Dust My Broom

Al tempo della morte di Robert Johnson, il suo contemporaneo Elmore James si stava già muovendo per adattare il Delta Blues tradizionale ad un contesto di band. Un chitarrista ritmico e slide trascinante, superbo cantante, James era nato nel Mississippi rurale il 27 gennaio 1918. Suonò le prime note su un diddley bow, poi su una one-string guitar ricavata da una latta, una tavola e un cavo. Quando il suo lontano cugino Homesick James lo conobbe a Canton, Mississippi, intorno al 1930, il timido dodicenne rispondeva al nome di Elmore Brooks. A nemmeno vent’anni Elmore si era comprato una National Resophonic e suonava nei juke joint e nei ristoranti del Delta. «Non ha mai voluto lavorare nei campi» ricordava un vecchio vicino. «Prendeva la sua chitarra e se ne andava in giro di città in città». James cominciò a suonare slide dopo aver incontrato Robert Johnson, col quale condivideva la passione per l’alcool, le donne e suonare il blues.
Dopo aver prestato servizio nel Naval Reserve durante la Seconda Guerra Mondiale, James ritornò a Canton, Mississippi, e andò a lavorare presso il fratello adottivo che aveva un negozio di riparazioni radio. Sviluppò un problema cardiaco che richiese assistenza medica nella vicina Jackson. Per un po’ divise una stanza a Belzoni con l’armonicista Aleck ‘Rice’ Miller, il quale lo invitava a suonare con lui in alcune radio locali. Quando Miller accettò un lavoro a West Memphis, James tornò a Canton e si mise a suonare con Willie Love & His Three Aces. All’inizio del 1951, Miller chiese a James di accompagnarlo per alcune registrazioni che aveva accettato di fare per la Trumpet, una piccola etichetta indipendente di proprietà di Lillian McMurry a Jackson, Mississippi. Nei mesi di gennaio e agosto, James registrò come sideman per Willie Love e Miller, che avrebbe usato lo pseudonimo di Sonny Boy Williamson II per i suoi 78 giri.
Ad inizio agosto, Elmore e Sonny Boy fecero un demo di ‘Dust My Broom’ per la signora McMurry, che fece subito firmare ad Elmore un contratto come artista. Il giorno seguente Elmore James incise la sua prima canzone come leader, ‘Dust My Broom’, 2 minuti e 43 secondi di pura dinamite. La sua band era formata da Sonny Boy Williamson II, il bassita Odie Johnson e il batterista Frock O’Dell. La performance fu tra le migliori che James abbia mai dato. Le sue parole si basavano sulla versione di Johnson, con qualche variazione:

I’m gon’ get up in in the morning, I believe I’ll dust my broom,
I’m gon’ get up in the mornin’, I believe I’ll dust my broom,
I quit the best girl I’m lovin’, now my friends can get my room

I’m gonna write a letter, telephone every town I know,
I’m gonna write a letter, I’ll telephone every town I know,
If I don’t find her in West Helena, she’s in East Monroe I know

And I don’t want no woman wants every downtown man she meets,
No, I don’t want no woman want every downtown man she meets,
Man, she’s a no good doney, they shouldn’t allow her on the street

I believe, I believe my time ain’t long,
I believe, I believe my time ain’t long,
I’ve got to leave my baby and break up my happy home

