Richard Thompson è sicuramente una delle figure più importanti del folk-rock britannico, un creativo musicale in cui l’amore per la tradizione popolare e la contemporaneità del rock elettrico urbano si combinano in uno stile personalissimo e inconfondibile. Schivo e modesto, Thompson è rimasto coerentemente se stesso continuando a rinnovarsi negli anni.
Protagonista all’inizio della propria carriera dell’affermazione del folk-rock con i Fairport Convention, ora convinto divulgatore della propia evoluzione artistica, Richard ha dato più di quanto ha raccolto, nonostante l’appoggio incondizionato della critica.
Finalmente da alcuni anni il grande pubblico si è accorto di avere la possibilità di ascoltare un grande autore, un compositore fine ed equilibrato, un ottimo interprete e una delle chitarre rock più incisive che abbiano solcato i terreni della musica popolare.
Thompson si può definire come un cantore della gente semplice, degli emarginati e dei sentimenti quotidiani, di cui ambienta storie e parodie sullo sfondo di una Londra grigia e immensa, lontana parecchie miglia da quella conosciuta e mitizzata dai turisi.
Uno dei suoi primi brani scritti per Unhalfbricking, perla sottovalutata nella discografia dei Fairports dal titolo Genesis Hall, è divenuto per qualche tempo l’inno degli ‘squatters’ londinesi (gli accattoni) alla fine degli Anni ’60. Il periodo che lo ha visto impegnato con i Fairport Convention sino a Full House (a mio parere il disco che meglio coniuga i termini folk e rock) va dal 1967 fino all’inizio del ’71; segue poi l’attività di sessionman durata circa un paio di anni.
Due raccolte sono di questo periodo, profondamente diverse tra loro ma emblematiche per scoprire l’eclettismo e la versatilità di queso musicista. Rock On, sotto lo pseudonimo di un fantomatico gruppo dal nome The Bunch, è la rimpatriata tra vecchi amici a suon di rock’n’roll, mentre Morris On è una selezione di vecchie danze rituali dell’Inghilterra del sud curata da Ashley Hutchings. Un trattamento elettrico raffinato ed incisivo della tradizione, per un disco divenuto un ‘masterpiece’ di questo genere.
Nel 1972 Richard Thompson debutta come solista con un LP dal titolo Henry The Human Fly. Complessivamente è stato un buon esordio. Di impostazione folk, denso e misterioso, in alcuni momenti persino difficile; l’autore lo ha definito indecifrabile, ma esemplificativo della sua personalità a quel tempo. La promozione di questo disco è avvenuta nel circuito dei folk clubs, nei quali Thompson si presentava insieme a Simon Nicol e alla cantante Linda Peters sotto lo pseudonimo Hokey Pokey.
L’album successivo inciso nel ’74, I Want To See The Bright Lights Tonight, è firmato dalla coppia di neo-sposi Richard e Linda Thompson. Il titolo riprende l’omonimo brano dedicato ad un particolare momento di gioia di una ragazza qualsiasi il sabato sera. Questo lavoro rappresenta una delle migliori produzioni di folk-rock. Commozione e struggente tristezza vengono affidate alla voce intensa di Linda. Al suo fianco Richard lavora alla chitarra tessendo con un solismo delicato le sue storie.
Parallelamente è continuata l’attività dal vivo del trio, che con l’aggiunta di una base ritmica (Steve Borrell ex Spirogyra e Willie Murray) si è trasformato in Sour Grapes e ha fatto ‘da spalla’ alla tournée dei Traffic del 1974.
L’anno seguente i coniugi Thompson hanno pubblicato Hokey Pokey, dedicato alla felicità effimera rappresentata dal carretto del gelataio e dal particolare gelato dai dieci gusti diversi, gioia dei bimbi di periferia. L’incisione si caratterizza, più che altro, per il distacco dagli stilemi folcloristici in favore di atmosfere scanzonate tipiche del music-hall e dell’operetta anglosassone.
A questo punto della storia avviene una svolta decisiva per la coppia: l’adesione alla filosofia e alla religione Sufi (una setta musulmana). Il nuovo disco dal titolo Pour Down Like Silver risente evidentemente di questo nuovo status (basta dare una sbirciata alla copertina). Siamo comunque a livelli qualitativi alti: Richard torna al suo modulo musicale preferito, vale a dire composizioni lunghe ricche di tensione dove confluiscono note e parole sempre affascinanti. Si è tattato di un disco ben riuscito: di matrice acustica, scarno ed austero a differenza dei precedenti.
