Johnny Cash

Con quella faccia, quel portamento e quella voce poteva fare qualsiasi cosa. Anche il cinema. E infatti Johnny Cash, il ‘man in black’ della country music, nei primi anni Settanta si rivelò neanche tanto a sorpresa un buon attore. Almeno quanto i suoi colleghi canterini Kris Kristofferson e Willie Nelson (per non dire di Ricky Nelson, Elvis Presley o Kenny Rogers).

Vedere, o rivedere, per credere Quattro Tocchi Di Campana…, il film che un Johnny Cash poco più che quarantenne girò insieme a Kirk Douglas nel 1971, per la regia dell’abile mestierante Lamont Johnson. Un western crepuscolare, di quelli che si facevano in quei primi anni Settanta, quando il mito della Frontiera fu riscritto dal cinema americano secondo canoni malinconici, quasi pirandelliani, di struggente anti-retorica, alla maniera di Monte Hellman (La Sparatoria) o Mark Rydell (I Cowboys). E’ proprio un peccato che la tv non abbia pensato di ritirarlo fuori, a mo’ di omaggio, in occasione della morte di Cash. Ma c’è sempre tempo per rimediare.

Per chi non sapesse, Quattro Tocchi Di Campana… (in originale A Gunfight, la sparatoria) nacque come una piccola scommessa produttiva off-Hollywood alla quale le due democratiche star aderirono volentieri. A finanziare il film, spacciato come uno spaghetti-western, fu infatti la tribù degli Apaches Jicarilla, forti di una discreta quantità di denaro proveniente dal petrolio trovato sulle loro terre.  Un vecchio copione nel cassetto fece alla bisogna, fornendo alla coppia l’occasione di ‘sfidarsi’ amichevolmente sul filo del paradosso.

Accade infatti che due maturi pistoleri si incontrino, sul tramonto dell’Ottocento, in un villaggio al confine messicano. Douglas sopravvive stancamente facendo l’attrazione in un bar locale, Cash, di nero vestito, ha provato le umiliazioni del circo dopo aver fallito come cercatore d’oro. Stimolati dai tifosi impazienti, che non vedono l’ora di assistere al duello tra i due gunfighters disoccupati, gli stanchi eroi finiscono di malavoglia, senza odiarsi neanche un po’, con l’esibirsi a pagamento in un’arena per tori: colui che resta in piedi porterà a casa l’intero incasso, detratte le percentuali per gli organizzatori. Più metaforico di così si muore.

Ricorda Kirk Douglas nell’autobiografia Il Figlio Del Venditore Di Stracci: “Johnny Cash aveva molto successo in quel periodo. Così lo chiamai per affidargli la parte dell’altro pistolero: lui accettò subito. Jane Alexander ebbe il ruolo di mia moglie, mio figlio Eric debuttò interpretando il ruolo di mio figlio nel film. Non fu un successo al botteghino. Però gli Apaches recuperarono tutto il loro denaro. Io, invece, non ebbi alcun profitto”.

In ogni caso, murati vivi nelle rispettive leggende, i due divi stagionati si calarono in quel contesto duro, polveroso, tutt’altro che romantico, con risultati inattesi. “Poche volte è stata individuata altrettanto bene la condizione sottoproletaria dei pistoleri, cioè la connessione del loro mestiere con la realtà dello sfruttamento”, scrisse su ‘Panorama’ l’esigente Tullio Kezich, aggiungendo: “Sul piano artistico lo scontro è alla pari. Più duttile ed esperto Douglas, più autentico e originale Cash”.

Quello stesso Cash che, di lì a poco, avrebbe interpretato un se stesso assassino in un memorabile episodio tv del ‘Tenente Colombo’: stavolta appendendo al chiodo la Colt 45, ma sempre di nero vestito, per riprendere la chitarra e intonare religiosamente I Saw The Light prima di uccidere. Ho visto la luce. E poi la galera…

Michele Anselmi, fonte Country Store n. 69, 2003

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