L’ascolto suggerisce che Elmore abbia suonato una chitarra acustica con un pickup soundhole, usando le dita della mano destra senza plettri. Sembra che il bluesman non avesse nient’altro da registrare quel giorno. In una intervista del 1986 pubblicata da Living Blues, la signora McMurry ricordò che «Elmore doveva portare un’altra canzone, ma non ne aveva una pronta». James rientrò a Canton. Dato che non era riuscita ad avere una canzone di Elmore per il lato B, la McMurry pubblicò la canzone con ‘Catfish Blues’ di Bobo Thomas sul retro. Entrambi i lati del Trumpet 146 vennero accreditati a Elmo James, sebbene James non avesse suonato su Catfish Blues. Il 78 giri divenne il più grosso hit della Trumpet, raggiungendo la posizione n. 9 delle classifiche R&B nel marzo 1952. Grazie al successo di questo singolo, a James nella decade seguente venne chiesto da diversi produttori di ri-registrare la canzone o riutilizzare il famoso riff di slide. La sua Dust My Blues, per esempio, era virtualmente la stessa canzone, con la parola ‘blues’ in sostituzione di ‘broom’. Ma derubricarlo a fenomeno da un solo lick o imitatore di Robert Johnson sarebbe un errore, anche se lo hanno fatto in molti. Il suo canto feroce e rabbioso fa il paio con i suoi assolo audaci. «E’ il tipo di musicista» mi ha detto Ry Cooder una volta dopo aver ascoltato una delle sue canzoni «completamente immerso nella musica, in pratica quanto un musicista di fiati. Non c’è problema a ricordare quello che suona Elmore, ma è quello che non suona. La fantastica non sono le note in sé, è tutto quello che succede attorno, le note e il feeling legato al ritmo del corpo».

A partire dal 1952 James divise il suo tempo tra il Mississippi e Chicago. Per un po’ la sua band col cugino Homesick James, the Broomdusters, era così incandescente che la gente gli gettava sul palco delle banconote. Come ha scritto Robert Palmer nelle note di The Sky Is Crying, «I Broomdusters furono una delle più grandi band in elettrico. Nel creare un suono ben identificabile e influente e in termini di durata, l’unica band rivale per loro era il gruppo di Muddy Waters quando includeva Jimmy Rogers, Little Walter e Otis Spann. E a giudicare dalle registrazioni i picchi d’intensità raggiunti dalla band di Waters erano al livello dei Broomdusters a fine prima che finissero di riscaldarsi». Anche se Dust My Broom rimase la canzone simbolo per James, su palco e su disco, compose altri classici come The Sky Is Crying, The Sun Is Shining, Madison Blues e Done Somebody Wrong.

Nel novembre del 1959 Elmore James registrò una versione di Dust My Broom che rivaleggia, se non addirittura superiore all’originale su Trumpet di otto anni prima. La session si tenne a Chicago per le etichette Fire/Fury/Enjoy. Bobbie Robinson ebbe l’idea di produrre in stereo il gruppo di James, allora composto da J.T. Brown al sax tenore, Johnny Jones al piano, Homesick James al basso, Odie Payne alla batteria. Con James alla chitarra elettrica questa formazione incise cinque pezzi: Bobby’s Rock, The Sky Is Crying, Held My Baby Last Night, Dust My Broom e Please Set A Date. Il tono della chitarra di James è talmente ultraterreno da non essere ancora stato eguagliato. «Il suono di Elmore è straordinario, una delle cose più belle del mondo» lo ha definito Ry Cooder, «ma solo sui pezzi incisi a Chicago per Fire e Enjoy. I pezzi per le stesse etichette da session avvenute a New Orleans e New York suonano diversi. Forse usava qualche altra chitarra. Non penso che la sua Kay con un pickup, perchè in nessun modo una Kay può suonare come su quei pezzi di Chicago. Mi spiace, le ho provate tutte semplicemente non è possibile. L’amplificatore sconosciuto resta un mistero». Nel 1993 discussi con Homesick James di quella session del 1959 a Chicago. «Usò un coprì tubo. Elmore usava un pezzo di metallo leggero e aveva mani grandi. Prendeva uno di quei pezzi di copri tubi dei vecchi amplificatori, prendeva uno di questi pezzi di metallo protettivo e lo metteva sul dito. Se era troppo stretto prendeva un seghetto e lo apriva a metà. Suonava sempre così. Credo che nessuno dovrebbe suonare con slide troppo pesanti. Non puoi farlo, il suono non è quello giusto. Se usi uno di quelli che compri in un negozio, non va bene, hai troppo peso sulla mano». Alla domanda su quale ampli abbia usato Elmore in quella session per la Fire, Homesick rispose così: «il mio. Un Gibson. Credo fosse un grosso GA-53. L’ho comprato quando ero nell’esercito. Era marrone in alto e grigio in basso. Aveva delle lettere ma con l’usura e i viaggi qualcuno le cancellò. Era alto due piedi e mezzo (75 cm circa n.d.t.) e si incastrava con uno speaker da 10 pollici e uno da 12. Elmore non aveva un amplificatore, né una chitarra decente. Voglio dirti una cosa. Quello era un suono che la gente ha cercato di copiare ma non ce la faranno mai. La gente dello studio sapeva come lavorare sul suono stereo. Di questo si tratta, di un effetto eco.»

