Inquadrare la figura di Guy Clark e tracciarne il profilo è impresa non facile vista la caratura del personaggio. Guy Clark non è soltanto un cantautore, è un artista a tutto tondo che ha dedicato la propria carriera alla musica, alla poesia e all’arte della liuteria. Tutte facce di un’unica grande personalità che ha saputo farle coesistere creando pagine memorabili nell’ambito della musica americana. Da più di trent’anni Guy Clark risiede a Nashville con la moglie Susanna, autrice, cantante e pittrice le cui doti hanno spesso incrociato quelle del marito influenzandosi vicendevolmente. Nella loro casa trasformata in studio, laboratorio e luogo di ispirazione, Guy e Susanna creano canzoni, quadri, chitarre e quant’altro, senza costrizioni e obblighi di sorta, mantenendo alta una creatività che non dà segni di appannamento nonostante siano più di tre le decadi passate fianco a fianco. Guy Clark nel corso di questo periodo ha centellinato la sua produzione proponendo una serie di album che hanno segnato la musica di ispirazione country e folk come pochi altri hanno saputo fare e non si contano gli autori e i cantanti che in questo ambito non abbiano subito l’influenza del musicista texano.
Guy Clark nasce a Monahans, nel Texas occidentale, il 6 novembre 1941 e viene cresciuto principalmente dalla nonna (che gestisce il motel della cittadina) in quanto i genitori lavorano e non hanno la possibilità di seguirlo. Saranno proprio gli anni passati a Monahans ad ispirare parecchie canzoni nate da storie e personaggi con cui il giovane Guy viene a contatto. Dopo gli anni del college Guy Clark si trasferisce a Houston, attratto dalla sua scena musicale particolarmente attiva e ricca di fermenti che la resero, prima dell’ascesa di Austin quale polo di attrazione artistica, il più importante centro per quanto riguardava folk, country e blues in Texas. Siamo nei primi anni sessanta e a Houston, grazie ad Alan Lomax Jr. e alla sua Houston Folklore Society, le possibilità per i giovani aspiranti folk singers di entrare in contatto con le icone della musica folk e blues sono moltissime e Guy Clark entra subito a far parte di quella vibrante scena artistica.
Proprio a Houston Guy Clark incontra un altro giovanissimo cantautore che segnerà in maniera indelebile, con la sua amicizia e la sua ispirazione, il proseguo della sua carriera: Townes Van Zandt. In quel periodo, grazie alla presenza di personaggi come Bob Dylan, Lightning Hopkins, Ramblin’ Jack Elliott e Mance Lipscomb, Guy Clark impara a scrivere canzoni e affina il suo stile chitarristico. Alla fine degli anni sessanta, attratto da una scena musicale in continua evoluzione, decide di trasferirsi in California dove, nel corso di un paio di anni, si divide tra la sua attività di musicista nei clubs attorno a Los Angeles e il lavoro nella fabbrica dei fratelli Dopeyra, gli ‘inventori’ del dobro.
Nel frattempo Guy Clark riesce ad ottenere un contratto discografico con la RCA e si trasferisce a Nashville con Susanna che nel 1972 diventerà la signora Clark. Il primo periodo trascorso a Nashville vede la casa di Guy e Susanna diventare un punto di riferimento e di ritrovo per vecchi e nuovi amici, nomi come Townes Van Zandt, Mickey Newbury, Jerry Jeff Walker, Vince Gill, Emmylou Harris, David Olney, Steve Earle, Rodney Crowell, in un continuo andirivieni. In questi anni Guy compone canzoni dal forte sapore autobiografico i cui protagonisti sono personaggi conosciuti sia in Texas sia in California, brani che in gran parte finiranno, inevitabilmente, nel suo disco di debutto. Alcune di queste anticiperanno di qualche anno l’esordio ufficiale di Guy Clark contribuendo a creare un clima di attesa ed interesse tra gli appassionati e gli addetti ai lavori. Per esempio Jerry Jeff Walker, nel suo fortunato live Viva Terlingua del 1973 incide due tra le più belle canzoni di Guy Clark come Desperados Waiting For A Train e L.A. Freeway.
