James Carr – Soul Survivor cover album

La tenerezza questo riconnubio tra James Carr e Quinton Claunch: il primo è uno dei più misconosciuti soulmen dei Sixties, mentre il secondo è colui che per primo ha creduto nelle enormi possibilità del cantante. Il loro primo incontro risale al 1964, è in quell’anno che il produttore Claunch, uno dei fondatori della Goldwax, mette il soul-singer sotto contratto.
Un’unione durata un intero lustro che ha prodotto ben 48 sides ed interrotta soltanto a causa delle alterne condizioni di salute di Carr, costretto a continui andirivieni dagli ospedali.
Nel 1975, in occasione dell’apertura del Music Garden, personale studio di registrazione di Claunch, l’amico-produttore, aiutato da Gene Miller (trombettista e arrangiatore di buona parte delle registrazioni di Carr nei 60’s), ritenta una nuova collaborazione con lo sfortunato soul singer; ben presto, però, riaffiorano i soliti problemi fisici, tanto che il povero James Carr è indotto a credere nella definitiva conclusione della propria carriera.

Trascorrono quasi due decenni, finché un medico di buona volontà riesce a porre fine ai malanni del cantante, il quale nel 1990 festeggia la rentrée musicale con l’album Take Me To The Limit. Il nostro ci riprova quest’anno, grazie al solito Claunch ed al factotum John Ward (arrangiatore, bassista, batterista, etc.), con il presente ‘il superstite del soul’, un chiaro riferimento alla travagliata vita dell’artista.
Nonostante l’album sia prodotto in economia (la batteria elettronica a volte è fastidiosa), ci riporta dritti dritti alla febbrile atmosfera soul di casa Atlantic nei Sixties, difatti sono molti gli accostamenti con il linguaggio del r’n’b di quel periodo glorioso.
Una grande voce, una dizione asciutta, arrangiamenti scarni ma funzionali che splendono soprattutto in ballad da brivido quali A Man Worth Knowing, Day Dreaming, I’m Into Something. Da riscoprire.

Music Garden  – Ace CDCH 487 (Rhythm & Blues, 1994)

Enzo Pavoni, fonte Out Of Time n. 2, 1994

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