Homesick confermò inoltre che Elmore suonava in Re aperto. «Le uniche persone di mia conoscenza a suonare in Re aperto eravamo io ed Elmore. L’aveva in Re aperto anche quando ha inciso Dusty My Broom per la Trumpet, perchè Sonny Boy aveva un’armonica in sol. Gli ho sempre detto di non accordare la chitarra troppo acuta perché ad esempio se la metti in Mi aperto rischi di avere troppa pressione sul manico della chitarra. Perciò devi usare accordature basse. E con Elmore non suonavo mica il basso, era una chitarra accordata bassa. E lo faceva anche Elmore. Avevamo un modo di suonare quelle chitarre che nessun altro sarebbe stato in grado di riprodurre. In tonalità di Re, tenevo le quattro corde più acute in Vestapol (Re, Fa#, La, Re) e abbassavamo le altre due corde, il La e il Mi, in modo da suonare come un basso. A volte ci scambiavamo le parti e Elmore passava sui bassi mentre io suonavo le parti di slide. Non faceva che cantare (canta il riff di Dust My Broom) e poi passare su bassi. Sapeva giusto suonare in Re, ma non era in grado di trasporre in Sol e La dal Re aperto. Gli lasciavo suonare la sua parte quando era il momento e mi occupavo degli altri accordi. Lavoravamo bene insieme, eravamo una bella squadra. Suonava i riff sulle note acute e poi saltava sui bassi ed io continuavo da lì. Non potevi dire chi suonava cosa e quando avveniva il passaggio. Vedi era una cosa che preparavamo insieme. Eravamo la band migliore di Chicago, ecco quello che eravamo.» Elmore James morì il 23 maggio 1963. Trentacinque anni dopo, la sua versione di Dust My Broom è stata inserita nella Grammy Hall of Fame.

The British Connection
Alla morte di Elmore James la sua musica costituiva già una pietra miliare per aspiranti musicisti inglesi, specialmente per futuri membri dei Rolling Stones. Infatti secondo Bill Wyman se Brian Jones non avesse imparato la versione di Elmore James di Dust My Broom, i Rolling Stones come li conosciamo forse non sarebbero mai esistiti. Così la racconta nel film Bill Wyman’s Blues Odyssey: «La prima volta che Brian l’ha ascoltata, voglio dire la Dust My Broom di Elmore James, Brian mi disse che era come se la terra si fosse scossa e spostata dal proprio asse. Fu un momento molto importante nella sua vita. Decise subito di mettersi lì ad imparare a suonare come Elmore James. Andò a suonare una sera con la band di Alexis Korner e suonava Dust My Broom. Per puro caso, quel giorno Mick e Keith e un paio di loro amici che stavano cercando senza successo di mettere insieme un gruppo, andarono a vedere il concerto di Alexis Korner, dopo averne letto sulla stampa musicale. E videro Brian Jones seduto lì sul palco, un ragazzetto bianco che suonava Elmore James, ne rimasero impressionatissimi! Ecco da dove vengono gli Stones. Elmore James ha giocato un ruolo molto importante e se quel momento non fosse avvenuto, beh forse non ci sarebbero stati i Rolling Stones».
Nel corso della nostra intervista del 1994 anche Keith Richards fece riferimento a quella serata: «Brian, ai primordi della band, era una piccola palla di energia. Quando questa band ha cominciato, e voglio dire partendo davvero da zero, Brian era molto coinvolto e un musicista molto creativo, uno che aveva studiato. Ci eravamo conosciuti a Londra, ma venivamo da diverse parti dell’Inghilterra. E Brian ci fece restare di stucco suonando la roba di Elmore James con la slide, con Alexis, Cyril Davies, Nicky Hopkins e Jack Bruce al basso, credo. O forse c’era Ginger alla batteria. Tutti questi musicisti si ritrovavano in quegli stessi pochi posti a Londra.»
Altrove in Inghilterra, altri musicisti erano affascinati da Elmore James. Nel 1966 gli Yardbirds suonarono Dust My Broom in concerto alla BBC, con Jeff Beck alla chitarra. (Dopo i loro rispettivi periodi con gli Yardbirds, Eric Clapton e Jimmy Page avrebbero brevemente unito le forze per uno strumentale Tribute To Elmore). Lo Spencer Davis Group con Steve Winwood alla voce fece una versione rock di Dust My Blues sull’album Autumn ’66. L’anno seguente un giovane Peter Green suonò le parti di slide dietro la voce di John Mayall per Dust My Blues sull’album A Hard Road. Nella sua band successiva, Fleetwood Mac, Green stesso cantò la canzone sul palco, una versione che rimane fedele a quella di Elmore James.