Negli studi della RCA di Nashville, Tennessee, sotto la produzione di Neil Wilburn viene inciso Old N.1, l’esordio discografico di Guy Clark che esce nel 1975. A distanza di quasi trent’anni l’album rimane uno dei capolavori assoluti della canzone d’autore di ispirazione country e folk. Dieci canzoni di grandissimo impatto che non sono state minimamente scalfite dal tempo e brillano tuttora come veri e propri classici della musica americana. Assieme agli allora aficionados degli studi di registrazione di Music City (David Briggs al piano, Hal Rugg al dobro, Mike Leech al basso, Jerry Kroon alla batteria, Reggie Young, Steve Gibson e Chip Young alle chitarre) appaiono molti tra gli amici di Guy Clark come Emmylou Harris, Rodney Crowell, un giovane e allora misconosciuto Steve Earle e due esperti strumentisti come il fiddler texano Johnny Gimble e l’armonicista Mickey Raphael. La selezione dell’album è praticamente perfetta e scorrono titoli come Rita Ballou, L.A. Freeway, She Ain’t Going Nowhere, Texas 1947, Desperados Waiting For The Train, Like A Coat From The Cold, atmosfere dalle basi prevalentemente acustiche interpretate con un calore ed una maturità che sorprendono anche ascoltandolo adesso.
E’ giusto citare comunque canzoni che contribuiscono a formare un insieme di rara intensità, Nickel For The Fiddler, That Old Time Feeling, Instant Coffee Blues e Let Him Roll. Old N.1 è senz’altro l’ideale approccio alla musicalità di Guy Clark e uno degli album migliori in assoluto incisi da musicisti texani. Passa solo un anno (cosa che non si verificherà più in futuro) e viene pubblicato il secondo lavoro di Guy Clark intitolato Texas Cookin’. L’album è ancora prodotto da Neil Wilburn ma questa volta viene quasi interamente inciso negli American Studios di proprietà di Chips Moman, grande autore e produttore legato principalmente alla scena soul e rhythm’n’blues sudista. Quello che salta subito all’occhio è una maggiore cura negli arrangiamenti, talvolta più corposi e con più coinvolgimento da parte degli ospiti per quanto riguarda le parti vocali.
Accanto a Rodney Crowell ed Emmylou Harris già presenti nel precedente disco, appaiono le voci di Jerry Jeff Walker, Hoyt Axton, Waylon Jennings, Tracy Nelson e una giovanissima Nicolette Larson, voci che danno in certi momenti delle colorazioni ‘black’. Texas Cookin’ soffre leggermente il fatto che venga pubblicato subito dopo quel capolavoro di Old N.1. Il tempo comunque gioca a favore di questo album che rimane un pregevole esempio di country music venata talvolta di folk. La title-track, trascinante e ricca di verve, Anyhow, I Love You nostalgica e delicata, la tradizionale Virginia’s Real, Good To Love You Lady con il suo refrain abbellito da un delizioso yodel, Black Haired Boy primo brano scritto con la moglie Susanna, The Ballad Of Laverne And Captain Flint dalle venature country e soul (per merito della splendida voce di Tracy Nelson) e la western ballad The Last Gunfight Ballad con il compianto Waylon Jennings alle armonie vocali, sono i momenti più significativi di un lavoro che rimane un gradino sotto l’inarrivabile predecessore. Dopo questi due dischi il contratto tra Guy Clark e la RCA viene reciso solo dopo molti anni i due album verranno ripubblicati in un unico CD.
Nel 1982 la RCA pubblica Best Of Guy Clark dove discutibilmente vengono omessi quattro brani, mentre nel 1997 viene colmata finalmente questa lacuna grazie all’uscita di The Essential che racchiude tutta l’esperienza del Nostro con la RCA. A due anni dalla chiusura del suo rapporto con la RCA Guy Clark si affida ad un’altra major, la Warner Brothers, con la quale inciderà tre dischi nell’arco di cinque anni. Il debutto con la nuova etichetta avviene nel 1978 con un disco omonimo che a livello di arrangiamenti sposta la musica di Guy Clark sempre più verso una country music strumentalmente più ricca e lontana dal folk delle sue origini. Guy Clark è un album dalle sonorità più ricercate (vedi l’uso di cello e tastiere varie) e per la prima volta vengono riprese canzoni di altri autori. Don’t You Take It Too Bad è una composizione i Townes Van Zandt, Voilà, An American Dream è di Rodney Crowell (ripresa poco dopo con buon successo dalla Dirt Band), In The Jaihouse Now è un classico del repertorio di Jimmie Rodgers mentre One Paper Kid è di Donivan Cowart. Non mancano momenti di grande ispirazione compositiva per Guy Clark con brani come Fool On The Roof, Comfort And Crazy e Houston Kid ma il risultato complessivo è un po’ deludente se paragonato ai lavori incisi in precedenza.
