Davell Crawford – Let Them Talk cover album

Lo spirito della ‘Preservation’ del patrimonio musicale di New Orleans ha valore anche per quanto riguarda il r & b. Lo prova questo CD di un giovane (19 anni) cantante autore e tastierista che si esprime tanto al piano che all’organo Hammond B3.
Nipote d’arte, il nonno è il celebre James ‘Sufar Boy’ Crawford, Davell vuole “lasciar parlare” (Let Them Talk) gli interpreti che hanno sviluppato nell’ultimo quarantennio la musica della sua città.
Le lunghe ombre di personaggi come Professor Longhair, James Booker, Fats Domino, Dr. John, Huey Smith, Guitar Slim, Allen Toussaint, e tanti altri ne testimoniano le qualità d.o.c..

L’idea di interpretare, così come era, il r & b di New Orleans degli anni ’50/’60, con le sue variegate influenze che si sviluppavano dal solitario pianismo del ‘professore’ in sonorità sempre più ricche ed articolate che comprendono gospel, jazz, soul, rock & roll, funk, deve aver affascinato non poco questo giovanissimo musicista.
Ma Let Them Talk non è solo un’ambiziosa opera di sintesi, un gigantesco tributo pagato alla musica dei suoi antenati (leggete le dotte note di copertina dello stesso Davell), e neppure un tentativo di revival fine a se stesso: è qualcosa di differente e più ambizioso. Scrivere, arrangiare, interpretare in modo tanto naturale il vero r & b sound così saturo di influenze gospel e jazz, preservare lo stesso ‘groove’ del passato, trascende il ruolo dei contemporanei revivalisti.

Davell Crawford ha scelto di persona i suoi comprimari: l’arrangiatore e direttore Wardell Quezergue (che si alterna a Davell e Sammy Berfect, responsabili delle piccole formazioni), l’impressionante sezione di fiati che comprende leggendari veterani del calibro di Charlie Miller, tromba, Alvin ‘Red’ Tyler e Freed Kemp, sax tenori, Mark Mullins, trombone, Carl Blouin Jr., baritono.

Sammy Berfect si alterna a Crawford alle tastiere, mentre la chitarra è affidata a Renard Poche e la ritmica è composta da Chris Severin e Herman V. Ernest III. Se aggiungiamo gli arrangiamenti delle voci femminili e dei cori nei brani di matrice strettamente gospel, ci rendiamo conto tanto del lavoro svolto dal nostro nuovo eroe di ‘Crescent City’ quanto dello spirito che lo anima.

Chi è capace di assemblare un cast come questo, non è solo un ragazzo dalla voce già potente e matura e dalla personalità già formata. Si può cadere nella retorica agiografica nel celebrare il cantore nostalgico ed evocativo di un’epoca in cui Davell non era ancora nato. Ma la sua personalità è tale, le sue capacità così evidenti, che danno un tono tutto particolare a questo lavoro che sembra essere una multiforme r & b session d’altri tempi.

Per quanto popolata da nomi celebri e navigati, la bacchetta del comando sembra essere nelle sue mani: è lui il direttore. Crawford Jr. fa coesistere passato e presente, modernità e tradizione. Le tre solitarie performances pianistiche in Let Them Talk, che sembrano far rivivere lo spirito di James Booker e di Professor Longhair come pure quello dei più oscuri piano-entertainer di questa città che popolavano tanto luoghi di culto che di piacere, proiettano in una dimensione musicale ancor più lontana del New Orleans rhythm’n’blues.

Abbandonati jazz, gospel, ragtime e ‘gumbo-piano’, Davell e Sammy si proiettano nell’entusiasmante avventura del pianeta old-New Orleans. Si alternano al piano ed all’organo in classici brani intessuti di superbi arrangiamenti fiatistici che ci portano dentro e fuori una chiesa o da una sala da ballo. Un giro vorticoso, inarrestabile. Sacro e profano si alternano in magistrale sintonia e naturalezza.

L’amore del Signore si confonde con un amore perduto, un inno pagano alla gioia precede quello a nostro Signore. In un ideale ‘ritorno nel passato’ Davell raccoglie l’eredità spirituale e musicale di molti leggendari interpreti, grandi e piccoli.
Non so se è già tempo di proclamarlo re della sua città come vogliono le note di copertina. Sicuramente qualcosa di più delle visionarie fantasie realizzate da un giovane che si è formato con il r & b di questa città. Se non vi basta il modo come riesce ad impersonare il ‘dottore’ o il ‘professore’, come riesce a ‘ricreare’ Fats Domino e personaggi come Little Willie John e lo stesso nonno, che duetti con lui in Walk Around Heaven, ascoltate cosa riesce a fare in Can’t Nobody Do Me Like Jesus arrangiando il coro della John F. Kennedy Senior High School.

Una delle prossime domeniche andremo alla sua chiesa, dove siede all’organo dirigendo il coro, e gli consegneremo le chiavi della città. Sono in buone mani, lo scettro è suo, speriamo sia un re saggio, il trono di una città musicale come New Orleans non è comodo per nessuno.

Rounder CD 2139 (Blues, Rhythm & Blues, 1995)

Franco Ratti, fonte Out Of Time n. 11, 1995

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