Back Home in America
Negli anni Sessanta, Dust My Broom era sulla buona strada per diventare uno standard blues anche nella sua terra d’origine. B.B. King ne incise una bella versione con la band a Los Angeles, intorno al 1962. Koerner, Ray e Glover inserirono la canzone nel loro album di debutto, Blues, Rags & Hollers. John Henry Barbee la registrò l’anno dopo, durante un tour europeo. E dev’essere stato emozionante per gli europei quando Howlin’ Wolf, con Sunnyland Slim, Hubert Sumlin (suonando la chitarra fingerstyle e senza slide), Willie Dixon e Clifton James alla batteria, la suonavano nel 1964 durante l’American Folk Blues Festival. Lo stesso anno Otis Spann la incise nel suo The Blues Will Never Die e Robert Nighthawk venne ripreso a suonarla su Maxwell Street a Chicago.
Altre notevoli versioni, fornite da bluesmen stimati e in anticipo sui tempi, uscirono in rapida successsione. Nel 1964 Margaret Lewis ne diede una versione rockabilly. I Rising Sons (con Taj Mahal e Ry Cooder) la incisero nel 1965 e Homesick James la registrò per la serie Chicago The Blues Today. Nel 1966 la incisero J.B. Hutto e Ike & Tina Turner, Eddie Boyd, Juke Boy Bonner e i Canned Heat nel 1967, Luther Allison nel 1969, John Littlejohn nel 1970, Freddie King nel 1971. In seguito Hound Dog Taylor & The Houserockers la rivoltarono. Due altre versioni negli anni Settanta meritano di essere riscoperte: su I Believe I’ll Go Back Home, dall’album Arhoolie King Of The Bayous, il maestro dello zydeco Clifton Chenier suona il riff di James all’accordeon. Gli ZZ Top sull’album del 1979 Deguello fecero una versione tiratissima di Dust My Broom. «Quella la incidemmo con una Scrotchtone accordata in Re aperto», mi disse Billy Gibbons nel 1981, «la incidemmo in una sola take e la chitarra era persino un po’ scordata».
In tempi più recenti Willcox, James Cotton, Ben Harper, Peter Green, Etta James, Cassandra Wilson, Melinda Doolittle a molti altri hanno tenuto in vita la canzone. Anche se molti ce l’hanno messa tutta, l’affermazione preferita di Elmore resta vera: «Mi chiamo Elmore. Dopo di me non ce ne sarà un altro». Per fortuna la sua eccitante Dust My Broom e miriadi di cover regalano ancora divertimento ed energia.
(2 – fine)(traduzione Matteo Bossi)
© Jas Obrecht. L’articolo ed il materiale fotografico sono stati usati con il permesso dell’autore. Tutti i diritti riservati.

Matteo Bossi, fonte Il Blues n. 142, 2018

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