Per ritrovare nuovi stimoli Guy Clark decide di incidere il suo disco seguente al di fuori di Nashville con un nuovo produttore a ridargli un suono più attuale e meno standardizzato. The South Coast Of Texas, pubblicato nel 1981, viene infatti registrato in California sotto la produzione dell’amico Rodney Crowell con il quale si instaura subito un notevole feeling. Quello che comunque rende il disco uno dei migliori della prima parte della produzione di Guy Clark è una ritrovata vena compositiva. Due dei brani di The South Coast Of Texas diventeranno hit a Nashville grazie alle cover di Ricky Skaggs (Heartbroke) e Bobby Bare (New Cut Road) mentre risultano freschissime e vicine allo spirito del suo esordio canzoni come la title-track, una ballata cadenzata di grande spessore, i due brani scritti con Rodney Crowell, The Partner Nobody Chose e She’s Crazy For Leaving, la grande Lone Star Hotel, una delle ballate meno note di Guy Clark. Eccellente è poi la rilettura di Rita Ballou, più corposa dell’originale inserita nel suo primo album.
The South Coast Of Texas segna il ritorno di Guy Clark a livelli di assoluta eccellenza grazie anche alla cura rigenerante di Rodney Crowell che rimarrà a fianco di Guy anche nel seguente disco, Better Days, che esce nel 1983. Il quinto album vede il ritorno di Guy Clark a Nashville con una notevole serie di nomi che nel frattempo si sono affermati a Music City: Vince Gill, Emory Gordy, Hank De Vito tra gli altri. Better Days contiene un’altra cover di Townes Van Zandt, No Deal, ma ancora una volta è la penna di Guy Clark a risultare vincente con alcune canzoni che ne confermano il buon momento. The Randall Knife (dedicata al padre), Homegrown Tomatoes dal grande brio, la title-track Better Days, Uncertain Texas sono i momenti che maggiormente colpiscono l’ascoltatore. Chi volesse reperire questi tre lavori incisi per la Warner Brothers, da tempo fuori catalogo, può rivolgersi ad un prezioso doppio cd che la benemerita Philo/Rounder ha immesso sul mercato nel 1995 con il titolo di Craftsman e che contiene tutto il materiale.
Prima di poter ancora assaporare il gusto della musicalità e della poesia di Guy Clark passano ben sei anni in cui l’artista texano evidentemente, oltre a dedicarsi maggiormente all’attività di liutaio, rivede un po’ l’approccio nei confronti del music business e decide di curare le proprie incisioni in maniera più ‘artigianale’. D’ora in poi i suoi album ritorneranno ai suoni più acustici delle sue radici, con una maturità e una profondità sempre più caratterizzata. Il primo disco di questo nuovo corso di Guy Clark si intitola Old Friends ed esce nel 1989 per la Sugar Hill Records, l’etichetta con la quale è attualmente legato e che si dimostrerà la più in sintonia con quello che il cantautore di Monahans, TX, vuole proporre. Old Friends inoltre segna un nuovo capitolo in cui Guy Clark collabora intensivamente con altri autori, mossa assolutamente positiva e fruttuosa se si considera la vera e propria fucina di talenti in questo senso che è Nashville (la città in cui vive Guy).
