Ritroviamo Davis con un nuovo lavoro che, come il precedente, esce in Europa sulla francese Dixiefrog e negli Stati Uniti per la M.C. della sua città, New York. Curato e prodotto in prima persona forse per la prima volta, l’album è più stratificato, con contorni folk abbastanza marcati, del resto Pete Seeger era un amico di famiglia. Fermo restando che quando si cimenta con materiale blues ha sempre grande padronanza e credibilità, aiutato in questo dalla profondità che la sua voce sa infondere a Cool Drink Of Water o Little Red Rooster. In quest’ultimo caso non guasta certo avere al proprio servizio con la solita ineffabile classe, l’armonica di Charlie Musselwhite.
Ma la scrittura di Guy guarda anche in altre direzioni, She Just Wants To Be Loved, ballad in crescendo, con il coinvolgimento di una band intera e tanto di voci femminili al coro, non sarebbe fuori posto in un album di Dylan. Non sarà un caso che più avanti riprenda un altro suo classico, Lay Lady Lay, riuscendo a trovare una chiave tutto sommato personale, considerato le molte riprese che essa ha avuto negli anni. Oppure un altro momento dai connotati elegiaci, Wish I Hadn’t Stay Away So Long, sulla vita non facile del musicista costantemente sulla strada, a volte lontano dai propri cari quando avrebbero più bisogno di lui, «non c’ero quando è mancata mia madre» canta Davis ad un certo punto.
Ma accanto ad episodi ombrosi ci sono momenti scanzonati e pieni d’ironia, come ci ha abituato in passato, Blackberry Kisses e Have You Ever Loved Two Women?, dove ritroviamo Fabrizio Poggi (produttore del suo fortunato Juba Dance) all’armonica o ancora la riscrittura dichiarata di Richland Women Blues di Mississippi John Hurt. Inattesa invece la cover finale di Donovan, l’arrangiamento caraibico ricorda certi dischi di fine anni Settanta di Taj Mahal. Un Guy Davis affidabile prosegue allargando, con discrezione, il proprio orizzonte sonoro.
DixieFrog 8779 (F) (Country Blues, Folk, 2015)
Matteo Bossi, fonte Il Blues n. 133, 2015
