Oltre alle qualità (indiscusse) dell’artista Eric Bibb, in quest’ album bisogna guardare anche alla sua statura di personaggio impegnato nel sociale contro il razzismo e ogni forma di censura. Non a caso il disco si intitola Blues People e si rifà all’omonimo testo sacro della cultura nera di LeRoi Jones (poi come sapete diventato Amiri Baraka) ispirandosi poi a Martin Luther King e alla sua opera di pace. Bibb si schiera apertamente, sostiene che il percorso liberatorio degli afroamericani non è ancora finito, c’è ancora tanta strada da percorrere per arrivare alla liberazione finale, e lui lo racconta con sue nuove composizioni ad hoc come Rosewood, che ricorda la strage del 1923 in Florida (dove furono incendiate le abitazioni di alcune persone di colore, storia ripresa anche nell’omonimo film di John Singleton del 1997).
Ricordato l’aspetto centrale di lotta e di denuncia, centrale nel disco, la musica è splendida e variegata dall’iniziale Silver Spoon, con lo stupendo dialogo antifonale tra l’acustica di Eric e l’elettrica di Popa Chubby ai toni gospel di Chain Reaction con la collaborazione di Glen Scott. Un album ben equilibrato tra acustico (Turner Station) ed elettrico con piccole perle come I Heard the Angels Singin’ eseguita con J.J. Milteau e i gloriosi Blind Boys of Alabama, presenti anche in Needed Time. Un album da scoprire lentamente, con ospiti del calibro di Guy Davis, André De Lange, Leyla McCalla, Harrison Kennedy e Ruthie Foster: canzoni per pensare alla storia e alla cultura della black music.
DixieFrog 8768 (F) (Country Blues, Blues, Gospel, 2014)
Antonio Lodetti, fonte Il Blues n. 137, 2014