I musicisti coinvolti sono ridotti ad un piccolo manipolo di ‘artisti del suono’ di eccezionale sensibilità e cuore: Verlon Thompson (che diventerà uno degli accompagnatori più fedeli di Guy Clark) alla chitarra acustica, Sam Bush al fiddle, mandolino e mandola, Dave Pomeroy al basso e Miles Wilkinson (che è anche il produttore) alle percussioni. Il suono è di grande fascino e dà il giusto risalto alle splendide composizioni di Guy Clark e alla sua voce. Old Friends è uno dei brani guida del disco e ci riconsegna subito un Guy Clark lucido e determinato nel celebrare l’amicizia e le sue gioie (“…Old friends they shine like diamonds, old friends you can always call, old friends Lord you can’t buy ‘em, you know it’s old friends after all…”). E a proposito di amici non manca una composizione di Townes Van Zandt, uno dei suoi gioielli più preziosi, To Live Is To Fly in cui si segnala la presenza della voce di Emmylou Harris. Un altro grande texano viene ripreso da Guy Clark a dimostrazione di quanto sia cresciuto l’interesse del Nostro nel ricercare brani che possano adattarsi al suo repertorio: Joe Ely è l’autore di The Indian Cowboy, una notevolissima melodia tra le migliori del disco. Come From The Heart (con Rodney Crowell e Rosanne Cash ai cori) è invece composta dalla moglie Susanna e da Richard Leigh ed è stata ripresa con grande garbo e grazia da Kathy Mattea. All Through Throwin’ Good Love After Bad, Immigrant Eyes, la deliziosa Doctor Good Doctor con Vince Gill alla lead acoustic guitar, Hands e Heavy Metal Don’t Mean Rock’n’Roll To Me confermano che Guy Clark è tornato più in forma che mai.
Nel 1992 Guy Clark esce con un nuovo album intitolato Boats To Build (titolo derivato dai ricordi dell’adoloscenza in cui nelle vacanze estive era solito aiutare nella riparazione e nella costruzione delle ultime barche in legno per la pesca dei crostacei nel Golfo del Messico) ed inserito dalla Elektra nella interessante serie denominata ‘American Explorer’. Il disco è ancora prodotto dallo stesso Guy con Miles Wilkinson ed è inciso a Nashville con alcuni tra i musicisti più in vista a Music City: Verlon Thompson, Sam Bush, Kenny Malone, Jerry Douglas e il figlio Travis Clark sono ospiti praticamente fissi mentre di rilievo sono le apparizioni di personaggi come Bill Lloyd & Radney Foster (allora molto noti a Nashville nell’ambito new country) ai cori, Lee Roy Parnell alla national slide guitar, Marty Stuart al mandolino e i ‘vecchi amici’ Rodney Crowell e Emmylou Harris.
Anche in questo album la quasi totalità dei brani è firmata in compagnia di altri autori e questo, secondo me, dà una maggiore freschezza e varietà all’insieme. Boats To Build è scritta con Verlon Thompson ed è un rilassato e sereno ricordo degli anni trascorsi lungo la Gulf Coast. Con Richard Leigh, grande autore della scena nashvilliana, Guy Clark ha un feeling notevole dimostrato in questo disco da due pregnanti brani come Ramblin’ Jack And Mahan e I Don’t Love You Much Do I (in duetto con Emmylou Harris). La jazzata e notturna How’d You Get This Number è scritta con la moglie Susanna mentre Too Much è coinvolgente nel suo crescendo caratterizzato dalla slide guitar del co-autore Lee Roy Parnell, Jack Of All Trades è un nuovo episodio della collaborazione con Rodney Crowell, Picasso’s Mandolin vede protagonista il mandolino di Sam Bush e il jaw’s harp del cantautore dell’Oklahoma Bill Caswell, Baton Rouge ha un arrangiamento che talvolta ricorda certe cose del Ry Cooder dall’album Jazz per il suo stile old fashioned.