Nel 1976 viene pubblicato un doppio album dedicato al solo Richard The Guitar/Vocal, raccolta di registrazioni inedite e alcune rarità dal vivo, una compilazione ben assemblata molto utile per definire lo stile del musicista. Dopo questa raccolta volta a colmare un suo vuoto artistico momentaneo, Thompson arriva al successo con First Light (sempre insieme alla moglie). Certamente è il disco che ha raccolto i maggiori consensi di pubblico e di critica. Esso appare infatti meno ermetico di altri lavori, in quanto risaltano più chiare le tematiche e le metafore paiono più accessibili. Questo disco a sfondo religioso è quasi una lode all’Islam, molte canzoni sono proprio traduzioni in musica di poesie arabe.
La sterzata decisa verso il rock viene data con Sunnyvista del 1979, questo LP è una sorta di concept-opera sull’alienazione urbana, sui problemi derivanti dallo stress e dal disordine del vivere quotidiano. Tornano così gli amici di un tempo ad accompagnare un Thompson più graffiante alla chitarra: Dave Pegg, Simon Nicol, John Kirkpatrik e altri. Questa registrazione ricca di idee richiede svariati ascolti per carpirne le sfaccettature, ma risulta difficile da assimilare comunque.
Nel 1981 Richard Thompson rimane senza contratto discografico, così decide di autoprodursi un disco in completa solitudine. Il disco si intitola Strict Tempo e rivela l’entusiasmo e il divertimento di un artista alle prese con ogni sorta di strumento a plettro. Il vinile in questione non è imperdibile (per il sottoscritto).
Intanto la coppia Thompson sembra essere giunta al capolinea di un rapporto già incrinatosi da tempo, ma i gravi problemi umani non intaccano l’esito fortemente positivo di Shout Out The Light. Questo LP pubblicato nell’82 si è rivelato come una grande incisione di rock d’autore, con una manciata di canzoni oramai entrate in pianta stabile nella scaletta dei concerti di Richard e con i musicisti coinvolti e particolarmente ispirati, fautori di un suono dinamico ed attuale.
All’indomani della separazione, Thompson torna a percorrere con sempre maggior convinzione la strada solistica.
Così, nel 1983, Hand Of Kindness riflette pienamente il dramma vissuto da quest’uomo, il quale attraverso sonorità dure e spigolose cerca la cosiddetta ‘valvola di sfogo’ per il proprio equilibrio (i testi parlano chiaro). Un disco trascinante con elemeni nuovi per chi è abituato ad ascoltare Richard, compatto e vigoroso, uno dei migliori del mazzo per chi scrive.
Dopo l’uscita di un live interamente acustico intitolato Small Town Romance, registrato a New York e nel quale ripercorre l’intera carriera dagli esordi con i Fairport sino alle ultime produzioni, ecco arrivare l’atteso contratto con una grande casa discografica, la Polygram. Per questa etichetta Richard incide nell’85 Across A Crowded Room.
Il disco è ancora molto elettrico, robusto con la sezione ritmica in risalto; contiene alcuni brani interessanti mentre altri stentano a decollare, restando nell’anonimato. In definitiva un disco interlocutorio, poco brillante per un esordio importante. Tutt’altra musica si ascolta con il seguente Daring Adventures del 1987. Una incisione equilibrata e filtrata in maniera convincente, dove le ballate di stampo tradizionale assumono nuova vita dalle esperienze del loro autore. Richard è più rilassato e dimostra di avere ancora molte frecce al suo arco.
La storia di Thompson continua tra la pubblicazione di nuovi albums, sempre di buon livello e le innumerevoli esibizioni dal vivo che rappresentano il suo vero interesse attuale (così mi ha riferito dopo un concerto acustico a Bergamo, dove ha concluso i bis con una incredibile versione di Substitute degli Who).
Mi ricordo di una grande performance di Richard alla Fairports Annual Reunion di Copredy nel ’90, dove per circa un’ora ha coinvolto da vero entertainer i quindicimila spettatori presenti, insieme all’incontenibile Danny Thompson al contrabbasso e a Dave Pegg al mandolino. Non lo dimenticherò tanto facilmente!!!
Lo scorso anno la Hannibal ha immesso sul mercato un cofanetto-raccolta dal titolo Watching The Dark: The Story Of Richard Thompson, compendio imperdibile per i fans e per i collezionisti di questo autore sfuggente ed enigmatico. Thompson non è solo il musicista, ma è anche l’uomo capace di calare nella propria opera le sensazioni e le riflessioni, incastrandole perfettamente tra le tensioni strumentali dando consistenza alla storia di un personaggio di indubbio valore.
Stefano Poli, fonte Out Of Time n. 4, 1994