno degli albums più maturi di Travis Tritt assieme a The Restless Kind.
Questo viaggio nella carriera discografica di Travis Tritt è stata l’occasione per soffermarci su di un artista che ha basato il proprio approccio alla musica su di un’onestà di fondo che lo ha reso rispettabile anche nei momenti in cui l’ispirazione non è stata ai massimi livelli.
La sua coerenza e la sua onestà sono state riconosciute commercialmente e la sua figura è stata ed è oggetto di ispirazione da parte di alcuni tra i musicisti che si sono affacciati sulla scena country di Nashville in questi ultimi anni come Clay Davidson e Montgomery Gentry.
Insomma un artista da inserire tra i grandi della country music contemporanea.
Discografia:
Country Club (Warner Bros. – 1990)
It’all About To Change (Warner Bros. – 1991)
T-R-O-U-B-L-E (Warner Bros. – 1992)
Loving Time Of The Year (Warner Bros. – 1992)
Ten Feet Tall Ad Bulletproof (Warner Bros. – 1994)
Greatest Hits – From The Beginning (Warner Bros. – 1995)
The Restless Kind (Warner Bros. – 1996)
No More Looking Over My Shoulder (Warner Bros. – 1998)
Down The Road I Go (Columbia – 2000)
Principali apparizioni:
Burning Love (Honeymoon In Vegas – colonna sonora – Epic – 1992)
Take It Easy (Common Thread – The Songs Of The Eagles – Giant – 1993)
Don’t Ask Me Questions (Skynyrd Frynds – MCA – 1994)
When Something Is Wrong With My Baby (con Patti Labelle) (Rhythm Country And Blues – MCA – 1994)
Honky Tonk Women (Stone Country – The Songs Of The Rolling Stones – Beyond – 1997)
The Day The Sun Stood Still (The Civil War – The Nashville Sessions – Atlantic – 1998)
Remo Ricaldone, fonte Country Store n. 56, 2001