Boats To Build è un altro importante capitolo della discografia di Guy Clark, ormai un’icona della scena cantautorale USA. A distanza di altri tre anni viene pubblicato Dublin Blues, secondo lavoro con la Elektra (tramite la Asylum Records). La ricetta musicale è quella del precedente disco con suoni acustici, estremamente curati con arrangiamenti dal grande gusto per merito di una coppia ormai rodata come quella formata da Guy Clark e Miles Wilkinson. Vecchi e nuovi amici contribuiscono in maniera fattiva a rendere il disco un altro piccolo capolavoro (a mio parere uno dei suoi album più positivi). La band fissa ruota attorno ai due Clark (Guy ed il figlio Travis), a Kenny Malone alla batteria e a Verlon Thompson e Darrell Scott che fanno prodigi con i loro mandolini, chitarre acustiche, slide, dobro e altri strumenti a corda. In Dublin Blues appare Nanci Griffith alle armonie vocali, Rodney Crowell è sempre attivo al fianco di Guy Clark sia nelle vesti di autore (la magnifica Stuff That Works) sia in quelle di cantante e chitarrista, Suzy Ragsdale, Emmylou Harris e Kathy Mattea (quest’ultima in The Cape da lei ripresa sul suo album Walking Away The Winner) prestano le loro eccellenti voci.
Come sempre però quello che fa pendere la bilancia dalla parte del disco discreto o del lavoro eccellente è l’ispirazione del protagonista e in Dublin Blues troviamo un Guy Clark al top della forma con canzoni che rimangono nel cuore e nella mente, veri e propri classici. Black Diamond Strings, Hank Williams Said It Best, la già citata The Cape, il blues di Baby Took A Limo To Memphis, Hangin’ Your Life On The Wall (in cui duetta con Ramblin’ Jack Elliott) e la rilettura di The Randall Knife non sono solo ottime canzoni per la loro melodia o per l’accompagnamento strumentale, lo sono soprattutto per l’interpretazione di un Guy Clark intenso come non mai.
Dopo due anni Guy Clark torna ad incidere per la Sugar Hill Records (come detto la sua attuale label) ed è la volta di un album live, Keepers, inciso al Douglas Corner Cafe di Nashville un paio di mesi prima della scomparsa di Townes Van Zandt al quale è dedicato. L’album è naturalmente una carrellata sulla carriera (ormai più che ventennale) di Guy Clark e ne raccoglie i frutti più significativi, più un paio di brani inediti. Ad accompagnarlo c’è la band che usualmente appare in studio con il figlio Travis e Kenny Malone alla sezione ritmica, Suzy Ragsdale ad ingentilire i suoni con la sua voce (e occasionalmente con l’accordion) e l’accoppiata Darrel Scott/Verlon Thompson a ricamare con le loro doti tecniche e una sensibilità non comune le canzoni di Guy. E’ sempre emozionante, come ritrovare vecchi amici, riascoltare L.A. Freeway, Texas 1947, Like A Coat From The Cold, Desperados Waiting For A Train, Let Him Roll, She Ain’t Going Nowhere, That Old Time Feeling tutte tratte da Old N.1 e poi Heartbroke, South Coast Of Texas, Texas Cookin’, Homegrown Tomatoes. Come detto sono due i brani nuovi: A Little Of Both scritta con Verlon Thompson e Out In The Parking Lot con Darrell Scott, due interessanti brani che a fianco di così tanti grandi classici perdono un po’ del loro fascino. I due più recenti lavori di Guy Clark, Cold Dog Soup del 1999 e The Dark del 2002, entrambi su Sugar Hill, sono per molti versi accostabili e rappresentano quanto di meglio abbia fatto il Nostro da molto tempo a questa parte.
Sono due dischi ispiratissimi che sono stati realizzati con la stessa cerchia di amici (Verlon Thompson e Darrell Scott), acustici, pregni di una musicalità country e folk che va diritta alle radici del suono americano in maniera pregevole. Pochi e selezionati ospiti fanno capolino durante le session per abbellire e impreziosire un repertorio già di per se ad alto tasso qualitativo. Cover e brani di Guy Clark (quasi tutti co-scritti con altri eccellenti autori) s’incastonano l’un l’altro con risultati veramente affascinanti. In Cold Dog Soup le cover sono tre: Fort Worth Blues, una poco nota ballata di Steve Earle con la voce di Emmylou Harris ancora una volta dietro quella di Guy, Forever, For Always, For Certain del grande troubadour texano Richard Dobson e Be Gone Forever dell’inedita coppia formata da Keith Sykes e dalla canadese Anna McGarrigle. Per contro gli unici brani composti dal solo Guy Clark sono Water Under The Bridge dalla forte componente tradizionale, con un bel banjo nelle mani di Verlon Thompson e Red River, profondo atto d’amore nei confronti del nativo Texas. Il resto è, come da una prassi sempre più consolidata negli anni, composto assieme ad autori la cui sensibilità si accosta mirabilmente alla forte personalità di Guy Clark.
