Chicago, chi non lo sa, è la città in cui più emblematicamente si sviluppò quel fenomeno di ‘inurbamento’ del blues che diede frutti così straordinari negli anni ’50 e ’60, catalizzandosi intorno a figure di elevatissimo valore artistico.
E’ anche luogo nel quale il blues del Delta, pur elettrificato, ristrutturato e aggiornato riuscì a mantenere intatte le proprie peculiarità espressive: un incedere scarno, essenziale, necessario; un senso dello spazio, della profondità del fraseggio che ne facevano qualcosa di più vicino ad un’esperienza mistica che non ad un semplice linguaggio musicale; una logica esecutiva conseguentemente improntata alla scabra, toccante e viscerale antiretorica del ‘confessin the blues’, rinverdibile nei padri fondatori come Muddy Waters, nei figli come Buddy Guy e anche nei suoi nipoti come Magic Slim, John Primer e i molti altri che la benemerita Wolf sottrae al ruolo di eroi locali della Windy City.
La ventunesima Chicago Blues Session è un giusto riconoscimento a Willie Kent, bravo cantante, solido bassista ed ottimo organizzatore di musica. Vibrante, essenziale e senza compromessi, musica alla quale danno un rilevante contributo l’armonica di Billy Branch e John Primer (è sempre un piacere sentire il suo timbro ficcante memore della scarna perentorietà di Otis Rush) del grande Eddie ‘Big Town Playboy’ Taylor e di Jake Dawson al quale tuttavia gioverebbe un suono meno ‘effettato’.
Chicago Blues Session, un disco fresco dunque, divertente e dotato di una buona densità emotiva, consigliabile tanto per i neofiti del blues (questo è proprio blues del più genuino) quanto per gli ‘introdotti’, desiderosi di fare la conoscenza con personaggi nuovi ed interessanti come Willie Kent & His Gents (questo è il nome del suo gruppo, una delle poche band realmente stabili della splendida scena di Chicago).
Wolf 120867 (Chicago Blues, 1994)
Giorgio Signoretti, fonte Out Of Time n. 4, 1994