Da questa unione di intenti escono canzoni come Cold Dog Soup (scritta in compagnia del noto songwriter di Nashville Mark D. Sanders), Sis Draper con lo splendido fiddle di Shawn Camp (co-autore del brano), Ain’t No Trouble To Me e Die Tryin’ firmate assieme a Jon Randall, Men Will Be Boys (portata ad un discreto successo da Billy Dean a metà anni novanta), Indian Head Penny e Bunkhouse Blues risultati brillantissimi della collaborazione con Verlon Thompson.
Dopo tre anni, nel settembre del 2002, viene pubblicato The Dark che segue le orme tracciate da Cold Dog Soup e ne risulta il degno proseguimento. Da citare in primis le splendide foto del libretto che accompagna il disco in cui Guy Clark è ritratto nel ‘basement’ della sua casa di Nashville adibito a laboratorio di liuteria. The Dark è l’efficace definizione di un grande artista, di un poeta capace di esprimere con estrema naturalezza e semplicità le sensazioni più profonde in perfetta sintonia con il proprio ‘songwriting partner’ di turno. Infatti The Dark è il primo disco in cui Guy Clark non è mai solo nella stesura delle proprie canzoni. Una sola cover è presente nel’album e ancora una volta Townes Van Zandt è il prescelto con la poetica Rex’s Blues (“…Ride the blue wind high and free…”). Fare una graduatoria è pressochè impossibile in quanto sono tutte canzoni che lasciano una profonda traccia nell’ascoltatore, lo accolgono nelle loro calde e profonde melodie e lo fanno meditare grazie a testi di grande poesia.
Personalmente mi piace citare la pura bellezza di Soldier’s Joy, 1864 composta con Shawn Camp (che è anche il co-autore in Magnolia Wind), Mud, Arizona Star con le voci di Gillian Welch e Dave Rawlings, la cruda ma sensibile Homeless, Off The Map, Bag Of Bones, She Loves To Ride Horses e la bellissima The Dark (“…In the dark you can sometimes hear your own heart beat, or the heart of the one next to you…”). “Tutte le mie canzoni sono personali: alcune sono resoconti reali o cronologici, altre sono più impressioniste. Ma questo non rende una canzone più sincera di un’altra. Sono tutte vere, sono tutte cose che mi sono successe, sia letteralmente sia metaforicamente”.
Queste sono le parole più efficaci dette da Guy Clark per definire le fonti ispirative di un artista che ha contribuito con la sua musica e le sue canzoni a rendere il panorama americano della canzone d’autore un po’ più ricco e un po’ più affascinante…proprio ‘like a coat from the cold’.
Discografia:
-Old N.1 (RCA, 1975)
-Texas Cookin’ (RCA, 1976)
-Guy Clark (Warner Brothers, 1978)
-The South Coast Of Texas (Warner Brothers, 1981)
-Better Days (Warner Brothers, 1983)
-Old Friends (Sugar Hill, 1989)
-Boats To Build (Elektra/Nonesuch, 1992)
-Dublin Blues (Asylum/Elektra, 1995)
-Keepers (Sugar Hill, 1997)
-Cold Dog Soup (Sugar Hill, 1999)
-The Dark (Sugar Hill, 2002)
Compilation:
-Best Of Guy Clark (RCA, 1982)
-Craftsman (2 CD) (Philo/Rounder, 1995)
-The Essential (RCA, 1997)
Principali apparizioni:
-Anyhow, I Love You (live) – V/A Texas Folk & Outlaw Music (Edsel, 1983)
-Wild Man From Borneo – V/A Pearls In The Snow: The Songs Of Kinky Friedman (Kinkajou, 1998)
-To Live’s To Fly – V/A Poet: A Tribute To Townes Van Zandt (Freefalls, 2001)
-Good Hearted Woman – V/A Lonesone, On’ry And Mean: Tribute To Waylon Jennings (Dualtone, 2003)
Remo Ricaldone, fonte TLJ, 2005